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Camera e Senato, quasi fatta: La Russa e Molinari in pole position

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Subito i presidenti di Senato e Camera (La Russa e Molinari dati quasi per fatti), poi a cascata tutto il resto. Con il difficile bilancino – saldamente in mano a Giorgia Meloni – per calcolare pesi e contrappesi da distribuire tra gli alleati. E’ il totoministri, quello che il leghista Claudio Borghi oggi su Twitter accoglie con uno sbadiglio (“yawn”) e un avvertimento (“lo sapete vero che tutta la girandola di nomi e’ fatta apposta per far litigare, vero?”). Ma che a due settimane dal possibile incarico – lo dicono gli stessi fedelissimi della leader di Fdi – stringe le maglie e le indiscrezioni (“spesso totalmente inventate” twitta critico anche Guido Crosetto) iniziano ad avere contorni piu’ concreti. Tra queste, frutto dell’incontro di ieri ad Arcore, lo schema 5+5: ovvero cinque ministeri alla Lega e altrettanti a Fi (ma con il Carroccio, piu’ forte elettoralmente degli azzurri, a prendersi un ramo del Parlamento). Forza Italia, di contro, si vede avanti nelle quotazioni per gli Esteri con Antonio Tajani (il suo nome insiste anche per il dicastero della Difesa) che fa pesare un curriculum di 27 anni nelle istituzioni europee. Nome che darebbe quella “continuita’ con il Governo Draghi in alcuni aspetti su cui abbiamo condiviso alcune scelte” – per dirla con Adolfo Urso intervenuto a In Mezz’ora in piu’ su Rai 3 – “in politica estera e sulla difesa” oltre che sull’energia (riferimento per un possibile “ripescaggio” di Cingolani?). Discorso a parte sono i malumori che filtrano sia dalla Lega che da Forza Italia. Se Berlusconi continua ad impegnarsi in un difficile braccio di ferro per dare un incarico di “Fascia A” alla fedelissima Licia Ronzulli (Salute, Infrastrutture o Agricoltura, i desiderata), Salvini non molla l’idea del Viminale (non per se’, ormai) delle Riforme e Autonomie e – anche lui – delle Infrastrutture e Agricoltura. Ma nel computo dei ministeri in quota Lega, avverte, non si devono considerare eventuali tecnici d’area (leggi il prefetto Matteo Piantedosi). Gia’, i tecnici. Anche su questo Urso giunge a fare chiarezza: “nel Governo ci saranno tecnici d’area, personalita’ che per la loro storia hanno scelto un campo ed hanno condiviso il nostro programma, ma questo – assicura anche gli alleati – sara’ un Governo politico, con una maggioranza politica. Il primo dopo 11 anni”. New entry dell’ultima ora nel totoministri, sempre di ispirazione azzurra, e’ la Casellati per la Giustizia su cui non ci sarebbero particolari resistenze da parte della leader di Fdi ma che salterebbe la fila ai danni di Carlo Nordio (comunque destinato a un ministero di peso) e Giulia Bongiorno (le cui quotazioni per Largo Arenula sembrerebbero in flessione). Molto quotato il nome di Guido Bertolaso, carta nascosta di Fi in caso di veto sulla Ronzulli, alla Sanita’. Fdi, da parte sua, si prende il resto – compresa la potente casella del sottosegretario alla Presidenza con il fidatissimo Fazzolari (gia’ rinominato il “nuovo Gianni Letta”) che non sembra avere rivali. Un ministero economico di peso (lo Sviluppo Economico con piu’ deleghe) potrebbe essere destinato all’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato apprezzato dalle parti di via della Scrofa. Cio’ che resta scoperto, e che potrebbe essere una delle ultimissime scelte della Meloni premier, e’ il ministero dell’Economia. Tramontato lo spacchettamento, metabolizzata la pesante rinuncia di Fabio Panetta (su cui il pressing pero’ prosegue), i nomi che circolano per la scrivania che fu di Quintino Sella sono sempre quelli di Fabrizio Saccomanni, Dario Scannapieco, Ignazio Visco e, piu’ indietro, di Giorgetti (suo il nome in alternativa a Molinari per la guida di Montecitorio). Se, infine, dovesse confermarsi la volonta’ di un ministero della Famiglia (o Natalita’), in corsa ci sono Lavinia Mennuni, Isabella Rauti e Eugenia Roccella, tutte di Fdi, o le leghiste Simona Baldassarre e Erika Stefani (anche con la delega alla disabilita’ che ha tutt’ora).

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Corsa al Coni, domani altro incontro tra i n.1 federali

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Un ‘conclave’, seppur sportivo, la cui fumata bianca sembra ancora lontana. Appuntamento a domani pomeriggio, a Palazzo H, per il secondo incontro tra i presidenti federali e il n.1 del Coni, Giovanni Malagò, dopo quello andato in scena già prima di Pasqua.

Sul tavolo ci sono le elezioni presidenziali del comitato olimpico nazionale italiano con l’obiettivo di convergere all’unanimità, o quasi, verso un nome che possa rappresentare gli organismi sportivi per il prossimo quadriennio. Le elezioni sono fissate per il 26 giugno al CPO Giulio Onesti, le candidature potranno esser presentate fino al 5 di giugno e oggi sono tre i nomi: quello di Luciano Buonfiglio (presidente Federcanoa), Luca Pancalli (n.1 Cip in uscita) ed Ettore Thermes (velista e unico ad aver già oggi depositato la candidatura). E mentre Sport e Salute sembra stare alla finestra perché l’obbiettivo naturale è quello di una collaborazione con il Coni del futuro, nella riunione di domani i presidenti entreranno più nel vivo del dibattito.

Una parte di loro appoggia la candidatura di Buonfiglio anche se nessuno si sbilancia ancora sul n.1 FICK, nemmeno Malagò, che continua a tessere la tela e comunque per il suo ruolo Cio farà parte della prossima Giunta, a prescindere dall’eventualita’ che in caso di successo del suo candidato gli venga riconosciuto un ruolo onorifico, come fu per Nostini. Insomma, si attende domani; non si può escludere che esca anche un altro nome, ancora riservato, ma sempre interno al mondo federale verso il quale confluire i voti. Di contro c’è Pancalli, la cui candidatura, in questo momento, resta, seppur silenziosa, dopo il suo annuncio di voler concorrere alla poltrona Coni.

Dai primi exit poll se le elezioni fossero oggi e i candidati quelli citati, Buonfiglio sarebbe in vantaggio sul n.1 Cip, ma in due mesi possono succedere ancora tante cose e a fare da sfondo c’è sempre l’augurio di Gianni Petrucci, presidente FIP, a prescindere da chi sarà il prossimo presidente Coni. “Mi auguro che il successore di Malagò porti a una rappacificazione in Consiglio Nazionale perché abbiamo bisogno anche di Barelli e Binaghi”, aveva detto in occasione dell’ultima riunione, per un aspetto che potrebbe avere anche un peso nella scelta di quale candidato appoggiare il prossimo 26 giugno.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Esteri

Zelensky: situazione difficile ma resistiamo nel Kursk

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“Il Comandante in Capo Oleksandr Syrskyi ha fornito un aggiornamento sulla situazione in prima linea. In molte direzioni la situazione rimane difficile”. Lo scrive Volodymyr Zelensky su X. “Solo a mezzogiorno, si sono già verificati quasi 70 attacchi russi. Gli scontri si concentrano nelle direzioni di Pokrovsk, Kramatorsk, Lyman e Kursk”. E “le nostre forze continuano le operazioni difensive in aree specifiche delle regioni di Kursk e Belgorod”, ha assicurato, dopo che ieri Mosca aveva annunciato la completa riconquista del Kursk. Zelensky ha chiesto una rinnovata pressione sulla Russia ad accettare la tregua proposta dagli Usa.

Secondo Zelensky “la situazione in prima linea e l’azione dell’esercito russo dimostrano che l’attuale pressione globale sulla Russia non è sufficiente a porre fine a questa guerra. Presto saranno passati cinquanta giorni da quando la Russia ha iniziato a ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato, una proposta che l’Ucraina aveva accettato l’11 marzo”. Per questo motivo, “è necessaria una pressione più tangibile sulla Russia per creare maggiori opportunità per una vera diplomazia”, ha avvertito, ringraziando “tutti coloro che sono al fianco dell’Ucraina”.

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