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Conte apre alla coalizione progressista: ma sia seria

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Non chiamatelo campo largo ma un campo progressista “giusto” è possibile. Giuseppe Conte nel giorno del Firma day promosso per la raccolta di sottoscrizioni a sostegno di una proposta di legge sul salario minimo batte un colpo in tema di alleanze. “Quando c’è la possibilità – evidenzia il leader M5s da Napoli – di costruire un progetto serio noi siamo fautori, siamo i primi. Però non ci parlate di campo largo come di una formula giornalistica, a noi non interessa. La coalizione deve nascere da un progetto politico concreto, affidabile, responsabile”. Convergenze, dunque, sempre a partire dai temi come il salario minimo, appunto, sul quale si prepara anche una battaglia parlamentare quando il testo tornerà in Aula il 17 ottobre e, con tutta probabilità, la maggioranza chiederà un nuovo rinvio in commissione anche a fronte delle indicazioni che potranno arrivare dal Cnel.

“Facciamoci sentire – è allora l’appello del leader M5s – perchè il tempo dei no dei rinvii è finito”. “Il salario minimo si deve fare”, incalza anche il presidente del Pd Stefano Bonaccini. “Elly Schlein – aggiunge – è stata molto brava perché su questo è riuscita a unire le opposizioni. E anche Giorgia Meloni sa che la maggioranza degli elettori di FdI non accetterà che 3,5 milioni di italiani, soprattutto giovani, vivano, quindi non vivano, con due tre o quattro euro l’ora, senza alcuna tutela”. Il tema del lavoro, dunque. Che resta quello sul quale, di fatto, si registrano, per ora, le maggiori convergenze nell’opposizione. Ancora da costruire invece una proposta comune sul fronte sanità, che sarà tra quelli più caldi della legge di bilancio. Ad ora nel centrosinistra ci sono stati solo contatti informali ma l’obiettivo di un fronte comune su questo dossier resta.

“Sulla sanità – sottolinea Conte – si sta giocando un capitolo determinante”, dunque “il tema è assolutamente elaborare alcuni punti e dialogare con le altre forze di opposizione, un confronto che contrasti i tagli e metta al centro la sanità pubblica”. Alleanze sui temi, dunque, visto che che anche dalle parti di M5s si sottolinea come su alcuni argomenti il dialogo anche col Pd sia pressoché precluso: dal conflitto in Ucraina, con il no di M5s ai fondi per le armi, alla transizione ecologica dopo lo scontro sul nodo del termovalorizzatore. I pentastellati hanno a più riprese manifestato tutta la loro perplessità all’estensione del “campo” fino ad Azione. Ad ogni modo, sempre marcando le rispettive peculiarità e nell’ottica dei temi e dei programmi (“niente cartelli elettorali”, è il mantra) il file delle alleanze è ora aperto. Anche in vista delle prossime scadenze elettorali che non vedano, come le europee, un sistema di voto proporzionale. E sono in corso ragionamenti sulle prossime Regionali in Abruzzo e in Sardegna.

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Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

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I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

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Mercoledì Consiglio dei ministri, si pensa a un decreto su post alluvione e Campi Flegrei

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Potrebbe approdare mercoledì in Consiglio dei ministri un decreto con ulteriori disposizioni urgenti per affrontare gli straordinari eventi alluvionali verificatisi nei territori di Emilia Romagna, Toscana e Marche, nonché gli effetti del fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei. Il provvedimento, a quanto si apprende, è all’ordine del giorno della riunione tecnica preparatoria convocata per domani. Il governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale, in questi giorni ha scritto alla premier Giorgia Meloni, al ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, e al capo Dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano (nella foto in evidenza), per chiedere la proroga di un anno dello stato di emergenza nazionale, in scadenza il 4 maggio, per le ondate di maltempo di settembre e ottobre 2024.

In esame anche un disegno di legge in materia di tutela del personale scolastico, e l’esame preliminare di due schemi di decreto del presidente della Repubblica, uno con modifiche in materia di valutazione degli studenti del secondo ciclo di istruzione, e l’altro che modifica e integra lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria. All’ordine del giorno, poi, un altro disegno di legge proposto dal ministero dell’Istruzione, in materia di consenso informato. In esame preliminare, inoltre, un decreto legislativo sulle politiche in favore degli anziani, in attuazione della delega. All’ordine del giorno c’è anche un disegno di legge di ratifica dell’accordo sulle misure di solidarietà volte a garantire la sicurezza approvvigionamento di gas tra Germania, Svizzera e Italia, fatto a Berlino il 19 marzo 2024.

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San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

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San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

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