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Cronache

Cesare Battisti era in Bolivia da metà novembre 2018, ora è caccia aperta alla rete di protezione

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Era nascosto in un piccolo hotel, andava a fare la spesa al mercato e cucinava per i proprietari: Cesare Battisti era in Bolivia dal 16 novembre, un mese esatto dopo l’editto con cui Bolsonaro annunciava la sua consegna all’Italia e un mese prima del mandato di arresto emesso dal Supremo tribunale Federal. Con l’ex terrorista dei Pac ormai dietro le sbarre del carcere di massima sicurezza di Oristano, gli investigatori continuano a ricostruire i dettagli della fuga che dal Brasile lo ha portato a Santa Cruz de la Sierra dove sabato pomeriggio i poliziotti boliviani assieme a quelli italiani lo hanno bloccato mentre camminava un po’ alticcio e con in tasca solo 10 bolivianos, meno di un dollaro e mezzo. E, soprattutto, concentrano la loro attenzione sulla rete che per quasi due mesi lo ha protetto, incrociando dati, contatti, comunicazioni su Skype e Facebook, numeri di telefono e testimonianze raccolte dagli uomini sul campo.

LA FUGA: Il primo dato certo a disposizione e’ proprio la data d’inizio della sua fuga, il 16 novembre: Battisti arriva all’hotel ‘Cason Azul’, una pensione che da’ poco nell’occhio. Gli italiani lo scoprono quando la sua fuga diventa ufficiale, il 13 dicembre: ma Battisti ha gia’ lasciato l’albergo. A confermarlo agli investigatori e’ il proprietario. “E’ stato qui fino al 5 dicembre – dice – ha cucinato spesso per tutti e ha detto di essere brasiliano. Andava a fare dei giri nel mercato e tornava con la spesa”. All’hotel gli investigatori arrivano grazie a due elementi. L’analisi dei dati estrapolati da una serie di telefoni sospetti, tutti apparecchi intestati a persone del suo entourage e che vengono messi sotto controllo a partire dal 16 ottobre su disposizione del pg milanese Antonio Lamanna. E grazie al codice Imei del cellulare di Battisti. Un elemento fondamentale perche’, nel momento in cui viene acceso l’apparecchio, il software di localizzazione lo rintraccia, a prescindere dalla scheda sim che vi viene inserita.

LA RETE DI PROTEZIONE: All’inizio di dicembre l’ex terrorista dei Pac e’ dunque di nuovo sparito nel nulla, ma gli investigatori non mollano la presa. E grazie al sistema di localizzazione da un lato e alle comunicazioni via Skype e social dall’altro ricominciano a seguire gli spostamenti dei cellulari sospetti. Che danno delle indicazioni interessanti. Ad esempio il 15 dicembre uno di questi e’ segnalato su un volo da San Paolo a Sinop, una citta’ del Mato Grosso. Altre tracce arrivano da Lucas do Rio Verde, a soli 150 km a sud di Sinop, sempre in Brasile e il giorno dopo da Caceres, ultima grande citta’ prima della Bolivia. E il 17 un’altra traccia viene registrata a San Matia’s, al di la’ del confine. Si tratta secondo i poliziotti dei possibili movimenti dei fiancheggiatori. “Crediamo – dice infatti uno di quelli che dall’inizio segue la vicenda – che Battisti non si sia mai mosso da Santa Cruz”. Ma da chi e’ composta questa rete di protezione? L’analisi del telefono di Battisti, gia’ in mano agli inquirenti milanesi, dara’ forse qualche risposta in piu’, anche per ricostruire chi e come ha finanziato la latitanza. Quello che gia’ si conosce e’ il cerchio delle amicizie di Battisti: c’e’ l’ex parlamentare di sinistra Eduardo Suplicy e il sindacalista Magno de Carvalho, lo storico e scrittore Carlos Lungarzo e la sociologa Silvana Barolo. Oltre a diversi intellettuali, rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati. E ci sono alcuni italiani, tra cui i suoi familiari.

LA ‘RICOMPARSA’ E L’ARRESTO: La situazione si sblocca il 4 gennaio: quel giorno l’Imei del telefonino di Battisti ‘parla’ e segnala la sua presenza di nuovo a Santa Cruz, nel barrio Ubari’. Due giorni dopo gli investigatori sono in citta’ e con i colleghi boliviani cominciano a battere a tappeto hotel e pensioni del quartiere. Non trovano nulla ma sabato pomeriggio individuano una persona che sembra essere lui che cammina per le strade della citta’. Gli agenti lo filmano e il video viene spedito in Italia: la comparazione dell’arcata sopracciliare e dell’orecchio fornisce l’ultima risposta che manca. Battisti viene fermato e portato in caserma. Capisce che e’ finita ma continua a ragionare come un clandestino: quando gli chiedono se vuole andare a prendere le sue cose lui rifiuta e non rivela dove ha passato gli ultimi giorni, proteggendo chi lo ha protetto.

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Cronache

Taranto, sparatoria a rione Tamburi: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio

Conflitto a fuoco a Taranto: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio. Michele Caforio confessa l’omicidio, si attende la convalida del fermo.

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Sale a due vittime il bilancio del violento conflitto a fuoco avvenuto la sera del 16 luglio in via Machiavelli, nel rione Tamburi di Taranto. Dopo la morte del 45enne Carmelo Nigro, deceduto poco dopo l’arrivo in ospedale, questa mattina è stato dichiarato clinicamente morto anche Pietro Caforio, 34 anni, gravemente ferito nella sparatoria.

La ricostruzione: scontro tra clan per il controllo del traffico di droga

Secondo le prime risultanze investigative, il movente della sparatoria sarebbe legato a contrasti per il controllo delle piazze di spaccio nella città vecchia di Taranto. La scena che si è consumata in via Machiavelli ha visto l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco. A farne le spese sono stati quattro uomini: oltre ai due deceduti, è rimasto gravemente ferito Michael Nigro, 20 anni, figlio di Carmelo, attualmente ancora in ospedale. Vincenzo Fago, 65 anni, ha invece riportato una ferita non grave alla gamba sinistra.

Michele Caforio interrogato in carcere: “Ho ucciso Carmelo Nigro”

Nella giornata di oggi, Michele Caforio, 37 anni, fratello di Pietro, è stato interrogato in carcere dal gip Giovanni Caroli. Caforio era stato fermato nei giorni scorsi con l’accusa di omicidio di Carmelo Nigro, tentato omicidio di Michael Nigro, con l’aggravante del metodo mafioso, e per porto e detenzione illegale di arma da fuoco.

Difeso dagli avvocati Franz Pesare e Pasquale Blasi, l’indagato ha ammesso le proprie responsabilità, confermando quanto già emerso dalle intercettazioni ambientali in cui aveva confessato l’omicidio. Secondo la sua versione, avrebbe reagito dopo che Carmelo Nigro aveva sparato a suo fratello Pietro, colpendolo alla testa e al torace.

Attesa per la convalida del fermo

Al termine dell’interrogatorio, si attende ora la decisione del gip sulla convalida del fermo. Con ogni probabilità verrà disposta l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 37enne.

Il decesso di Pietro Caforio: confermato dai medici

L’Asl di Taranto ha comunicato che Pietro Caforio, ricoverato in rianimazione, è stato dichiarato clinicamente deceduto alle 8.15 di questa mattina. Come previsto dalla legge, sono state avviate le sei ore di osservazione e, al termine, il collegio medico ha certificato il decesso.

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Cronache

Urbanistica e fuga di notizie, la Camera penale di Milano: “Processo mediatico inaccettabile”

La Camera penale di Milano critica duramente la gestione dell’inchiesta urbanistica: “Indagati informati dai giornali, presunzione d’innocenza violata, equilibrio procedurale stravolto”.

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La Camera penale di Milano lancia un duro atto d’accusa contro la gestione dell’inchiesta sull’urbanistica, al centro dell’attenzione pubblica nelle ultime ore. In una nota ufficiale, i penalisti milanesi parlano senza mezzi termini di “ennesimo corto circuito”, in cui i media vengono informati prima degli indagati, violando le regole basilari previste dal codice di procedura penale.

Secondo quanto riportato nella nota, l’indagato – in questo caso il sindaco di Milano – avrebbe scoperto la propria iscrizione nel registro degli indagati leggendo i giornali, senza aver ricevuto alcun atto formale da parte della magistratura.

Le critiche alla gestione mediatica: “Violate regole e garanzie”

La denuncia della Camera penale è netta: ogni volta che una vicenda giudiziaria “per contenuto o per soggetti coinvolti” ha potenziale mediatico, si assiste alla diffusione incontrollata di informazioni, persino ignote agli stessi indagati. Non solo: si parla di atti processuali pubblicati dai media prima ancora che le parti abbiano la possibilità di prenderne visione.

Nel mirino dei penalisti anche la cosiddetta “lotteria dei nomi”: con il numero degli indagati già noto alla stampa, si moltiplicano le indiscrezioni su chi possa essere coinvolto, amplificando la pressione mediatica e politica.

“Presunzione d’innocenza travolta, danni per persone e aziende”

Il cuore della critica è il ribaltamento delle garanzie costituzionali. Secondo la Camera penale, in questa fase “delicatissima” del procedimento, in cui si decide della libertà degli individui, la fuga di notizie e la celebrazione del processo mediatico minano profondamente la presunzione di innocenza.

Una dinamica che – si legge ancora – travolge le vite delle persone, interferisce nelle scelte politico-amministrative e può compromettere il futuro di intere aziende coinvolte indirettamente. Per i penalisti milanesi, serve un ritorno al rispetto delle regole, alla tutela del diritto di difesa e alla centralità del processo penale come unico luogo in cui accertare responsabilità.

(Immagine in evidenza generata con sistemi di Intelligenza artificiale)

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Cronache

Reinhold Messner: “Serve rispetto per la montagna, non è un luna park”

Reinhold Messner lancia un appello: troppi turisti affrontano la montagna senza preparazione e senza rispetto. Nasce la Messner Haus per recuperare il senso autentico del rapporto con la natura.

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La montagna è sempre più affollata, ma non sempre rispettata. Reinhold Messner (foto Imagoeconomica in evidenza), leggenda vivente dell’alpinismo mondiale, lo denuncia senza giri di parole:

Manca il rispetto. Della montagna, della natura, delle regole. Ci si avventura senza consapevolezza, senza cultura, come se tutto fosse controllabile. Ma in montagna si può anche morire, non solo per scalate estreme, anche durante una passeggiata.”

Un messaggio netto, affidato in un’intervista al Corriere della Sera, che accompagna il lancio del suo ultimo progetto, la Messner Haus, una casa museo e spazio di dialogo che sarà inaugurata il 17 settembre, giorno del suo 81° compleanno.

Il passo lento e la montagna come scuola di vita

Messner, primo uomo a scalare tutti i 14 Ottomila senza ossigeno, torna a sottolineare il valore del “passo lento” contro la frenesia moderna:

“La nostra capacità di comprendere ciò che ci circonda è legata alla camminata. La velocità è nemica della conoscenza. Anche la mountain bike, soprattutto elettrica, può essere pericolosa. Soprattutto per chi, come me, non ha più vent’anni.”

L’alpinista invita a recuperare il contatto con la natura, anche solo camminando:

“Non serve scalare l’Everest. Basta imparare ad ascoltare il proprio inconscio. Chi va in montagna per davvero, sa che serve prudenza. Un masso può cadere, un temporale arrivare all’improvviso.”

Contro il turismo da selfie e il mito degli influencer

Nel mirino anche il turismo da social network:

“Non si guarda più la montagna, la si fotografa. Si vive tutto attraverso lo schermo del cellulare. E quando si pubblica una foto, parte la caccia al punto preciso. È così che gli influencer stanno riscrivendo l’idea di montagna.”

Per questo, racconta, è nata la Messner Haus:

“Volevano demolire la vecchia stazione della funivia sul Monte Elmo. Mi sono opposto. Abbiamo riutilizzato quello che c’era, per me è questo il senso della sostenibilità.”

I lupi, l’abbandono delle malghe e il turismo che rischia di morire

Messner denuncia anche un problema strutturale delle terre alte:

“I lupi attaccano il bestiame, i contadini lasciano le malghe, il paesaggio si degrada e il turismo ne risente. Non sono contro i lupi, ma serve un equilibrio.”

Il Sud Tirolo cambia pelle, ma rischia di perdere la sua anima. Una trasformazione che Messner guarda con preoccupazione:

“Una volta gli italiani guardavano la montagna dal balcone. Ora camminano. È un bene. Ma il turismo deve essere consapevole. La montagna non è di nessuno. Solo se tutti la proteggiamo, avrà un futuro.”

Nella Messner Haus, due stanze sono riservate a lui e alla moglie Diane:

“Quando gli incontri finiscono, dormiamo lì. E all’alba, davanti alla Val di Sesto, penso che anche dopo aver visto le montagne più belle del mondo, questa vista non ha eguali.”

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