Collegati con noi

Esteri

Caos al confine bielorusso, fondi Ue per confini Polonia

Pubblicato

del

I migranti respinti alla frontiera, le esercitazioni militari di Mosca e Minsk, la morte di due paracadutisti russi: e’ caos al confine tra Bielorussia e Polonia. La crisi dei migranti non accenna a vedere la luce in fondo al tunnel mentre l’Ue, allargando la sua tela diplomatica sui Paesi d’origine dei richiedenti asilo, prova ad accerchiare il dittatore Alexandr Lukashenko togliendogli l’arma che ha posto sul tavolo dell’Europa: le persone. Le compagnie di bandiera di Turchia e Iraq hanno infatti annunciato lo stop ai voli per Minsk per yemeniti, siriani e iracheni. “Le compagnie aeree che non cooperano potrebbero essere inserite nella lista nera”, avverte l’Ue che, nel Consiglio Affari Esteri di lunedi’, potrebbe dare il via al quadro sanzionatorio contro Minsk. Ma nella riunioni dei capi della diplomazia degli Stati membri verra’ affrontato anche un nuovo fronte, quello dell’Ucraina, che vede ammassarsi alla sua frontiera le truppe russe. Nel frattempo, la questione dei muri anti-migranti entra nel cuore dell’Europa. Nel giorno in cui la Lettonia ha approvato la costruzione di una barriera al confine con la Bielorussia, l’Ecofin, chiamato a riunirsi sul budget europeo sta valutando, su proposta della commissione, l’erogazione di 25 milioni di euro per Polonia, Lituania, Lettonia da aggiungere al bilancio 2022. Le risorse verrebbero aggiunte al Fondo per la Gestione dei Confini Integrati (che gia’ annovera 780 milioni) e sarebbero dirottate proprio alla protezione dei confini. La commissione si e’ gia’ detta piu’ volte contraria all’uso di soldi Ue per la costruzione di muri ma nulla impedisce agli Stati membri di aggiungere propri finanziamenti per quella costruzione delle barriere che e’ destinata ad accendere il dibattito anche all’Europarlamento. Sul campo, la crisi bielorussa non migliora. Secondo l’Ue duemila migranti sono intrappolati al confine da 4 giorni. Ma la novita’ delle ultime ore e’ la ‘militarizzazione’ della crisi. Un’unita’ tattica” di paracadutisti di Russia e Bielorussia ha cominciato a condurre esercitazioni di vario tipo nella regione di Grodno. E in serata Mosca ha annunciato la morte di due paracadutisti dell’esercito presso il confine con la Polonia. Derubricato come incidente dai russi, ma che potrebbe rappresentare un’ulteriore miccia. Nelle prossime ore arrivera’, tra l’altro, un contingente di specialisti militari inviato da Londra. La Nato ha fatto invece sapere di stare vigilando la situazione “per evitare il rischio di una escalation”. Intanto la controffensiva diplomatica dell’Occidente si allarga oltre i confini europei con la vice presidente degli Usa Kamala Harris che, dalla Conferenza sulla Libia a Parigi, definisce “molto preoccupanti” le azioni di Minsk. E proprio nella capitale francese Emmanuel Macron e Mario Draghi annunciano che presto parleranno con Vladimir Putin della crisi. Gia’, perche’ il convitato di pietra del focolaio bielorusso resta Mosca. L’Ue, spiegano a Bruxelles, e’ convinta che Putin non stia esercitando la sua influenza su Minsk nel modo giusto. Le mosse del Cremlino, all’esecutivo europeo, appaiono non unidirezionali. Da un lato Putin promette che non fermera’ le forniture di gas per l’Europa. Dall’altro apre un altro fronte, quello ucraino. Secondo gli Usa e l’Ue i militari russi si stanno ammassando al confine con Minsk. Mosca nega qualsiasi piano di invasione ma a Bruxelles sale l’allarme e al Consiglio Affari Esteri il dossier sara’ sul tavolo. Nella stessa riunione l’Ue dara’ il via libera al quadro entro cui mettere in campo sanzioni contro persone e societa’ che facilitano il flusso di migranti verso l’Europa. Auspicando che anche “partner storici” come Usa e Regno Unito optino per la medesima strada.

Advertisement

Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

Pubblicato

del

Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

Continua a leggere

Esteri

I primi 100 giorni di Trump, già lavora a ‘nuovi siluri’

Pubblicato

del

Il traguardo dei primi 100 giorni è ormai alla porte. Al 29 aprile mancano solo pochi giorni: Donald Trump si regalerà un comizio stile elettorale per spegnere le candeline e fare il bilancio dei suoi ‘successi’. Finora però il presidente non sembra essere riuscito a convincere l’opinione pubblica, come testimoniano i sondaggi che lo indicano come il meno amato della storia. Rilevazioni che non lo scuotono, tanto che, come rivelano alcuni funzionari a Reuters on line, sta già lavorando a “nuovi siluri” dei prossimi 100 giorni. Guardando avanti il presidente intende concentrarsi più attivamente sui colloqui di pace e sulle trattative per gli accordi sui dazi in vista di luglio, quando scadranno i 90 giorni di pausa concessi sulle tariffe reciproche.

La posta in gioco è alta: l’entrata in vigore dei dazi annunciato il 2 aprile, il ‘giorno della liberazione’, rischia di avere un impatto economico devastante per gli Stati Uniti, come Wall Street ha cercato a suon di cali consistenti di far capire al tycoon. I negoziati con l’Unione Europa appaiono in salita e quelli con la Cina devono, almeno formalmente, ancora iniziare, lasciando intravedere mesi di febbrili manovre per rimuovere l’incertezza e le nubi di recessione che si stanno addensando sull’economia. Al dossier commerciale si aggiunge quello dei colloqui di pace per l’Ucraina e per Gaza.

Mentre le trattative con l’Iran sul nucleare sembrano progredire, sulle tensioni fra Israele e Gaza la situazione appare in stallo, con i contatti fra Washington e Teheran che rischiano di rappresentare un ostacolo con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Gli sforzi della Casa Bianca sono concentrati in queste settimane sull’Ucraina anche se al momento la pace resta ancora lontana. Trump aveva promesso durante la campagna elettorale di risolvere la guerra 24 ore, per poi essere costretto a identificare in sei mesi un arco temporale “realistico”.

L’incontro fra il presidente e Volodymyr Zelensky a San Pietro, a margine del funerale di papa Francesco, lascia ben sperare ma i prossimi giorni saranno cruciali, come ha detto il segretario di stato Marco Rubio, per “determinare se tutte e due le parti vogliono la pace”. Trump agli americani presenta come promessa mantenuta nei primi 100 giorni quella di aver domato l’emergenza migranti. Gli arrivi al confine con il Messico sono crollati e le deportazioni di migranti senza documenti sono in aumento, anche se l’obiettivo di un milione di espulsioni in un anno appare irraggiungibile. I successi sull’immigrazione sono stati ottenuti non senza polemiche: le deportazioni sono state infatti accompagnate da una lunga serie di azioni legali, le ultime in ordine temporale riguardanti tre cittadini americani minorenni inviati in Honduras insieme alle loro madri. Il presidente rivendica come successo anche il Dipartimento per l’Efficienza del Governo di Elon Musk.

Il Doge continua alacremente a lavorare per ridurre i costi del governo, anche se gli iniziali ‘risparmi’ sono stati mangiati dai costi per i migliaia di licenziamenti effettuati. In vista dell’uscita di Musk dal governo, l’amministrazione Trump si sta muovendo per rafforzare il controllo sulle assunzioni privilegiando chi è “fedele alla legge e alle politiche del presidente”. Anche il Doge, di cui Trump è orgoglioso, si è attirato decine di cause per i suoi tagli ritenuti indiscriminati. Fra la stretta sui migranti ritenuta eccessiva e l’azione di Musk, oltre che per i timori di una recessione causata dai dazi, il presidente è in forte calo nei sondaggi.

Per l’Associated Press, quattro americani su 10 lo ritengono un presidente “terribile”. Per il Washington Post e Cnn il suo tasso di approvazione è il più basso della storia per i primi giorni di una presidenza (rispettivamente al 39% e al 41%). Valutazioni che non sembrano preoccupare Trump: in un Casa Bianca ben più stabile rispetto al caos del primo mandato – fatta eccezione per il caso Pete Hegseth – il presidente tira dritto e guarda avanti, sognando forse anche un terzo mandato nel 2028 come indicato anche dai cappellini in vendita sul suo sito.

Continua a leggere

Esteri

Pressing degli Usa per la tregua, Mosca attacca l’Europa

Pubblicato

del

Il faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump nella Basilica di San Pietro, fortemente sostenuto anche dalla Santa Sede, ha ridato speranza agli ucraini di ottenere una pace che non sia una resa, ma il percorso continua ad essere pieno di incognite. Kiev in questa fase rilancia gli appelli ai partner per spingere Mosca ad accettare almeno una tregua, mentre il Cremlino prova a tenersi stretti gli americani assicurando che sulla soluzione del conflitto le posizioni sono “coincidenti in molti punti”, mentre sono gli ucraini e gli europei a voler mettersi di traverso.

A Washington, tuttavia, questo stallo viene vissuto con crescente insofferenza. Ed ora la nuova richiesta alle parti in conflitto è di accettare concessioni reciproche entro la prossima settimana. I colloqui tra Zelensky, Trump e i leader dei volenterosi, a margine dei funerali del Papa, hanno in qualche modo reindirizzato la pressione diplomatica verso la Russia. Tanto che lo stesso presidente americano, nel volo di rientro da Roma, si è lasciato andare ad un’insolita sfuriata nei confronti di Putin, accusandolo di “prendere in giro” gli sforzi di pace con i suoi raid sui civili, e minacciando nuove sanzioni. Mosca ha provato a schivare questi strali rimarcando le distanze all’interno del blocco transatlantico.

Ha iniziato il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, assicurando che il lavoro con gli americani continua, “in modo discreto e non in pubblico”. E ricordando le convergenze tra le due potenze, a partire dall’idea che la Crimea sia russa e che Kiev non potrà mai entrare nella Nato. A rafforzare il concetto ci ha poi pensato Serghiei Lavrov. Il ministro degli Esteri ha accusato gli europei di “voler trasformare, insieme a Zelensky, l’iniziativa di pace di Trump in uno strumento per rafforzare l’Ucraina”, a dispetto delle idee della Casa Bianca. Mosca, in particolare, conta sul fatto che le rivendicazioni territoriali di Kiev, così come le garanzie di sicurezza, non interessino più di tanto a Washington.

Gli ucraini al contrario vogliono ricompattare i loro alleati. Zelensky, pur smentendo la resa nel Kursk, ha ammesso che la situazione al fronte è difficile per gli incessanti raid russi ed ha sottolineato che il nemico insiste nell'”ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato”. Nel frattempo il leader ucraino ha continuato a tessere la sua tela diplomatica. Così, in occasione dei funerali del Papa, ha cercato la sponda dei partner, ma anche del Vaticano. Come dimostrano gli incontri con il segretario di Stato Pietro Parolin ed il presidente della Cei Matteo Zuppi, che in passato erano stati mandati da Papa Francesco in missione a Kiev e l’arcivescovo di Bologna anche a Mosca.

Al termine dei quali Zelensky si è detto “grato per il sostegno al diritto all’autodifesa dell’Ucraina e anche al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al paese vittima. In seguito, l’ambasciatore ucraino, Andrii Yurash, ha fatto sapere che anche il faccia a faccia Zelensky-Trump ha “avuto il sostegno della Santa Sede: di tutti, non di una persona in particolare”. E se una trattativa diretta tra Mosca e Kiev ancora non appare all’orizzonte, gli Stati Uniti provano a stringere i tempi. “Questa settimana – ha spiegato il segretario di Stato Marco Rubio – cercheremo di determinare se le due parti vogliono veramente la pace e quanto sono ancora vicine o lontane dopo circa 90 giorni di tentativi”. E l’avvertimento è chiaro: “L’unica soluzione è un accordo negoziato in cui entrambi dovranno rinunciare a qualcosa che affermano di volere e dovranno dare qualcosa che non vorrebbero dare. In questo modo si mette fine a una guerra e questo è quello che stiamo cercando di fare”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto