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Cronache

Caso pm Milano, ‘Davigo smarrì il rigore istituzionale’

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“Le modalità quasi carbonare con cui” i verbali in formato word di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria sono usciti “dal perimetro investigativo del dottor Storari”, tramite una chiavetta Usb consegnata all’allora componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo, nella sua “abitazione privata (…) e le precauzioni” da questi “adottate in occasione del disvelamento ai consiglieri – avvenuto nel cortile del Csm lasciando prudenzialmente i telefonini negli uffici – appaiono sintomatiche dello smarrimento di una postura istituzionale”.

È uno dei passaggi chiave delle motivazioni con cui la prima sezione penale del Tribunale di Brescia, presieduta da Roberto Spanò, lo scorso 20 giugno ha condannato a un anno e 3 mesi, con pena sospesa e la non menzione, l’ex consigliere di Palazzo dei Marescialli imputato per rivelazione del segreto d’ufficio. Stessa accusa per cui è stato, invece, assolto definitivamente il pubblico ministero milanese, che aveva dato quelle carte così delicate a Davigo per autotutelarsi, a suo dire, dall’inerzia dei vertici del suo ufficio: tra i due si era “creato un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante”, affermano i giudici, nonostante “nel dibattimento non è stato possibile” chiarire “quanto sia realmente avvenuto”: in particolare, “se quella del sostituto sia stata davvero un’iniziativa ‘self made’ o non ci sia stato invece un qualche mentore ispiratore, come pure farebbero pensare alcuni passaggi rimasti in ombra”. Secondo il collegio, che addebita a Davigo un’ “incontinenza divulgativa”, inoltre, i criteri di selezione da lui adottati “nella scelta dei depositari del segreto sono state assai variegati ma, in nessun caso, ricollegabili a fini ordinamentali”.

Tant’è che “l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato come la circolazione delle notizie al di fuori del circuito ufficiale è rimasta confinata (o quantomeno dovrebbe essere ) sul piano dei rapporti personali e non ha avuto, a livello istituzionale, alcuno sbocco esterno” In più, evidenzia il collegio, “numerosi indizi – e non ‘una ricostruzione obiettivamente paranoica’ – suggeriscono che il dott. Davigo possa essere stato al corrente del contenuto delle dichiarazioni dell’avvocato Amara ancor prima della consegna materiale dei verbali da parte del dott. Storari, ove effettivamente avvenuta solo nell’aprile del 2020”. Una circostanza questa che ha portato a ritenere che “anche gli albori della vicenda ora all’esame appaiono avvolti da una coltre di opacità” in quanto, si osserva, “sembra, ad esempio, poco verosimile che” il pm ” prima della consegna dei verbali (…) non si sia consultato con qualche collega milanese (…). È evidente che la prova di eventuali interferenze verificatesi all’interno della Procura di Milano – prosegue l’atto – finirebbe per spalancare uno scenario significativamente diverso da quello emerso nel processo” che ha visto, tra l’altro, “un vero e proprio sterminio di atti, corpi di reato, chat, mail, apparecchi telefonici, pen drive ed indirizzi di posta elettronica che non ha consentito di tracciare appieno gli accadimenti”.

Quanto al movente ipotizzato, Davigo ha “utilizzato il tema dell’asserita appartenenza massonica per fare terra bruciata intorno al dott. Ardita”, il suo collega e cofondatore con lui di Autonomia e indipendenza e che dovrà risarcire con 20 mila euro. Non è, però, venuto a galla con “sufficiente grado di certezza che abbia strumentalmente ottenuto prima – e divulgato poi – i verbali di Amara” con l’intento di nuocere, “animato da una cosciente volontà di propalare un’accusa che sapeva mendace in ragione di personalismi o di intenti ritorsivi dovuti a dissidi insorti nel passato con l’ex amico”. Ora è atteso il ricorso da parte dell’ex pm di Mani Pulite e il secondo round in appello.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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