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Condono Ischia, emendamento del M5S conferma la sanatoria nel decreto Genova. Insorge Legambiente

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I condoni vanno assieme in Parlamento. Pace fiscale e Ischia. Anche la ricostruzione a spese dello Stato, con condono integrato, per gli immobili abusivi nei Comuni di Ischia colpiti dal terremoto si richiama, con un preciso riferimento di legge, alla sanatoria varata dall’esecutivo guidato dal segretario del Psi, Bettino Craxi, nel 1985, la famosa legge 47/85.  

Perfino le associazioni ambientaliste per non farsi scavalcare dal dinamismo anti condono ad Ischia  di Matteo renzi tornano all’attacco. Nelle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, dove è all’esame il provvedimento, grillini e leghisti provano a far capire che non c’è alcun condono. Un nuovo emendamento al dl Genova presentato dai due relatori Gianluca Rospi ( M5S ) e Flavio Di Muro (Lega) dispone che, entro sei mesi, le autorità competenti dovranno chiudere le procedure di sanatoria presentate ai sensi del condono del 2003 e, in ogni caso, gli aiuti di Stato per la ricostruzione non saranno concessi per aumentare il volume degli immobili oggetto di condono. È una precisazione.  Inoltre le domande di sanatoria ancora pendenti, saranno definite previo rilascio del parere dell’autorità di tutela del vincolo paesaggistico.

Non sarà poi concessa nessuna sanatoria nel caso in cui il proprietario risulti condannato con sentenza definitiva “per i reati di associazione di tipo mafioso, riciclaggio o impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita”.
L’ emendamento di maggioranza non fa felici opposizione e ambientalisti.

“Nonostante le parole rassicuranti del vicepremier Luigi Di Maio, secondo il quale nel decreto Genova non c’è nessuna sanatoria per Ischia, il condono edilizio esiste – ribadisce il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani -. Basta leggere l’ articolo 25 dove si prevede una sanatoria tombale per l’isola campana secondo la quale si devono concludere i procedimenti ancora pendenti facendo riferimento alle sole disposizioni del primo condono, ossia la legge 47/1985 approvato dal governo Craxi: una norma che consentirebbe di sanare edifici che perfino i due condoni approvati dai governi Berlusconi nel 1994 e 2003 vietavano, proprio perché posti in aree pericolose da un punto di vista idrogeologico e sismico, oltre che vincolate paesaggisticamente”.

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Meloni sente leader internazionali, telefonata con Schlein

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L’attacco degli Usa all’Iran alimenta lo spettro di una guerra globale e impone all’Italia di rimodulare la strategia: continuare a lavorare per la de-escalation, ma al contempo prepararsi anche al peggio. Per questo, la premier Giorgia Meloni ha riunito in videoconferenza tutti i ministri interessati e i servizi e, a seguire, ha sentito diversi leader internazionali condividendo con loro la necessità di riprendere rapidamente i negoziati e giungere ad una soluzione politica della crisi. Poi, un punto telefonico con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, per tenerlo informato e condividere l’obiettivo di far tornare l’Iran al tavolo delle trattative. La postura dell’Italia nello scacchiere mediorientale è stato oggetto anche di una lunga telefonata con la segretaria del Pd, Elly Schlein, che chiede al governo di non partecipare ad azioni militari né di consentire “che il nostro territorio possa essere utilizzato per fornire sostegno alla guerra”.

Questa istanza, sposata da buona parte del centrosinistra, finisce per evidenziare la complessità strategica davanti a cui si trova la premier: tenere fuori il nostro paese da una possibile escalation militare senza sfilacciare il solido rapporto con Donald Trump, rimanendo coerenti con l’assunto che l’Iran non possa dotarsi della bomba atomica e perorando al contempo la causa del negoziato. “L’attacco degli Usa segna un’escalation dagli esiti incontrollabili”, afferma anche Giuseppe Conte che si rivolge direttamente a Meloni: “Non dia la disponibilità delle nostre basi militari per questa escalation e garantisca che nessun colpo sarà sparato da un nostro soldato”. Un primo confronto ci sarà in Parlamento, quando la presidente è attesa alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio Ue, con i partiti che stanno limando le risoluzioni sul tema dopo l’evoluzione della crisi in Medio Oriente. Avs chiede all’esecutivo di dissociarsi dall’azione condotta da Trump, Azione vorrebbe che la premier sentisse tutte le opposizioni (e non solo Schlein).

Al vertice mattutino,convocato in videochiamata dalla premier, hanno preso parte i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini,i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Giancarlo Giorgetti, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e i vertici dell’Intelligence. L’obiettivo primario del governo è consentire ai connazionali di lasciare in sicurezza i luoghi del conflitto: l’Italia, spiega il titolare degli Esteri, non è stata avvertita dell’imminente attacco statunitense, ma “era nell’aria”, tanto che una quarantina di carabinieri italiani sono già riusciti a rientrare da Baghdad.

Parallelamente, serve organizzarsi velocemente per reggere i possibili impatti sull’economia – in particolare gli effetti sui costi dell’energia per la possibile chiusura dello stretto di Hormuz – e sulla sicurezza. Perché, come ammette senza troppi giri di parole il titolare degli Esteri, i “rischi ci sono” anche per l’Italia a causa delle “presenze americane e israeliane”. E l’allerta di intelligence e forze dell’ordine ora è “massima”. Potenziate, dunque, le misure antiterrorismo, riflettori puntati sui siti sensibili, attenzione altissima su eventuali attacchi cyber.

Dopo aver analizzato il fronte interno, la premier si è dedicata poi a quello diplomatico, tenendo contatti in giornata con diversi partner internazionali e con i principali attori della regione: il presidente di turno del G7, il premier canadese Mark Carney, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, quello saudita Mohammad bin Salman Al Saud, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. Il mantra, è evitare in ogni modo un ulteriore allargamento del conflitto.

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Martusciello (FI): vorrei una donna a guidare la Campania

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“Nella cartellina che Antonio Tajani porterà con sé all’incontro con gli altri leader del centrodestra per discutere il candidato presidente della Regione Campania ci sono tre nomi conosciuti e uno coperto”. Lo ha detto Fulvio Martusciello, segretario regionale di Forza Italia, intervenendo a Calvi, in provincia di Benevento, all’assemblea del partito. “Il mio sogno – ha aggiunto – è che sia una donna a guidare la Regione Campania, per infrangere anche qui il tetto di cristallo. Al tempo stesso i profili in campo sono tutti di straordinario livello”. Alla domanda se il nome possa essere quello di Annamaria Colao, Martusciello ha risposto: “Assolutamente no. Non è mai arrivata da nessuno questa proposta e penso che lei non sia interessata. Io ho in testa il nome di una donna di assoluto valore”.

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Meloni-Schlein, telefonata dopo gli attacchi Usa all’Iran: confronto istituzionale in un momento di crisi

Dialogo aperto tra governo e opposizione.

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Secondo fonti del Nazareno, si è tenuto un lungo colloquio telefonico tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. La conversazione è avvenuta a seguito degli attacchi statunitensi contro l’Iran, in un momento di forte tensione internazionale.

Il confronto tra le due leader avrebbe avuto un carattere istituzionale, con l’obiettivo di condividere informazioni e valutazioni sull’evoluzione della crisi e le possibili ripercussioni per l’Italia, sia sul piano diplomatico che su quello della sicurezza.

Una crisi che preoccupa anche l’Italia

La telefonata tra Meloni e Schlein si inserisce in un contesto di crescente instabilità in Medio Oriente, con Israele, Iran e Stati Uniti protagonisti di una nuova escalation militare. L’Italia, partner Nato e membro dell’Unione europea, segue con attenzione lo sviluppo degli eventi, che potrebbero avere effetti anche sulla politica energetica e sull’equilibrio internazionale.

La chiamata rappresenta anche un raro momento di dialogo diretto tra governo e opposizione, sottolineando l’importanza dell’unità nazionale in frangenti geopolitici delicati.

 

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