Già, che ci va a fare il nostro Ministro degli Esteri a Mosca? Al termine di una processione interminabile, va a dire al Cremlino quel che così in tanti hanno detto, e cioè che se Putin invade l’Ucraina l’Italia gliela farà vedere allineandosi sulle sanzioni “alleate”. Magari specificando chi sono questi “alleati”: la NATO, l’UE? E che va a fare il nostro Ministro degli Esteri a Kiev? Va a dire che l’Italia è al fianco dell’Ucraina e la difenderà con le unghie e con i denti allineandosi alle sanzioni ecc. ecc.?
Insomma, Luigi Di Maio metterà sul grammofono della diplomazia italiana il disco rotto che Roma ha ricevuto da Washington, come tutte le capitali europee? E come mai svolge questa missione al termine di una lunga processione che si è svolta tra Mosca, Kiev, Bruxelles e persino la lontanissima Washington, nelle scorse settimane? Ma poi, spiegherà anche com’è che, mentre per questa crisi si sono dati da fare con azioni e dichiarazioni, Capi di Stato e Primi Ministri dei principali Paesi europei, per l’Italia, il terzo Paese dell’UE, si muove il Ministro degli Esteri e non il Capo del Governo, il quale, per parte sua,finora ha coltivato un imbarazzante silenzio in tutta questa vicenda.
Il silenzio, ecco. Imbarazzante? Ma che dite! Forse è quella la cifra interpretativa della posizione del nostro Paese. La guerra mediatica che, in attesa di quella vera, si combatte in piena fuzziness informativa da metà dicembre almeno, è seguita con attenzione da Palazzo Chigi e dalla Farnesina, che tuttavia da essa prendono le distanze. Individuano, in silenzio, il vero nodo geopolitico della crisi e cercano di scioglierlo alla luce degli interessi del loro Paese nel quadro degli interessi dell’UE –che non sono quelli degli Stati Uniti né, tantomeno, quelli della Gran Bretagna, né coincidono con quelli della NATO. Mario Draghi così, in attesa di agire in prima persona dopo aver visto “l’effetto che fa”, e quindi, come si dice, di “metterci la faccia”, magari di concerto con il Quirinale e con “quelli che ci stanno”, in Europa e, diciamolo, in Asia, dalle parti di Pechino, manda in missione il capo della nostra diplomazia con uno scopo duplice.
Crisi Ucraina/Russia. Il presidente Volodymyr Zelensky
1. Ben cosciente dell’inanità delle minacce di sanzioni di fronte alle quali i russi non fanno una piega (e anzi, qualche volta si lasciano andare con frasi denigratorie, come nel caso dell’ambasciatore in Scandinavia), e consapevole, altresì, delle ragioni moscovite (che non saranno tutte “buone”, ma che hanno pur sempre un fondo di sensatezza), l’Italia fa sue le parole del cancelliere tedescoOlaf Scholze ribadisce a Putin che “l’adesione dell’Ucraina alla NATO non è all’ordine del giorno”. Una dichiarazione di potente significato, alla vigilia della supposta invasione russa. A Kiev, il nostro ministro potrebbe sussurrare al presidente Volodymyr Zelenskyche l’Italia è pronta ad aiutare l’Ucraina nella realizzazione di progetti di sviluppo economico, sociale ed umano, compresa la lotta alla corruzione e il rafforzamento della democrazia. E’ semplice: Di Maio potrebbe sussurrarlo, preparando la strada a Draghi, che lo direbbeforte e chiaro, dall’alto della sua autorevolezza internazionale.
2. Vista la stratosferica impennata delle nostre bollette –“nostre” nel senso delle famiglie e del sistema produttivo italiano- in parte essenziale dovuta al gas russo e allepolitiche di Mosca in materia; e vista la concomitante ripresa dell’inflazione; e vista la scomposta ripresa di discorsi favorevoli alle trivellazioni e al nucleare, che saranno pure dei “mali”, -come sempre più si ha la “leggera anzi leggerissima” tendenza a dire- ma necessari per assicurare i nostri livelli di occupazione e di crescita economica. Ecco, visto tutto questo, al cuore dei nostri nationalinterests, si potrebbe finalmente negoziare un accordo con la Russia per la fornitura di gas, costruito su misura per l’Italia, che ha problematiche energetiche –dobbiamo ripeterlo?- diverse da quelle della Germania (che comunque ha il carbone) e della Francia (che comunque ha il nucleare).
Farnesina. Una delle tante riunioni dei ministri dei Paesi Nato per la crisi Ucraina
Come dite? Ci credete poco? Ma no, ma no: un po’ d’ottimismo non guasta. E poi, sognare è necessario per rigenerare le nostre menti “troppo logiche”, come ci ammonisce da tempo il logicista rumeno Stefan Lupascu, specie di questi tempi…..
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
Un piano in cinque punti per salvare la centrale nucleare di Zaporizhzhia. E’ quello che il direttore generale dell’Aiea Rafael Grossi ha presentato all’Onu, parlando di “impegni essenziali per evitare il pericolo di un incidente catastrofico”. I cinque punti prevedono che non ci sia “nessun attacco da o contro la centrale nucleare, di non usare l’impianto come deposito o base per armi pesanti o personale militare, non mettere a rischio l’alimentazione esterna dell’impianto, proteggere da attacchi o atti di sabotaggio tutte le strutture, i sistemi e i componenti essenziali per il funzionamento sicuro e protetto, non intraprendere azioni che compromettano questi principi”. Grossi ha spiegato che “la situazione della sicurezza nucleare e della protezione di Zaporizhzhia continua ad essere estremamente fragile e pericolosa, le attività militari continuano nella regione e potrebbero aumentare molto considerevolmente nel prossimo futuro”.
Per questo, ha avvertito, “siamo fortunati che non si sia ancora verificato un incidente nucleare”. Tuttavia, al termine dell’incontro in Consiglio di Sicurezza, il direttore dell’Aiea ha sottolineato con soddisfazione che “oggi è un giorno positivo per la sicurezza della centrale” e che “è stato fatto un passo nella giusta direzione”. Pur precisando che bisogna essere cauti, si è detto incoraggiato dalle espressioni di sostegno al lavoro dell’Agenzia che ha ricevuto, incluso ai principi elaborati dopo intense consultazioni con Russia e Ucraina. Alle quali ha chiesto “solennemente di osservare questi cinque punti, che non vanno a scapito di nessuno ma a vantaggio di tutti”. Nel corso della riunione è poi andato in scena il consueto scontro tra Russia e occidentali, Usa in testa.
Assicurare la sicurezza nucleare “è sempre stata e rimane una priorità per il nostro Paese”, ha detto l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, sottolineando che “Mosca sin dall’inizio ha fatto ogni sforzo possibile per prevenire minacce alla sicurezza dell’impianto create dal regime di Zelensky e dai suoi alleati”. E affermando di condividere le preoccupazioni di Grossi sulle minacce alla sicurezza della centrale. Mentre la collega americana Linda Thomas-Greenfield ha puntato il dito contro la Russia, spiegando che “le sue azioni sconsiderate sono in netto contrasto con il comportamento responsabile dell’Ucraina e sono un attacco alla sicurezza della regione e del mondo”: “È interamente sotto il controllo di Mosca evitare una catastrofe nucleare”.
Il ‘mistero’ sulla missione di pace per l’Ucraina annunciata dal Papa il 30 aprile scorso durante il volo di ritorno da Budapest è, almeno in parte, chiarito. “Posso confermare che papa Francesco ha affidato al cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’incarico di condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace. I tempi di tale missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio”, ha comunicato questo pomeriggio, rispondendo ai giornalisti, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Sarà quindi il cardinale di Bologna, presidente dei vescovi italiani, l’inviato speciale che a nome di papa Bergoglio, e d’intesa con la Terza Loggia, esplorerà le possibilità perché nel conflitto russo-ucraino si apra un canale di dialogo al fine di “allentare le tensioni” e “avviare percorsi di pace”. Una notizia di enorme di rilievo, visto il tam-tam che l’annuncio del Pontefice sulla missione “riservata” aveva scatenato in tutto il mondo, e visti anche i nomi dei possibili “inviati speciali” che erano circolati negli ultimi giorni attraverso indiscrezioni. Solo quello di Zuppi viene quindi confermato, mentre l’arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le Chiese orientali, aveva già smentito ieri tale coinvolgimento, dichiarando in una nota che a lui “nulla consta di quanto affermato a suo riguardo”.
Dire che la missione diplomatica affidata al cardinale di Bologna è di quelle più ardue è dire un’ovvietà e non rende neanche l’idea delle responsabilità messe in campo. Di suo, Matteo Zuppi può mettere sulla bilancia l’esperienza già fatta in questo campo: aiutò infatti a raggiungere un difficile accordo di pace, quello realizzato nel 1992 per il Mozambico con la Comunità di Sant’Egidio, che pose fine a sedici anni di guerra civile con un milione di morti e quattro milioni di profughi. Portò avanti per mesi un dialogo lungo, paziente, coraggioso con i belligeranti. Zuppi, allora giovane vice parroco a Santa Maria in Trastevere, costruì questa tela, che portò allo storico accordo, con il fondatore della Comunità Andrea Riccardi. E non si può certo escludere che la rete di Sant’Egidio, l'”Onu di Trastevere”, possa rivelarsi utile anche in questa occasione. Entrambe le parti, sia Mosca che Kiev, si sono mostrate finora chiuse a una mediazione vaticana. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky lo ha fatto presente anche nell’incontro col Papa in Vaticano di sabato 13 maggio, appena una settimana fa.
Tuttavia la Santa Sede ha ribadito che “continuerà a fare la sua parte”, come affermato mercoledì scorso dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, intervenuto al summit dei capi di stato e di governo del Consiglio d’Europa, a Reykjavik. “Non possiamo accettare passivamente che la guerra di aggressione continui”, ha sottolineato Parolin sull’invasione russa dell’Ucraina, e l’obiettivo della diplomazia vaticana resta quello di raggiungere una “pace giusta”. Intanto oggi, in una lettera inviata al vescovo di Hiroshima, mons. Alexis Mitsuru Shirahama, in occasione del vertice del G7 in corso nella città giapponese, il Papa ha rilanciato la necessità del bando alle armi atomiche e fatto un ulteriore appello ai leader mondiali per un impegno concreto e durevole di pace. “Il vertice del G7 a Hiroshima dia prova di una visione lungimirante nel gettare le fondamenta per una pace duratura e per una sicurezza stabile e sostenibile a lungo termine”, è il suo auspicio, mentre “Hiroshima, come ‘simbolo della memoria’, proclama con forza l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale”.
“Fermo sostegno a 360 gradi”, militare, finanziario, umanitario, per la ricostruzione, con l’obiettivo di una “pace vera e non una resa” dell’Ucraina. L’Italia ha accolto così Volodymyr Zelensky, sbarcato a Roma prima di recarsi domani a Berlino per rinnovare il patto di assistenza con gli alleati, in una fase cruciale della guerra. E il leader ucraino ha ringraziato Sergio Mattarella e Giorgia Meloni per questo impegno: “Siete dalla parte giusta della guerra”, ha sottolineato nei suoi incontri con il presidente della Repubblica e con il capo del governo prima del faccia a faccia in Vaticano con il Papa. Molto fitta la giornata romana di Zelensky, in una capitale blindata, con mille agenti per le strade, droni in cielo e artificieri. A dargli il benvenuto nello scalo militare di Ciampino è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che lo ha poi accompagnato al Quirinale. Al suo interlocutore, con felpa militare d’ordinanza, Mattarella ha ribadito quanto sia alta la posta in palio in questo conflitto: “E’ in gioco non solo l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma anche la libertà dei popoli e l’ordine internazionale”.
Per questo, l’Italia è “pienamente al fianco” di Kiev, ha detto il capo dello Stato, che ha tenuto a incontrare nuovamente Zelensky dopo il faccia a faccia di “anni addietro”, quando “le condizioni erano diverse”. Oggi infatti c’è un Paese aggredito e un aggressore, responsabile tra le altre cose di “una pratica straziante e ignobile” come il rapimento di bambini ucraini, ha ricordato Mattarella. Sono 200mila, secondo Kiev. Sostenere l’Ucraina vuole dire innanzitutto altri “aiuti militari” e l’Italia continuerà a fare la sua parte, in raccordo con i partner della Nato. Questo punto è stato chiarito da Meloni ricevendo Zelensky in un clima di grande feeling a Palazzo Chigi: unico modo, ha sottolineato la premier, “perché l’Ucraina possa arrivare ai negoziati con una posizione solida”, e “non con una posizione di resa”. L’obiettivo resta quello della “pace”, che però si otterrà “solo e quando la Russia cesserà le ostilità”, ha chiarito la presidente del Consiglio, secondo la quale “gli ucraini stanno combattendo anche per noi”. Oltre alle armi, il sostegno all’Ucraina continuerà ad essere a “360 gradi” e passerà dalla ricostruzione.
In questa sfida l’Italia “vuole svolgere un ruolo di primo piano”, come dimostra la “grande conferenza” con le aziende di entrambi i Paesi che si è tenuta a Roma il 26 aprile. E visto inoltre che l’Ucraina è un “avamposto della sicurezza dell’intero continente”, è interesse dell’Italia “riconoscere le legittime aspirazioni europee” di Kiev, ha assicurato Meloni nel colloquio durato oltre un’ora e preceduto da un abbraccio tra “due amici”, ha sottolineato la premier, che del supporto senza tentennamenti a Kiev ha fatto uno dei punti cardine della sua azione di politica estera. Di questo aiuto Zelensky è pienamente consapevole: “Non lo dimenticherò mai, ti ringrazio Giorgia”, le parole del leader ucraino, che ha rivolto un simbolico “abbraccio a tutti gli italiani, uno ad uno”. Lo stesso Zelensky evidentemente tiene alla compattezza dell’esecutivo italiano nella sua postura pro-Kiev e per questo ha tenuto a smontare un caso Salvini. Così, durante la lunga intervista con Bruno Vespa ed altri giornalisti sulla terrazza del Vittoriano, ha respinto le voci di un suo rifiuto di incontrare il leader della Lega, che con Silvio Berlusconi condivide una linea più dialogante con Mosca: “Non è vero, lo vedrei volentieri”, è stata la sua precisazione. Lo stesso ha fatto Salvini, che ha smentito le “ricostruzioni surreali” secondo cui avrebbe deciso di disertare un colloquio con il leader ucraino: un incontro, ha puntualizzato, “non è mai stato previsto”.