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Corteo per la pace spiazza i progressisti

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Nel giorno del tris di Nobel per la pace ai difensori dei diritti civili in Bielorussia, Russia e Ucraina, la mobilitazione per la pace in Italia spiazza il fronte progressista. In vista di una manifestazione, ancora tutta da organizzare ma su cui si sta impegnando il mondo della societa’ civile, organizzazioni cattoliche e politiche, amministratori locali, l’area progressista marcia divisa. Il M5s e’ tra i primi partiti ad aver messo a disposizione la sua adesione, anche senza bandiere, ad una marcia per la pace e lo stesso hanno fatto, tra gli altri, Sinistra Italiana, Unione Popolare, e per parte loro anche l’Anpi, l’Arci, le Acli che gia’ aderiscono alla manifestazione organizzata dalla Rete Italiana Pace e Disarmo per il weekend dal 21 al 23 ottobre in numerose piazze italiane. “E’ il momento di far sentire la nostra voce e di farla contare” ripete il leader M5s, Giuseppe Conte, che oggi e’ tornato all’attacco per chiedere una “svolta” negoziale per giungere ad una pace nel conflitto ucraino: “non crediamo di essere soli in questa battaglia, siamo sicuri che la maggioranza dei cittadini la vuole”. A riaccendere le polemiche e’ stato il voto di ieri al Parlamento europeo dove l’Eurocamera, con alcuni voti contrati ed astensioni, ha votato una relazione per chiedere all’Ue di preparare una risposta in caso di attacco nucleare russo. E dove e’ stato invece respinto un emendamento che invitava tutti gli Stati membri a “vagliare le potenziali vie per la pace”. Fratelli d’Italia, Forza Italia, Italia Viva e “una parte del Pd, non tutti gli europarlamentari, per fortuna, hanno votato contro questo indirizzo” volto ad imboccare “un sentiero di pace” protesta il leader 5 Stelle, corretto pero’ dall’eurodeputato dem, Brando Benifei (“Conte dovrebbe verificare meglio quello che dice: la grande maggioranza degli eurodeputati Pd ha votato a favore”). Alla protesta di Conte contro il voto del Pe si unisce anche Unione Popolare presieduta dall’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Intanto mentre il Pd non prende ancora una posizione ufficiale, e’ proprio da Napoli che arriva un’altra proposta di mobilitazione. Se la data della manifestazione nazionale tarda ad essere individuata, il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha invece avviato l’organizzazione di una “grande manifestazione che si terra’ a Napoli nell’ultimo fine settimana di ottobre”. L’iniziativa punta a “far crescere un movimento per la pace” dice l’esponente del Pd che va all’attacco: “L’Italia e i governi non possono piu’ essere una appendice della Nato. Abbiamo il dovere di reintrodurre nel linguaggio della politica la parola pace”. Al Nazareno, intanto, il dossier non e’ stato ancora aperto: si attende di conoscere i contorni dell’iniziativa per decidere una adesione formale. “Io penso che noi dobbiamo parlare di piu’ di pace, piu’ di quanto abbiamo fatto” fino ad ora. dice ministro del Lavoro Andrea Orlando. “La pace e’ un obiettivo di tutti, e’ importante e urgente alzare la voce. Bene dunque i cortei spontanei dei cittadini, bene che si muovano in tanti, purche’ non ci sia qualcuno che voglia strumentalmente metterci il cappello sopra” mette pero’ in guardia l’eurodeputata Alessandra Moretti. “Credo che sia opportuno aderire ma senza che nessuno metta il cappello sull’iniziativa”,avverte anche Laura Boldrini. Intanto, ad un anno dall’assalto alla sede della Cgil ci sara’ la manifestazione del sindacato: Rifondazione Comunista e Unione Popolare, annuncia il segretario del Partito della Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, parteciperanno al corteo con “due enormi bandieroni della pace”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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