“A pieno regime contro il ddl Paura”. Poi, subito dietro, un grande manifesto con l’immagine dipinta della presiedente del Consiglio Giorgia Meloni che bacia Benito Mussolini. Si è aperto così, oggi a Roma, il corteo organizzato contro il Ddl Sicurezza. Una manifestazione che, secondo gli organizzatori, ha visto sfilare per le strade della capitale, circa 100mila persone, 7mila secondo le forze dell’ordine. Il corteo, che ha visto il coinvolgimento di oltre 200 sigle tra studenti, sindacati, associazioni e reti sociali, è partito da piazzale del Verano. A sfilare tra slogan e bandiere, anche Cgil, Anpi e Arci, esponenti di Avs, Pd, M5s e Rifondazione, insieme ai movimenti per la casa, antiproibizionisti e per i migranti. Tanti i cartelli: Dittatura senza democrazia, senza libertà, senza sicurezza”.
“La repressione serve solo a rinforzare e unire le oppressioni. No ddl paura”, il grande manifesto sul camion che ha aperto il corteo: “Se voi fate il fascismo, noi seminiamo resistenza: no ddl paura”. Alcuni momenti di tensione si sono registrati quando il corteo ha incrociato esponenti dei pro Pal, che hanno scritto con le bombolette su una stazione di benzina di Eni slogan (‘Free Gaza, free Palestine, Eni complice, assassini’). La temperatura è poi ulteriormente salita quando alcuni movimenti del Diritto all’abitare hanno lanciato petardi sul portone di una sede dell’ambasciata di Germania. E poco prima altri petardi erano stati lanciati contro le vetrine di un supermercato Carrefour di viale Regina Margherita. Poi il corteo è ripreso senza particolari tensioni arrivando a piazza del Popolo, dove sono state spezzate delle catene simboliche fatte di cartone. Numerosi leader politici hanno sostenuto la protesta.
“Oggi siamo qui in piazza con tutto il Movimento per manifestare anche noi contro una lettura del bisogno di sicurezza che è completamente deformata”, ha spiegato il leader M5s Giuseppe Conte che ha raggiunto il corteo dopo essere stato ad Atreju: “I cittadini quando parlano di sicurezza non chiedono di reprimere il dissenso politico, non chiedono di reprimere la resistenza passiva, non chiedono il bavaglio sempre più stretto per i giornalisti”. Questo decreto, ha aggiunto, “è completamente reazionario e lo respingiamo nel modo più assoluto”. “Il ddl è un provvedimento che non affronta assolutamente il tema della sicurezza dei cittadini”, ha sottolineato Angelo Bonelli di Avs: “È un disegno di legge illiberale: trasforma in narcotrafficanti tremila aziende che coltivano la canapa, causando il licenziamento di circa 15 mila persone”. Con Nicola Fratoianni che ha parlato di una “grande piazza di opposizione”.
Non è mancata la rappresentanza del Pd: per Francesco Boccia, capogruppo dei senatori dem, “il corteo è la dimostrazione che la democrazia non si cambia o limita per decreto come pensa di fare la destra. Continueremo ad opporci con tutte le nostre forze in Parlamento per far ritirare il provvedimento o per cambiarlo nelle parti in cui si mettono a rischio i diritti fondamentali di chi manifesta. Sono ossessionati da chi non la pensa come loro e insofferenti verso i contrappesi democratici, non cambiano mai”. Per il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma è necessario battere “un provvedimento scellerato e pericoloso che minaccia di limitare le libertà individuali e collettive dei cittadini, cancellare il diritto di sciopero e restringere gli spazi di democrazia e il diritto al dissenso”.
Al corteo ha partecipato anche una nutrita rappresentanza di personaggi dello spettacolo, come Elio Germano, Zero Calcare, Michele Riondino e Valerio Mastandrea. “Cosa mi ha spinto a venire in piazza?”, ha spiegato quest’ultimo, “un po’ tutto, sono decreti pericolosi”. Di diverso parere la vicecapogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, che è entrata nel merito del Ddl ribadendo di essere dalla parte degli agenti: “La verità è che il Ddl sicurezza colpisce, tra le altre cose, chi usa la piazza per aggredire le forze dell’ordine”, ha osservato.
Dalla pretesa del controllo totale sul Mar Nero all’ammissione di un cessate il fuoco imposto dai fatti. La Russia, che nel febbraio 2022 aveva avviato una delle campagne militari più ambiziose del conflitto, si trova oggi costretta a ridimensionare le sue ambizioni navali. La guerra sul mare è stata una disfatta strategica per Mosca, che ha perso almeno il 20% della propria flotta militare. Ed è proprio questo insuccesso a spingere Vladimir Putin ad accettare la tregua discussa ai negoziati in Arabia Saudita.
L’ambizione: dominare il Mar Nero
Il piano iniziale era chiaro: occupare tutti i porti e le coste dell’Ucraina meridionale, escludere Kiev da una delle sue principali arterie economiche e imporre un monopolio russo sulla navigazione nel Mar Nero. Già il primo giorno di guerra, Mosca dichiarava la sospensione della navigazione a nord del 45° parallelo e nel Mar d’Azov. Il porto storico di Sebastopoli diventava il fulcro di operazioni “antiterrorismo”. L’obiettivo era Odessa, da raggiungere anche con operazioni anfibie, mai realmente decollate.
La svolta: l’affondamento della “Moskva”
Il punto di rottura arriva il 13 aprile 2022, quando l’incrociatore Moskva, fiore all’occhiello della Flotta del Mar Nero, viene colpito e affondato da un drone marino ucraino Neptune. È l’inizio della fine: a oggi almeno trenta unità navali russe sono state distrutte o rese inutilizzabili. Il grosso della flotta è stato ritirato verso est, a Novorossiysk, abbandonando di fatto il controllo attivo delle coste ucraine.
L’Ucraina resiste e reagisce
Kiev ha costruito un sistema difensivo sofisticato lungo le acque territoriali, proteggendo le rotte commerciali con droni marini e aerei. L’isola dei Serpenti, simbolo della resistenza, è stata riconquistata. I russi hanno reagito con attacchi mirati, ma non sono riusciti a ristabilire la superiorità marittima. L’Ucraina ha così riaperto i suoi corridoi navali, e nonostante le continue minacce, le esportazioni sono riprese.
Il blocco e il “corridoio del grano”
Nel 2022, con mediazione di Onu e Turchia, nasce il cosiddetto “corridoio del grano”. Funziona, inizialmente: 331 navi partite in pochi mesi. Ma nel 2023 Mosca inizia a ostacolare i controlli e infine impone di nuovo il blocco. Nel frattempo Kiev forza la mano, e tra ottobre 2023 e dicembre 2024 transita un volume record: 3.500 navi e oltre 93 milioni di tonnellate di prodotti esportati.
Gli attacchi di Mosca e l’alto costo della guerra
Nel solo bimestre gennaio-febbraio 2025, la Russia ha colpito Odessa almeno 21 volte, distruggendo parte delle infrastrutture portuali ed energetiche. Il prezzo umano è alto: il caso più tragico l’11 marzo, quando quattro marinai siriani muoiono a bordo di un cargo battente bandiera delle Barbados.
La mediazione possibile: il ruolo della Turchia
La tregua proposta oggi ai tavoli sauditi prevede una sospensione delle ostilità navali, ma resta fragile. Il monitoraggio potrebbe tornare nelle mani della Turchia, come nel 2022. Ma Erdoğan è oggi troppo impegnato nella crisi interna per giocare lo stesso ruolo. E così, mentre le truppe russe avanzano lentamente nel Donbass, il Cremlino ammette di aver perso il controllo di uno dei fronti che più avrebbe voluto dominare.
Una “borsa della resilienza” per ogni cittadino europeo, un piano comune per affrontare guerre, disastri naturali e pandemie, una piattaforma informativa e un comitato speciale di crisi. È questo il cuore della strategia che la Commissione europea presenta oggi per rafforzare la preparazione civile e militare dell’Ue, seguendo la traccia della relazione consegnata lo scorso ottobre dall’ex presidente finlandese Sauli Niinistö.
Trenta azioni chiave per affrontare le crisi
Il documento, intitolato “EU Preparedness Union Strategy”, prevede trenta azioni operative per migliorare la resilienza del continente, dai conflitti ai blackout, dagli attacchi informatici alle emergenze sanitarie. Una delle misure simboliche — ma anche pratiche — è la creazione di un kit di sopravvivenza per ogni cittadino, che dovrà contenere acqua, cibo, medicinali, documenti, fiammiferi e torce: l’obiettivo è garantire almeno 72 ore di autonomia in caso di crisi.
Una giornata per imparare la resilienza
La strategia prevede anche una “giornata nazionale di preparazione” da istituire in ogni Stato membro per sensibilizzare la popolazione sulla necessità di essere pronti a ogni tipo di catastrofe. Particolare attenzione sarà rivolta anche alle scuole, con programmi didattici dedicati alla cultura della prevenzione e della gestione dell’emergenza.
Verso un comitato di crisi europeo
La bozza visionata da El País prevede la creazione di un comitato di crisi Ue che includa la Commissione europea, l’Alto rappresentante per la politica estera e i rappresentanti dei 27 Paesi membri. Questo organismo sarà supportato da tutte le agenzie europee competenti e avrà il compito di coordinare le risposte rapide e condivise a livello continentale.
Riserve strategiche e piattaforma digitale
Bruxelles punta anche a coordinare le riserve strategiche di medicinali, materie prime, energia e generi alimentari, per evitare frammentazioni e ritardi. Sarà inoltre lanciata una piattaforma digitale per informare i cittadini sui rischi in tempo reale, sulle opzioni di rifugio e sulle risorse disponibili in caso di emergenza.
Intelligence e sicurezza: potenziare l’analisi Ue
Infine, la Commissione vuole rafforzare il proprio Centro unico di analisi dell’intelligence, che riceve dati da tutte le agenzie di spionaggio civili e militari dei Paesi membri. Lo scopo è identificare precocemente le minacce e ridurre l’impatto di eventi critici prima che diventino ingovernabili.
In un’intervista rilasciata al Mattino, l’Amministratore Delegato di UniCredit, Andrea Orcel, ha evidenziato il forte legame della banca con Napoli e con tutto il Mezzogiorno, sottolineando il dinamismo economico e le prospettive positive della regione.
Napoli, simbolo di un Sud in crescita
«Napoli rappresenta il simbolo di un Mezzogiorno che si muove rapidamente», ha dichiarato Orcel. «Da quando sono alla guida di UniCredit, ho notato una città profondamente cambiata e migliorata». Il manager ha ricordato gli investimenti significativi della banca nel Sud Italia, con oltre 1,9 miliardi di euro erogati nel 2024, di cui oltre un miliardo solo in Campania.
Il Sud come motore nazionale
Orcel concorda con il cambio di paradigma che vede il Mezzogiorno non più come periferia, ma come punto centrale nello sviluppo economico nazionale ed euromediterraneo. «Investimenti pubblici, grazie al Pnrr, e l’export trainato dall’agroalimentare stanno permettendo al Sud di crescere più velocemente rispetto al Nord», ha spiegato Orcel.
Il capitale umano, chiave della crescita
L’AD di UniCredit ha enfatizzato il ruolo decisivo del capitale umano del Sud, ricordando i dati positivi riguardanti start-up e innovazione: «Napoli è al terzo posto nazionale per start-up innovative. UniCredit Start Lab sostiene concretamente questo ecosistema innovativo da oltre dieci anni».
Sostegno alla cultura e al Teatro San Carlo
UniCredit conferma inoltre il suo impegno verso il Teatro di San Carlo, considerato un simbolo culturale e sociale per Napoli e l’Italia. «Continueremo a sostenere il Teatro e le sue attività di rigenerazione urbana e sociale, fondamentali per la città», ha detto Orcel.
Accordo strategico con Cassa Depositi e Prestiti
Orcel ha parlato dell’importante accordo con Cassa Depositi e Prestiti, sottolineando l’obiettivo di rafforzare la competitività delle PMI, specialmente del Sud: «Abbiamo previsto finanziamenti per 800 milioni di euro per sostenere lo sviluppo delle imprese meridionali».
Il ruolo di Pnrr e Zes unica
Secondo Orcel, l’effettivo utilizzo delle risorse del Pnrr e della Zes unica sarà determinante per ridurre il divario territoriale. «Nei primi mesi del 2025, abbiamo già erogato 2,8 miliardi di euro alle PMI italiane. Il Mezzogiorno può davvero essere trainante per la ripresa economica del Paese», ha concluso.