Il processo contro l’Ordine di Hagal, un’associazione eversiva di stampo neonazista e suprematista operante tra Napoli e Caserta, si è concluso con quattro condanne da parte della Corte di Assise di Napoli. Il procedimento, nato grazie al lavoro investigativo del pm Claudio Orazio Onorati, si è svolto in un clima di forti tensioni e minacce che hanno portato alla decisione di assegnare una scorta al magistrato.
Le condanne
La sentenza della Corte di Assise, presieduta dal giudice Cristiano, ha inflitto pene di reclusione significative ai quattro imputati:
- Maurizio Ammendola (45 anni), ritenuto presidente dell’Ordine di Hagal, condannato a 5 anni e 6 mesi, nonostante una richiesta iniziale di 9 anni e 6 mesi;
- Michele Rinaldi (49 anni), vice presidente del gruppo, condannato anch’egli a 5 anni e 6 mesi;
- Gianpiero Testa (27 anni), condannato a 3 anni e 6 mesi, ma scagionato dall’accusa di possesso di armi;
- Massimiliano Mariano (48 anni), condannato a 3 anni, anche lui assolto dall’accusa di essere capo e promotore dell’organizzazione.
Il processo ha riconosciuto l’attività eversiva aggravata dall’odio razziale, pur escludendo l’accusa di terrorismo.
Indagini e blitz
Gli imputati erano stati arrestati il 15 novembre 2022 dalla Digos di Napoli e dall’Ucigos, con la collaborazione del Servizio Postale e delle Comunicazioni. Le accuse iniziali includevano il reato di associazione con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico. Durante il dibattimento è emerso il ruolo centrale di Ammendola, che, secondo le indagini, dirigeva l’organizzazione promuovendo odio razziale e negazionismo tramite attività di proselitismo, anche online. Testa, inoltre, si occupava dell’addestramento all’uso di armi e esplosivi, collaborando con estremisti neonazisti ucraini.
Un’organizzazione pericolosa
L’Ordine di Hagal, descritto come un’associazione gerarchicamente ordinata, progettava attentati contro obiettivi istituzionali e civili, tra cui i carabinieri di Marigliano e il centro commerciale Vulcano Buono di Nola. Uno dei membri, il latitante Anton Rodomskyy, era in possesso di una granata da guerra, segno della pericolosità del gruppo.
Tensioni e minacce al pm Onorati
Il pm Onorati, che ha condotto le indagini insieme al collega Antonello Ardituro, ha subito pressioni e minacce durante il processo. La sua sicurezza è stata messa a rischio, al punto da rendere necessaria l’assegnazione di una scorta. Le minacce riflettono il clima di tensione e pericolosità che ha accompagnato l’intero procedimento giudiziario.
Un fenomeno ancora attivo
Dalle indagini è emerso che la rete neonazista e negazionista dell’Ordine di Hagal non era un caso isolato. La sentenza riconosce che l’organizzazione, mascherata come associazione culturale, mirava al sovvertimento delle istituzioni democratiche, sfruttando il malcontento popolare emerso durante la pandemia di Covid-19.
Un verdetto significativo
Le condanne e l’attenzione investigativa sul gruppo rappresentano un duro colpo alle cellule eversive di stampo suprematista in Italia. Tuttavia, restano 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza e approfondire le responsabilità degli imputati. Il caso, collegato anche ad altre inchieste in corso, come quella della Procura di Bologna, conferma la necessità di vigilare contro fenomeni di odio eversivo radicati sul territorio.