L’inchiesta sul “caso Striano” e sui presunti dossieraggi all’interno della Direzione Nazionale Antimafia (Dna) rischia di essere trasferita da Perugia a Roma, obbligando i magistrati a ripartire quasi da zero. Questa prospettiva nasce da una recente sentenza della Corte di Cassazione, che stabilisce un principio chiaro: per i magistrati della Dna, la competenza territoriale deve seguire le regole ordinarie, riferendosi al luogo in cui è stato commesso il reato.
La decisione potrebbe avere un impatto significativo sull’indagine, facendo ripartire l’intero fascicolo dalla capitale.
Le accuse e i protagonisti dell’indagine
L’indagine, inizialmente avviata a Roma, riguarda presunti accessi abusivi alle banche dati riservate della Dna. Tra gli indagati figurano il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano e l’ex sostituto procuratore nazionale antimafia Antonio Laudati, andato in pensione lo scorso aprile.
A marzo 2023, l’inchiesta fu trasferita a Perugia quando emerse il possibile coinvolgimento di Laudati. Da allora, il procuratore Raffaele Cantone ha approfondito il caso, portando alla luce un quadro inquietante: decine di migliaia di ricerche considerate illegali e file estratti indebitamente dalle banche dati. Cantone ha chiesto gli arresti domiciliari per Striano e Laudati, ma la richiesta è stata respinta dal giudice delle indagini preliminari.
La sentenza che rimette tutto in discussione
La sentenza della Cassazione si inserisce in un contesto giuridico già complesso. Nel caso di un’altra indagine legata alla Dna, i magistrati fiorentini avevano contestato il principio che attribuiva automaticamente la competenza a Perugia per i procedimenti contro toghe della Dna. La Cassazione ha dato ragione a questa interpretazione, stabilendo che il criterio per i magistrati della Dna è identico a quello delle toghe romane.
Questa pronuncia apre la strada a una possibile dichiarazione di incompetenza territoriale da parte del gip di Perugia, con un trasferimento dell’intero fascicolo a Roma.
Le conseguenze sull’inchiesta
L’inchiesta, che nel frattempo ha superato le 5.000 pagine di atti, ha già rivelato uno scenario molto più grave di quanto immaginato inizialmente, attirando anche l’attenzione della commissione parlamentare antimafia.
Se il caso fosse trasferito a Roma, i nuovi magistrati dovrebbero rivedere l’intera documentazione, rallentando ulteriormente le indagini e posticipando le risposte alle numerose domande sollevate dal caso.
Un caso simbolo di tensioni giudiziarie e politiche
La vicenda Striano-Laudati rappresenta non solo un problema giudiziario, ma anche un tema politico delicato. La possibilità di trasferire l’inchiesta a Roma potrebbe avere implicazioni anche per gli altri fascicoli in cui sono coinvolte toghe della Dna.
Il «caso dossieraggi» si conferma così una questione intricata, capace di mettere in luce criticità sistemiche nella gestione della giustizia antimafia e nel rapporto tra le sedi giudiziarie.
L’esito del ricorso e delle eventuali istanze di trasferimento sarà decisivo per il futuro dell’indagine. Mentre si attende la pronuncia del tribunale del Riesame, il “caso Striano” resta una vicenda complessa e rappresentativa delle sfide che il sistema giudiziario italiano deve affrontare.