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Centrodestra spaccato su Green Pass, Meloni all’attacco

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Il Green Pass spacca il centrodestra: Giorgia Meloni, va all’attacco. In un’intervista a “La Stampa” lo definisce “un obbligo vaccinale mascherato”, quindi accusa implicitamente gli alleati e soprattutto il premier di aver “assecondato Speranza con provvedimenti ridicoli che non poggiano su evidenze scientifiche”. Matteo Salvini, invece, dopo le indecisioni registrate nei giorni scorsi e malgrado qualche mal di pancia interno al suo partito, esalta il compromesso trovato nel governo, rivendica il merito di aver attenuato queste misure e di aver ” salvato l’agosto”. “Noi lavoriamo per tutelare salute e lavoro e devo dire che la Lega e’ forza di equilibrio in questo governo. qualcuno di sinistra chiedeva il green pass anche per andare al bagno. Abbiamo salvato l’agosto – ha aggiunto – evitato problemi a milioni di famiglie, tutelato chi lavora nel turismo, penso agli alberghi. E soprattutto abbiamo avuto la garanzia che tutti i bimbi a settembre vanno a scuola. Senza nessuna distinzione e nessuna esclusione”. Forza Italia, infine, apertamente schierata sin dall’inizio con Mario Draghi, esulta, respingendo al mittente le critiche di Fratelli d’Italia: “Il green pass obbligatorio – dichiara in una nota l’azzurra – Vincenza Labriola e’ fondamentale e non bisognerebbe neppure discuterne. Non e’ neanche serio confondere l’obbligo ovvio del green pass con l’obbligo vaccinale. Siamo ancora in piena pandemia e abbiamo sicuramente l’obbligo di costruire insieme il futuro e di far tornare i nostri ragazzi tra i banchi di scuola. L’unica strada percorribile e’ l’uso del green pass”. Radicalmente contraria alla tesi portata avanti da Forza Italia e anche dal segretario Salvini, cresce intanto una fronda interna alla Lega, che annuncia battaglia in Parlamento dopo la pausa estiva. Un appello alla mobilitazione che di fatto raccoglie quel gruppo di parlamentari leghisti che nelle settimane scorse erano gia’ scesi in piazza a manifestare a fianco dei no vax e che promettono di tornare a farlo ove non si cambi strada. Subito dopo il varo del provvedimento da parte del Consiglio dei ministri, Armando Siri, senatore, membro della Segreteria Politica e responsabile del programma della Lega, aveva gia’ bollato questa misura “incostituzionale” perche’, a suo dire, comporterebbe delle restrizioni alle liberta’ personali e sociali garantite dalla Costituzione e non giustificate da un contesto non piu’ emergenziale. Anche il deputato leghista Claudio Borghi, intervistato da “La Repubblica” , si dice pronto a scendere sul piede di guerra a Montecitorio: “Io faccio le mie battaglie, continuero’ a farle, sono pur sempre un rappresentante dei cittadini no? Ora attendiamo che il decreto arrivi in Parlamento, a settembre. La Lega ha preparato 900 emendamenti”. Ma i dissapori tra Fratelli d’Italia e il “centrodestra di governo”, come si autodefinisce da mesi l’asse Fi-Lega, vanno oltre la questione del Green Pass. Giorgia Meloni, nei giorni scorsi, era volata in Sardegna per incontrare il Cavaliere e chiedere a lui garanzie sulla tenuta della centrodestra. Berlusconi – riferisce sempre lei a “La Stampa” – crede ancora nel futuro della coalizione unita, ma, aggiunge, ora serve che arrivino”: “segnali chiari”. “Voglio sperare che Fi e Lega considerino la maggioranza arcobaleno un fatto accidentale. Finora – lamenta Meloni – sono successe cose spiacevoli: c’e’ stata una conventio ad excludendum quasi sistematica contro Fdi. Se lo fanno Pd e M5s non mi scandalizzo, se lo fanno pure Lega e Fi c’e’ qualcosa di strano. Se arrivano questi segnali vuol dire che Berlusconi e’ stato conseguente alle cose che mi ha detto”.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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