Collegati con noi

Cronache

Consigliere comunale Tommasino ucciso a Castellammare, il gip: legato a doppio filo al clan

Pubblicato

del

Figurano anche coloro che sono ritenuti i mandanti dell’omicidio del consigliere comunale Pd, Gino Tommasino, ucciso a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, il 3 febbraio 2009, tra le sei persone arrestate stamattina dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata. I militari stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia (pm Giuseppe Cimmarotta) e i destinatari dei provvedimenti sono ritenuti legati al clan D’Alessandro.

Le indagini dei carabinieri e della Procura di Napoli avrebbero fatto luce su quattro omicidi avvenuti tutti in quel periodo, circa 15 anni fa. I mandanti dell’omicidio Tommasino sarebbero Vincenzo D’Alessandro e Mosca Sergio (quest’ultimo detenuto al 41bis). Arrestati anche Paolo Carlei (da ieri in carcere), Catello Romano, (divenuto noto in quanto autore di una tesi di laurea in cui ha confessato diversi omicidi), Michele Massa e Antonio Lucchese ritenuti coinvolti in una serie di omicidio e tentati omicidi come il duplice omicidio di Carmine D’Antuono e Federico Donnarumma, avvenuto del 2008, quest’ultimo colpito casualmente in quanto il vero obiettivo dei killer era Carmine D’Antuono.

Era in rapporti stretti con con Sergio Mosca, suocero di Pasquale d’Alessandro, fratello di Vincenzo, capo dell’omonimo clan di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli che decise di ucciderlo perché spendeva indebitamente il nome del clan: sarebbe questo il movente che secondo la DDA di Napoli ha determinato l’omicidio, in un agguato scattato in pieno centro, nel pomeriggio del 3 febbraio 2009, del consigliere comunale del Partito democratico, Luigi Tommasino, ucciso in auto, mentre era in compagnia del figlio all’epoca 15enne.

Il gip di Napoli Marco Giordano, che ha emesso l’ordinanza con la quale vengono formalizzate nuove accuse a sei persone, alcune già detenute, tra cui figurano anche i presunti mandanti di quell’efferato omicidio, sottolinea, insieme con la Procura di Napoli, i legami “a doppio filo” tra Pasquale D’Alessandro e Luigi Tommasino, detto Gino. Per gli inquirenti – i carabinieri di Torre Annunziata e la DDA (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Sergio Ferrigno) a ordinare l’omicidio Tommasino sarebbero stati il capoclan Vincenzo D’Alessandro e Sergio Mosca. Gli esecutori materiali sono stati già tutti individuati e condannati per quel brutale assassinio: si tratta di Renato Cavaliere, Raffaele Polito, Salvatore Belviso e Catello Romano.

I collaboratori di giustizia, tra cui figurano Belviso e Polito, per esempio, indicano i mandanti. Proprio Belviso descrive nei minimi particolari le azioni del commando e anche il movente: “Mosca Sergio ha dato l’ordine di uccidere Tommasino Luigi direttamente a me e, nel darmelo, mi ha detto che Tommasino era una persona che, essendo diventata politicamente importante grazie all’appoggio del clan D’Alessandro, non aveva rispettato gli impegni prendendo le distanze”. Polito ha anche fatto riferimento, durante le sue dichiarazioni, che le ragioni dell’omicidio erano da ricondurre a una presunta sottrazione di denaro, 30mila euro. Una informazione che afferma di avere avuto da Belviso. A dare l’ordine sarebbe stato Pasquale Mosca (che inizialmente voleva solo ferirlo alle gambe) al quale il capoclan Vincenzo D’Alessandro non si è opposto (“è meglio che lo uccidiamo proprio, ce lo leviamo davanti”).

Advertisement

Cronache

L’addio a Papa Francesco seguito da tutto il mondo, dalle tv ai social

Pubblicato

del

Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero. La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati. Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.

Continua a leggere

Cronache

Il rosso e il nero, a San Pietro geografia del potere

Pubblicato

del

Il rosso porpora dei cardinali e il nero degli abiti in lutto, il bianco delle rose e il marmo bianco del colonnato. Tra cerimoniale e protocollo sul sagrato di San Pietro si è dispiegata la geografia del potere spirituale e temporale racchiusa nella regia sapiente del rito. Le spettacolari immagini dall’alto, realizzate grazie anche all’inedito utilizzo di droni, hanno trasformato piazza San Pietro in una gigantesca scacchiera dell’equilibrio mondiale: da un lato il rosso degli abiti cardinalizi, dall’altro il nero degli abiti dei capi di Stato e consorti sapientemente distribuiti in base a ruolo e peso internazionale. A seguire, in una sorta di sfumatura cromatica, il bianco dei concelebranti e i variopinti completi delle decine di migliaia di fedeli. In prima fila la delegazione italiana e quella argentina alle quali si sono affiancate, con un piccolo strappo al cerimoniale che voleva una disposizione in ordine alfabetico francese, quelle dei principali governi europei e mondiali, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Spagna e l’Ucraina. L’unico outfit blu, invece del tradizionale nero, è stato quello del presidente americano, Donald Trump che, in prima fila, si trovava tra Filippo di Spagna ed Emmanuel Macron. Zelensky per un giorno ha dismesso maglietta e pantaloni tecnici in verde militare per vestire di nero. Poi le first ladies di ieri e di oggi e nobili col capo coperto da un velo nero, da Melania Trump a Jill Biden, da Silvia di Svezia a Letizia di Spagna. Victoria Starmer ha preferito però un cappello con veletta. Capo coperto anche per la figlia del presidente Mattarella, Laura. Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen e Brigitte Macron non hanno rinunciato allo stile rigoroso ma senza veletta. L’austerità della celebrazione a piazza San Pietro ha lasciato poi spazio alle rose bianche con cui i poveri e i migranti hanno accolto il feretro di Francesco a Santa Maria Maggiore, proprio come lui avrebbe voluto. Gli zuccotti rossi dei cardinali si confondevano con le giacche beige dei fedeli o le magliette dell’Argentina, ai jeans strappati e gli smanicati rossi. Ad accompagnare il feretro verso la cappella dove poi Bergoglio è stato tumulato prima i domenicani, con il loro tradizionale – ed umile – abito nero e bianco, e poi quattro bambini. Nelle loro mani due cesti di rose bianche offerte dai poveri davanti all’altare della Basilica tanto cara a Francesco. Lo stesso altare sul quale, dopo le dimissioni dal Gemelli, il Pontefice decise di far deporre a sorpresa i fiori gialli della signora Carmela. Che, anche oggi, immancabile, ha deciso di prender parte alle esequie, tra i Grandi della Terra e gli “ultimi del mondo”.

(Foto in evidenza di Imagoeconomica)

Continua a leggere

Cronache

Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

Pubblicato

del

Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto