Carceri in rivolta, i boss vogliono l’indulto o sarà guerra: per ora 7 morti, 24 detenuti gravi, 41 poliziotti feriti, 35 milioni di danni e 20 mafiosi evasi
Le rivolte nelle carceri riprenderanno oggi. Radio carcere fa sapere che la “battaglia” sindacale per indulto e amnistia è solo all’inizio. Con al scusa del Coronavirus lo Stato è in ginocchio e scenderà a patto con i detenuti che voglio usciere dalle celle il prima possibile. Possibilmente pagando poco o senza pagare nulla per i reati commessi. Ma prima di addentrarci in quello che accadrà oggi nelle carceri, passiamo in rassegna, usando solo i numeri, quello che è accaduto nelle prime 24/48 ore di rivolte.
Ci sono ben 7 morti. Abbiamo sette detenuti rimasti uccisi nel corso delle rivolte. Questo tributo di sangue è inaccettabile in un Paese civile. Le cause dei decessi? Sembra tutte overdose o intosiccazione da fumo per gli incendi appiccati. I detenuti morti erano tutti ristretti a Modena. Hanno assaltato infermiera e reparti degenza. Hanno ingerito psicofarmaci e metadone in quantità industriale.
Ci sono 24 detenuti ricoverati. Tre sono in gravissime condizioni per intossicazione e overdose di farmaci. Rischiano di morire entro le prossime 24 ore. Altri 21 detenuti sono invece feriti in maniera non grave. Anche loro intossicati o con qualche frattura per i salti dai muri perimetrali per scappare.
I 41 poliziotti feriti. Nessuno di loro è grave ma sono 41 uomini e donne che oggi non sono impegnati negli istituti e rendono la vita ancora più difficile al corpo di Polizia Penitenziaria già pesantemente sotto organico.
Danni alle strutture per 35 milioni di euro. Le scene di devastazione che hanno fatto il giro del mondo costeranno all’erario qualcosa come 35 milioni. Danni che nessuno pagherà.
Distrutti 600 posti letto. Nelle carceri italiane non ci sono 600 posti letto. Per essere più precisi 600 detenuti non hanno un posto dove dormire. Questa distruzione è stata scientifica. Fa parte di quella strategia che deve portare all’indulto e/o all’amnistia. Non c’è posto in carcere. Scarceriamo quelli che sono a fine pena. Scarceriamo quelli che hanno commesso reati meno gravi. Mandiamo ai domiciliari altri. Insomma la richiesta politica dei detenuti è quella del solito provvedimento svuota carceri.
I 50 e passa detenuti evasi. L’evasione di massa di Foggia è la prova della capacità dei detenuti di controllare le carceri. Dei 50 e passa scappati da Foggia, molti son stati arrestati ieri. Altri 11 sono stati arrestati nella notte ai confini con Molise. Un altro detenuto si è consegnato al carcere di Larino.
Ci sono 20 detenuti latitanti. Quei detenuti che ancora sono uccel di bosco, secondo quanto possiamo riferire, fidandoci di una fonte credibile, sono esponenti della mafia del Gargano. Parliamo di criminali senza scrupoli che in questi anni si sono segnalati per la loro spietatezza e la loro capacità di fare squadra e mettere a rischio anche a sicurezza dello Stato in terre infestate orami dal crimine organizzato. Tra questi c’è anche un detenuto che pochi mesi fa è stato arrestato con l’accusa di omicidio.
Oggi dovrebbero o potrebbero esserci altre manifestazioni. Sembra evidente che c’è una regia unica dietro questa rivolta nelle carceri. Quello che rileva è il fatto che nonostante la capacità dei detenuti di prendere possesso delle carceri e comandarle, finora non hanno mai torto un capello a nessun agente della polizia penitenziaria o altri in divisa che sono intervenuti. Non c’è stato alcuno scontro fisico. È stato sempre evitato. Ripetiamo, la scusa è la paura del contagio. Il vero oggetto, la rivendicazione principale di chi è in rivolta, è quella di obbligare il Parlamento a varare una nuova legge di amnistia e/o indulto per svuotare le carceri.
Ministro Alfonso Bonafede. Sospesa direttrice del carcere
Che cosa risponde la politica, già alle prese con la gravissima emergenza coronavirus? Sono due le risposte. C’è il balbettio del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Vi offriamo il suo video comunicato, postato sul suo profilo Fb, che dal punto di vista della comunicazione politica è un suicidio. Un ministro che mostra uno Stato arrendevole. Lo Stato lo rappresenta lui nel settore delle carceri, essendo il ministro competente. Manca assolutamente la voce del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini. C’è poi una parte della politica che già ragiona su indulto o amnistia o comunque altri procedimenti di favore ai detenuti che con la violenza reclamano attenzione alle loro rivendicazioni. E c’è chi invece dice: via Basentini dal Dap, Bonafede riferisce in aula quello che accade.
Sindacato di Polizia Penitenziaria. Il segretario nazionale, Aldo Di Giacomo
Per la verità, da una decina di giorni, a volerla raccontare tutta questa storia, c’è un sindacato, il Sindacato di Polizia Penitenziaria, che con il suo segretario nazionale, Aldo Di Giacomo, segnalava al ministro Bonafede, ai prefetti e ai questori, la situazione esplosiva delle carceri pronte a rivoltarsi. Purtroppo nessuno gli ha prestato attenzione. E ora siamo davanti ad un problema serio di ordine e sicurezza pubblica. Le carceri, per quanto si possa essere ipocriti, sono nelle mani dei detenuti. Le gestiscono loro.
Altre ragioni per spiegare la rivolta, che però afferiscono ad una sfera strettamente criminale, e cioè legata alla gestione del traffico di droga nelle celle (un affare milionario), fa parte di una delicata inchiesta che almeno a Napoli, carcere di Poggioreale, è appena agli inizi ed è assai promettente. Una inchiesta che ancora non è nella sua fase di discovery degli atti. Una inchiesta che seguiremo.
Marc Innaro (foto Imagoeconomica in evidenza), storico corrispondente Rai da Mosca e oggi inviato dal Cairo, torna a parlare in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, affrontando con lucidità e tono critico le tensioni tra l’Occidente e la Russia, il suo allontanamento da Mosca e la crescente russofobia nelle istituzioni europee.
Dal 1994 al 2000 e poi dal 2014 al 2022, Innaro ha raccontato la Russia da dentro, cercando – come lui stesso dice – di “corrispondere” la realtà e il punto di vista di Mosca. Una scelta giornalistica che gli è costata accuse di filoputinismo e, di fatto, l’interruzione della sua esperienza russa da parte della Rai, ufficialmente per motivi di sicurezza legati alla nuova legge russa contro le “fake news”.
Ma Innaro contesta apertamente questa versione: “Quella legge valeva per i giornalisti russi, non per gli stranieri accreditati. Commissionai persino uno studio legale russo-italiano che lo dimostrò. Nessuno mi ascoltò”. A detta sua, la vera censura arrivava “non dai russi, ma dagli italiani”.
Nato, Ucraina e verità scomode
Un episodio televisivo emblematico segnò la sua posizione pubblica: una cartina sull’allargamento della Nato a Estmostrata in diretta al Tg2 Post, che gli offrì l’occasione per dire: “Ditemi voi chi si è allargato”. Una verità storica, sottolinea, che rappresenta “la versione di Mosca” e che fu raccontata anche da Papa Francesco, quando parlò del “latrato della Nato alle porte della Russia”.
Da lì in poi, dice Innaro, cominciò l’isolamento. Non gli fu consentito di intervistare Lavrov né di andare embedded con i russi nel Donbass, mentre altri inviati Rai furono autorizzati a farlo con le truppe ucraine, anche in territorio russo.
“La Russia non vuole invadere l’Europa”
Secondo Innaro, la narrazione di Mosca come minaccia globale è costruita ad arte: “La Russia è un Paese immenso con 145 milioni di abitanti. Come può voler invadere un’Europa da 500 milioni?”. L’obiettivo russo, dice, è sempre stato chiaro: la neutralità dell’Ucraina e il rispetto per le minoranze russofone.
Nel commentare le dichiarazioni dei vertici Ue e Nato, come quelle di Kaja Kallas o Mark Rutte, Innaro osserva che “alimentare la russofobia non aiuta a risolvere nulla” e ricorda che è grazie al sacrificio sovietico se l’Europa è stata liberata dal nazifascismo.
“L’Europa doveva includere la Russia”
La guerra, secondo Innaro, “diventa sempre più difficile da fermare”, anche per il consenso interno a Putin. Ma l’errore strategico dell’Occidente, dice, è stato non costruire una nuova architettura di sicurezza con la Russia dopo la Guerra Fredda: “Abbiamo più in comune con i russi che con altri popoli. Ma ora i 7/8 del mondo si riorganizzano e l’Europa resta ai margini”.
Un’analisi lucida e controcorrente, che rimette in discussione molte certezze del racconto dominante.
Una ragazza di 14 anni è morta dopo essere precipitata dalla finestra al terzo piano dell’abitazione di Massafra (Taranto) dove viveva con i genitori. La ragazzina è stata soccorsa dal personale del 118 e trasportata d’urgenza all’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, ma è deceduta poco dopo il suo arrivo al pronto soccorso. Il pm di turno, a quanto si è appreso, ha aperto un’inchiesta per fare luce sull’accaduto. La madre, che era con lei nell’appartamento, l’avrebbe vista lanciarsi dalla finestra. L’attività investigativa è affidata ai carabinieri.
Nove colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi contro un’auto a Nocera Superiore. Il fatto è accaduto nella frazione Citola. La vittima dell’intimidazione è un 30enne, incensurato. L’uomo, ascoltato dai carabinieri, non ha saputo fornire alcuna spiegazione su quanto accaduto. I militari del reparto Territoriale nocerino, guidati dal comandante Gianfranco Albanese, sono al lavoro per ricostruire la dinamica di quanto accaduto. L’auto è stata posta sotto sequestro per consentire i rilievi. Non è escluso che i colpi siano partiti da due armi.