Un clamoroso colpo di scena nel caso di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata morta tre settimane dopo. Secondo la perizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, consegnata alla Procura di Trieste, la donna non si è suicidata. Anzi, il documento ribalta pezzo per pezzo le conclusioni investigative iniziali, aprendo la strada a nuove indagini per individuare il responsabile del delitto.
Tra le scoperte più rilevanti, i periti sostengono che sul corpo di Liliana potrebbero esserci tracce di DNA del suo assassino, lasciate su indumenti, sacchetti di plastica e peli pubici. Un elemento che, se confermato dalle analisi genetiche avanzate suggerite dagli esperti, potrebbe fornire un’identità all’omicida.
La perizia: “È stata uccisa, non è un suicidio”
Per quasi tre anni, il suicidio per autosoffocamento è stato considerato lo scenario più plausibile. Tuttavia, i periti smentiscono questa ipotesi, sottolineando l’incompatibilità delle lesioni con un atto volontario.
“Non vi sono elementi tecnico-scientifici che supportino l’ipotesi del suicidio”, scrivono gli esperti nella loro relazione. Al contrario, la configurazione delle ferite indica chiaramente che Liliana è stata colpita prima di morire.
“L’ipotesi che la produzione di tali complessi lesivi possa essere attribuita a un evento accidentale risulta tecnicamente non prospettabile. Tali lesioni trovano una concreta e plausibile spiegazione solamente con l’avvenuto intervento di una terza persona”, si legge nel documento.
In altre parole, Liliana sarebbe stata aggredita e soffocata con mezzi esterni. Non solo: la perizia esclude anche che il corpo sia stato congelato o spostato. Questo significa che la donna è stata uccisa il giorno della scomparsa e il cadavere è rimasto nello stesso luogo fino al ritrovamento.
I sospetti e le accuse tra familiari
Mentre la Procura di Trieste valuta nuove indagini e possibili iscrizioni nel registro degli indagati, si riaccendono le tensioni tra i protagonisti del caso.
Il più deciso è Sergio Resinovich, fratello di Liliana, che continua a puntare il dito contro il marito della vittima, Sebastiano Visintin:
“Da subito parlava di Liliana al passato, come se sapesse che era già morta. Il movente non è passionale, ma economico. Sono stati trovati dei soldi in casa e penso che mia sorella sapesse come lui si procurava quel denaro”.
Visintin, dal canto suo, respinge le accuse e chiede indagini a tutto campo:
“Non mi crea alcun problema, purché si indaghi a 360 gradi. Quindi su di me, su Sterpin e anche sui vicini di casa”, dichiara, riferendosi anche a Claudio Sterpin, l’amico speciale di Liliana che in passato aveva espresso dubbi sul ruolo del marito.
Cosa succederà ora?
Con la nuova perizia che smentisce il suicidio e suggerisce nuove analisi genetiche, la Procura di Trieste si trova ora di fronte a una decisione cruciale: riaprire ufficialmente l’inchiesta e cercare l’assassino.
Le analisi del DNA potrebbero rappresentare la svolta definitiva, mettendo finalmente un volto dietro al mistero della morte di Liliana Resinovich.