Da una parte ci sono sette morti e circa 300 persone affette da Coronavirus. Di queste persone una 90ina sono in terapia intensiva, tutti gli altri curati a casa ma con alcune precauzioni aggiuntive. Per questo motivo sono state adottate misure drastiche sotto il profilo della prevenzione. Perchè si fa così si fa per contenere il focolaio di infezione, curare gli infetti ed evitare che si propaghi e diventi epidemia.
Dall’altra parte c’è questo racconto asfissiante, troppo spesso impreciso, talvolta parossistico, terroristico da parte dei media italiani che raccontano di un Paese sull’orlo di una crisi di nervi. Inviati con mascherine, tute, guanti, amuchina fuori ospedali che dicono sempre le stesse cose, corrispondenti che sempre più stanchi e provati dalla inutilità della loro funzione ripetono la stanca litania dei controlli, dei tamponi faringei, delle farmacie assaltate, delle speculazioni ed altre amenità tipiche della banalità italica. Nel frattempo che a casa e all’estero la gente si gusta queste scene di Italia da post bombardamento nucleare e fall out radioattivo con zone desolate, strade deserte o immagini di gente con maschere, grembiuli o altri presidi sanitari, c’è chi (medici, infermieri, carabinieri, soldati etc etc) fa il proprio normale lavoro con la certezza di rendere un servizio al Paese. All’estero ormai, guardando la tv italiana, si sono convinti che siamo un paese di appestati da tenere lontani. E così uno dietro l’altro, alcuni Paesi della comunità internazionale che non hanno mai brillato per la loro sanità pubblica, ci hanno messo in quarantena. Ci chiudono le frontiere, rimandano a casa i nostri concittadini, non fanno atterrare i nostri aerei, non vogliono far passare i nostri treni, raccomandano ai loro connazionali di non andare in Italia ed altre idiozie ai limiti del razzismo, della intolleranza e della discriminazione. Fatti questi che dovrebbero essere oggetto di proteste da parte della nostra diplomazia. E allora, grazie al racconto dei media italiani, più attenti a terrorizzare che a spiegare quello che si fa e come lo si fa per contrastare prima e eliminare poi l’infezione, all’estero ci trattano come più o meno certa politica italiana vorrebbe trattare i migranti che arrivano sulle nostre coste scappando però da fame, guerre, carestie. Potremmo raccontarvi decine di episodi discriminatori all’estero, ma servirebbe a poco. Alcuni, che vi riportiamo, servono solo a rendere il senso della gravità di quanto accade. E sono tutte notizie dell’ultim’ora.
La compagnia aerea nazionale bulgara, la Bulgarian Air, ha sospeso tutti i suoi voli da e per Milano fino al 27 marzo. Così, all’improvviso? No, questo signori bulgari che gestiscono una compagnia aerea dicono che la decisione che hanno adottato dipende dall’aumento dei casi di coronavirus nel nostro Paese. E dunque tutti i passeggeri dei voli cancellati possono chiedere il rimborso completo dei biglietti o cambiare la data del viaggio senza costi aggiuntivi, si legge in una nota della compagnia aerea.
Ma se questi manager bulgari sconclusionati adottano decisioni ad capocchiam di cui l’Italia dovrebbe farli pentire, in Israele usano più o meno lo stesso metro di giudizio per “consigliare” agli israeliani di “non recarsi in Italia”. E perché mai gli israeliani non dovrebbero più venire in Italia? Perchè c’è l’Isis? Perchè ci sono attentati? Non c’è sicurezza? No, gli israeliani, scannati in mezzo mondo dai terroristi islamici, in Italia sono quasi sempre stati al sicuro. E allora? “Stiamo controllando – han detto alla Radio Militare d’Israele – per stabilire se l’Australia e l’Italia diventeranno paesi da cui chi arrivi in Israele debba essere isolato quando entra nel nostro territorio”. “Non abbiamo timore – ha aggiunto – di imporre l’isolamento d’autorità”. E’ stato deciso che ci sarà un avviso per chi è diretto in Italia, perchè vediamo cosa succede lì”, ha spiegato il direttore generale del ministero della sanità israeliano, Moshè Bar Siman Tov, dopo una valutazione della situazione riguardo il coronavirus con il premier Benyamin Netanyahu. “Nei prossimi giorni valuteremo se chi torna dall’Italia – ha aggiunto, citato dalla tv pubblica – debba essere posto in quarantena per 14 giorni”.
A Barcellona, invece, succede quello che non ti aspetti. Per 60 bambini della scuola italiana di Barcellona non è stato un bel pomeriggio. Questi bimbi, tutti tra i 4 e gli 8 anni, non hanno potuto seguire la lezione di nuoto del lunedì alla piscina comunale, che frequentano abitualmente. Sono stati mandati a casa per precauzione. Perchè? Perchè alcuni di loro erano da poco rientrati dall’Italia. E siccome sono tutti italiani, secondo gli stolti proprietari della piscina catalana, sono tutti automaticamente, forse geneticamente portatori sani di Coronavirus. E cosi i bimbi sono dovuti tornare a casa. La piscina non li vuole perchè italiani.
Alle Mauritius, invece, il parossimo idiota delle autorità locali, ha raggiunto vette da primato assoluto di discriminazioni senza senso. Nell’isola paradiso dell’Oceano Indiano le autorità locali (autorità è ovviamente una parola vuota da queste parti) hanno impedito lo sbarco a 40 passeggeri lombardi e veneti atterrati su un volo Alitalia, offrendo loro due opzioni: o la quarantena a terra o il rientro immediato. Tutti hanno scelto di tornare indietro. Il volo AZ 772 Roma-Mauritius è atterrato regolarmente all’aeroporto locale alle 7.45 italiane, con a bordo 212 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio, tra cui 40 passeggeri provenienti da Lombardia e Veneto, le due regioni dove si registrano i principali focolai del coronavirus in Italia. Questa modalità così violenta e avvilente di trattare gli italiani dovrebbe essere presa in considerazione dalla Farnesina per un trattamento di reciprocità oppure consiliare agli italiani di non andare in quei posti per evitare di essere contagiati dalla mentalità discriminatoria di quelle cosiddette autorità.
Sebastian Kurz. Il premier austriaco che non ha molte simpatie per gli italiani
C’è poi sempre la ineffabile Austria del cancelliere Sebastian Kurz, un cognome che a Napoli fa rima con il nome di un calciatore tedesco passato alla storia solo perchè citato in una conferenza stampa di Giovanni Trapattoni in Germania. In ogni caso questi austriaci prima volevano bloccare i treni che arrivano dal Brennero. Poi vorrebbero sospendere Schenghen e fare controlli alle frontiere. Insomma nell’era del premier Strunz o Kurz ogni tanto le cosiddette autorità austriache provano a dare fastidio. Una volta è il doppio passaporto agli altoatesini, poi i migranti che passano riportati in Italia. Insomma ogni scusa è buona. Ora hanno il problema del Coronavirus.
In Romania i viaggiatori provenienti dall’Italia vengono contattati negli aeroporti da squadre sanitarie speciali al fine di evitare l’eventuale contagio da coronavirus. Se uno di noi atterra a Bucarest, trova gente in guanti e maschere che ti prendono la temperatura, misurano il polso e ti interrogano. Se dici di arrivare da Veneto e Lombardia ti portano dritto in quarantena per quattordici giorni. Controllati dalle unità sanitarie locali anche se non sei affetto dal virus.
Potremmo andare avanti all’infinito a raccontare piccole e grandi idiozie o atti di discriminazioni verso gli italiani all’estero. Ma forse è più serio cominciare a parlare di noi. Perchè se l’Italia sembra all’estero un Paese infetto, isolato, in preda al panico, è perchè la rappresentiamo così con la nostra informazione. Una informazione che fa gli stessi danni,a anzi ancora più devastanti, in Italia. Perchè questa melassa indistinta di informazioni senza capo nè coda anche in patria ha prodotto e produrrà, se non la si smette, danni importanti al sistema economico tutto. Oramai nessuno va a cinema, i teatri chiudono, le chiese non dicono messa e non somministrano ostie, i ristoranti e le pizzerie servono un decimo dei pasti che servivano prima dell’avvento del coronavirus, metropolitane vuote, funicolari ferme, bar deserti, centri massaggi cinesi e italiani falliti.
Pensate che persino le prostitute rumene e bulgare che a decine battono davanti al Cimitero Maggiore di Chiesanuova e in altre zone vicine della bella Padova si sono convinte a tal punto che i veneti sono infetti da non andare al lavoro da una settimana. Perchè – ragionano – è meglio prendere legnate dai loro magnaccia che il coronavirus dai veneti infetti.
Vincenzo Spadafora. Il ministro dello Sport che assomiglia ad Higuain rischia di fare un grosso favore a Sky
Gli unici che gongolano sono quelli che vendono amuchina, mascherine e abbonamenti Sky. Eh sì, grazie al ministro Vincenzo Spadafora che ha deciso di sospendere tutti i campionati – nelle regioni dove si sta isolando il contagio – eccetto quello di calcio di serie A che si giocherà ma a porte chiuse, senza spettatori. E così se uno vuole vedere la partita della squadra del cuore (Milan, Inter, Juventus, Torino etc etc) deve abbonarsi. Così il ministro dello Sport è diventato, forse suo malgrado, un benefattore della Pay tv pluricondannata per pratiche commerciali scorrette dall’Agcom. Perchè the show must go on – lo show deve andare avanti. Tanto c’è chi paga.
Se l’obiettivo di chi produce questa informazione è distruggere il sistema economico e la società Italiana, allora avanti così. Due o tre mesi e dichiariamo fallimento.
Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.
Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.
Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.
Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.
Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria
Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.
“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.
Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.
Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica
Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.
Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.
Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”
Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania
La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.
I risultati hanno evidenziato che:
Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.
Uno studio rivoluzionario con implicazioni future
Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.
Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.
Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.
L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.
Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.
Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.
Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie
Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.
Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.
La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza
Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.
A cinque anni di distanza: quali lezioni?
La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.
Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.
In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.