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Corsa contro il tempo per l’avvio della fase 2: turni per treni e uffici e altri aspetti organizzativi anti contagio

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Orari scaglionati per entrare in fabbrica, andare in ufficio o aprire la serranda del negozio. E potenziamento dei mezzi pubblici, autobus, treni, metropolitane, quotidianamente affollati di pendolari che vanno al lavoro. Mentre la Lombardia preme per poter ripartire gia’ dal 4 maggio, seguendo la ‘regola’ delle 4D (distanziamento, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi), il governo cerca di correre per arrivare pronto alla ‘fase 2′ a partire dagli spostamenti dei lavoratori. Per consentire le riaperture non basteranno infatti i dati in miglioramento sui nuovi casi di Coronavirus e la riduzione della pressione sulle terapie intensive, ma bisognera’ essere attrezzati su piu’ fronti, quello dei test sierologici e dei tamponi, da continuare a fare per prevenire nuovi focolai, o quello dei dispositivi di protezione, a partire dalle mascherine: ma in cima alla lista, anche per la tasck force guidata da Vittorio Colao, ci sarebbe al momento la riorganizzazione del sistema dei trasporti pubblici, per ridurre al minimo il rischio contagio. Tra le soluzioni gia’ al vaglio di ministeri e enti locali quella di incrementare il personale, anche sugli autobus in citta’, per “evitare” la salita su mezzi che abbiano gia’ raggiunto la capienza massima consentita (attualmente fissata a circa la meta’ dei soli posti a sedere). In un secondo momento il controllo potrebbe essere poi demandato a una app conta-persone. Sempre la tecnologia dovrebbe essere utilizzata anche in funzione anti-contagio, anche se ancora non sono state prese decisioni con i nodi ‘privacy-Gps bluetooth’ ancora da sciogliere. In attesa delle indicazioni della Task force – che tornera’ a riunirsi domani e da cui il premier, Giuseppe Conte attende a breve i primi feedback – il Comitato tecnico scientifico ha intanto validato le caratteristiche che dovranno avere i test sierologici (da fare con prelievo del sangue e non con la puntura sul dito). E ha dettato dei prerequisiti per la ripartenza: non solo essere in grado di prevenire la circolazione del virus ma anche di garantire la massima sicurezza sia per chi lavora nell’industria sia nei contesti commerciali o familiari. Un criterio per la ripresa delle attivita’, ha spiegato il vicepresidente dell’Oms e componente del comitato Ranieri Guerra, deve essere la capacita’ di garantire le distanze all’interno di stabilimenti e uffici mentre il numero di mascherine da assegnare a ogni lavoratore dipendera’ dalle mansioni. Proprio il fabbisogno di Dpi e’ uno dei principali crucci, perche’ ancora la produzione nazionale e’ lontana dai numeri necessari per fare rientrare tutti al lavoro. Proprio per questo si sta riflettendo sulle regole per lo smart working che potrebbe essere reso “obbligatorio” in tutte quelle realta’ che ne permettano il ricorso, almeno per il perdurare dello stato di emergenza. Anche lasciare piu’ persone a lavorare da casa, infatti, rientra nella strategia per evitare le “ore di punta” sui mezzi pubblici che dovrebbero comunque essere potenziati, aumentando le corse. Ma andranno ripensati anche gli orari di lavoro, differenziati per categorie: “Non possiamo piu’ immaginare che milioni di persone si muovano tra le 7.30 e le 8.30 del mattino” ha detto il ministro Paola De Micheli, ipotizzando che i mezzi di trasporto (compresi navi e aerei) non potranno essere riempiti oltre “il 60%” per mantenere il distanziamento tra i passeggeri. Per il momento si stanno comunque valutando le riaperture anticipate, magari gia’ alla prossima settimana, solo di alcune filiere (dalla moda all’automotive,) aggiornando l’elenco dei codici Ateco delle attivita’ consentite, anche se si moltiplicano gli accordi sulla sicurezza sul lavoro, territoriali o per settori, per auto-organizzarsi in attesa del via libera a riaprire i cancelli. Anche gli ambulanti, ad esempio, stanno stilando una sorta di auto-regolamentazione da proporre alle varie Regioni, o all’esecutivo, per ripartire con tutte le protezioni, e c’e’ chi gia’, come Jesolo, cerca di salvare la stagione estiva proponendo un modello di accesso in spiaggia solo su prenotazione.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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