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Salute

Da influenza a Herpes, vaccini sottoutilizzati nei diabetici

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Non solo Covid-19: nei pazienti diabetici bisogna potenziare anche le vaccinazioni contro le altre infezioni, come quelle scatenate da virus influenzali, pneumococco, meningococco ed Herpes zoster. A lanciare l’allerta e’ Paolo Fiorina, professore ordinario di endocrinologia all’Universita’ degli Studi di Milano e direttore dell’Endocrinologia dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco. “L’immunita’ cellulare nel paziente diabetico e’ alterata – spiega l’esperto – quindi infezioni come meningococco o pneumococco possono provocare una polmonite molto severa. Anche infezioni non particolarmente gravi, come l’influenza, possono provocare infarto miocardico, insufficienza respiratoria, sequele batteriche che si inseriscono sull’infezione originale aumentando a dismisura il rischio di ospedalizzazione e di esiti peggiori”. Intervenire su questi pazienti e’ “essenziale”, continua l’esperto. “Oltre al vaccino contro Covid-19, per il quale le autorita’ sanitarie raccomandano anche di effettuare la quarta dose, l’obiettivo e’ aumentare la somministrazione degli altri vaccini disponibili: antinfluenzale, pneumococcico, contro l’Herpes zoster, contro il meningococco, senza dimenticare tutti i richiami delle vaccinazioni che vengono effettuate nel corso dell’eta’ pediatrica”. Ad oggi, pero’, le vaccinazioni tra i diabetici non decollano, come dimostrano i numeri “desolanti” della Lombardia: “su circa 400.000 pazienti diabetici, il 40% circa e’ vaccinato contro l’influenza, meno del 15% contro il meningococco e lo pneumococco, meno del 2% per l’Herpes zoster. Queste cifre – commenta Fiorina – espongono a periodiche epidemie di diverse infezioni, con conseguenti complicanze, casi di insufficienza respiratoria, ricoveri, decessi”. Di questo tema si e’ parlato all’Universita’ Statale di Milano in occasione degli “Stati Generali delle vaccinazioni del soggetto fragile/cronico in Lombardia: dalle linee guida alle proposte operative”, che ha messo a confronto clinici e rappresentanti della Regione per lanciare una nuovo modello di prevenzione, senza barriere burocratiche e con un accesso preferenziale per i pazienti fragili, a partire da quelli diabetici.

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Influenza da record, in Italia mai così tanti casi

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La stagione influenzale che ci stiamo lasciando alle spalle sarà ricordata in molti Paesi come una delle più intense degli ultimi anni. In Italia, certifica l’ultimo rapporto dell’Iss che ogni settimana monitora l’andamento delle infezioni stagionali, è stato toccato il numero record di 16.129.000, “mai raggiunto nelle precedenti stagioni influenzali”, superando un altro record, quello dello scorso anno, con circa un milione e mezzo di casi in più. Un dato che smentisce le stime di inizio stagione quando si prevedeva un impatto minore. Lo scorso anno, dopo un biennio in cui le misure di contrasto alla pandemia avevano spento la circolazione dei virus influenzali e di quelli respiratori in generale, un po’ ovunque si era osservata una stagione molto intensa. Per questo in molti prevedevano per quest’anno un rallentamento.

Non è stato così. Negli Stati Uniti già in pieno inverno c’era chi parlava della peggior stagione influenzale da decenni. Le stime elaborate a fine aprile dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) sembrano confermarlo: si contano tra le 47 e gli 82 milioni di persone colpite; tra 610mila e 1,3 milioni di ricoveri e tra 26mila e 130mila morti. Tra questi sono già confermati almeno 216 minori. Nei giorni scorsi l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) ha confermato che anche nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo quella 2024/2025 è stata “una stagione influenzale intensa”. Secondo Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, a giustificare i numeri record di quest’anno è soprattutto il mix di virus che sono circolati.

“Lo scorso anno ci siamo confrontati soprattutto con virus dell’influenza A del tipo H1, responsabile di circa il 90% dei casi”, spiega. “Quest’anno non c’è stato un ceppo così dominante; un terzo dei casi è stato causato da virus influenzali A/H1, un terzo da virus A/H3 e un terzo da virus influenzali di tipo B. Ciò significa che un’ampia fetta della popolazione era suscettibile a questi agenti”, prosegue. A questi, poi, si aggiungono gli altri virus respiratori che circolano in inverno il cui impatto complessivo è maggiore dei virus influenzali. “Due su tutti hanno svolto un ruolo importante: il rhinovirus e il virus respiratorio sinciziale”, conclude Rezza.

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Robert Gallo, padre dell’Hiv: «A 88 anni non smetto, la mia missione è migliorare la vita delle persone»

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Il virologo che scoprì il virus dell’Hiv si è trasferito in Florida per guidare un nuovo istituto di ricerca. «Sono un criceto sulla ruota, non posso smettere. Spero nei giovani: la scienza non basta, serve saper vivere nel mondo reale»

A 88 anni, compiuti lo scorso marzo, Robert Gallo (Foto University of South Florida) continua a correre. Lo fa con la determinazione di chi, dopo 1.300 articoli scientifici e una carriera da pioniere, non ha mai considerato il pensionamento una possibilità. «Sono come un criceto sulla ruota: non posso fermarmi», racconta al Corriere della Sera dalla sua nuova base operativa a Tampa, in Florida.

Un nuovo inizio a Tampa: «Avevo bisogno di sfide vere»

Dopo aver lasciato il Maryland, dove stava per essere confinato a ruoli cerimoniali, Gallo ha accettato la direzione dell’Institute of Translational and Innovative Virology all’Università della Florida del Sud. «Mi avevano spinto verso il semi-ritiro, ma io ho bisogno di lavorare», dice. Accanto all’università, guida anche un programma sull’oncogenesi microbica al Tampa General Hospital. «Studiamo come virus e batteri possano causare tumori. Ho già portato con me cinque scienziati, anche dall’Italia».

L’Hiv, la sfida che continua

Il suo impegno con il virus che contribuì a identificare negli anni Ottanta non si è mai interrotto. Oggi Gallo lavora su una scoperta recente: l’interferone alfa, che dovrebbe proteggere l’organismo, finisce invece per danneggiarlo nei pazienti con Hiv. «Con una nuova biotech, vogliamo neutralizzare questo effetto. Potrebbe essere una svolta per prevenire tumori e problemi cardiaci nei pazienti Hiv positivi».

La scoperta dell’Hiv e la tempesta che ne seguì

Ripercorrendo gli anni cruciali della scoperta dell’Hiv, Gallo racconta: «All’inizio tutto sembrava favorevole: avevo scoperto i primi retrovirus umani. Poi è arrivata la bufera: cause, rivalità, complottismi, persino minacce di morte. Pensavo bastasse la scienza, invece ho capito che non è così semplice».

I limiti dei vaccini, le promesse della terapia

Sulle nuove terapie a lunga durata per l’Hiv Gallo è ottimista: «Un grande progresso». Ma sui vaccini resta scettico: «L’Hiv muta troppo. Meglio puntare su cure efficaci e prevenzione delle comorbidità».

La ricerca del futuro: «Serve prepararsi alle pandemie»

Gallo guarda avanti, e lo fa con preoccupazione per le nuove minacce virali come l’H5N1 e il vaiolo delle scimmie. «I rischi aumentano, servono investimenti nella ricerca. E serve più consapevolezza politica: tagliare i fondi alla scienza, come ha fatto l’amministrazione Trump, è pericoloso».

Il messaggio ai giovani: «La scienza da sola non vi proteggerà»

Ai giovani ricercatori, Gallo lancia un monito: «La verità scientifica è fondamentale, ma non basta. Bisogna sapersi muovere nel mondo: tra burocrazia, media, potere. E mai arrendersi: ogni crisi è un’opportunità». E infine, una speranza: «Spero che nascano molti nuovi Gallo, anche migliori di me. Il successo non è nei titoli, ma nell’impatto sulla vita delle persone».

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Salute

Caso di Dengue nel Comasco, scatta la disinfestazione

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Allerta per un caso di Dengue nel Comasco dopo che un residente di ritorno da un viaggio all’estero ha accusato i malori tipici della malattia ed è stato ricoverato in sorveglianza sanitaria all’ospedale Sant’Anna. A seguito di ciò, in via precauzionale, e in collaborazione con l’Ats territoriale, il comune di Capiago Intimiano ha avviato un trattamento straordinario per l’eliminazione di eventuali zanzare tigre, potenziali vettori della malattia. La disinfestazione nella frazione di Olmeda è partita da sabato 3 maggio per concludersi lunedì 5 maggio con il supporto della Protezione civile e di una ditta specializzata. Fino a lunedì l’invito per i residenti è di tenere le finestre chiuse, gli animali domestici in casa e di astenersi dal consumare i prodotti del proprio orto.

In particolare, ha spiegato il sindaco di Capiago Intimiano, Emanuele Cappelletti che ha firmato l’ordinanza, recependo le richieste dell’Ats Insubria, si tratta di tre interventi in aree pubbliche e private dalle 2 alle 6 per tre notti consecutive dal 3 al 5 maggio per un raggio di 200 metri. “Pur essendo prodotti approvati dal Ministero ed a bassissima tossicità per uomo, animali e ambiente, in via largamente prudenziale si consiglia di mantenere per la durata dei tre trattamenti (quindi dalle 2 alle 6 di notte) del 3, 4, 5 maggio le finestre chiuse, il bucato steso all’interno e gli animali domestici in casa”. E inoltre “in merito ad eventuali prodotti da orto, di raccoglierli e consumarli dopo 72 ore dall’ultimo trattamento, previo accurato lavaggio”. Per ora, secondo il direttore dell’Unità di Statistica molecolare e di Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma, Massimo Ciccozzi, “non c’è nessun allarme della malattia in Italia” anche se è bene programmare le disinfestazioni contro la zanzara tigre.

La Dengue, dice Ciccozzi, “è un problema importante se diventa epidemica, ma non lo è così com’è oggi. Il caso importato ha solo un inconveniente: la zanzara tigre non è un vettore usuale, ha bisogno di due microlitri di sangue per poter deporre le uova e quindi deve pungere più volte. Quindi se punge la persona infetta può diventare vettore occasionale di Dengue. Poi la zanzara tigre non la si vede perché staziona sulle piante e sull’erba. Ecco perché è importante la disinfestazione di parchi e giardini”. In Italia, dall’1 gennaio al 29 ottobre 2024, al sistema di sorveglianza nazionale, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, risultano 667 casi confermati di Dengue di cui 456 associati a viaggi all’estero e 207 casi autoctoni, nessun decesso. Il vettore principale è la zanzara Aedes aegypti che in Italia non è presente. Normalmente la malattia dà luogo a febbre nell’arco di 5-6 giorni dalla puntura di zanzara, con temperature anche molto elevate, accompagnata da mal di testa acuti, dolori attorno e dietro agli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, nausea e vomito. I sintomi tipici sono spesso assenti nei bambini.

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