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Calcio: la Fiorentina dura un tempo, il Lecce rimonta

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Si rivela amaro il debutto stagionale davanti ai propri tifosi per la Fiorentina: in vantaggio per 2-0 nel primo tempo con Nico Gonzalenz e Duncan, la squadra viola si è fatta rimontare nella ripresa da un Lecce che ripete l’impresa di una settimana fa quando, sotto di un gol con la Lazio, seppe in pochi minuti nel finale ribaltare il risultato, conquistando i tre punti. Stavolta i pugliesi ne raccolgono uno ma per come si era messa la gara è pesantissimo: Rafia ha accorciato, il debuttante Krstovic ha pareggiato i conti. Un campanello d’allarme per Italiano e il suo gruppo in vista del playoff di ritorno giovedì prossimo al Franchi contro il Rapid Vienna. Una gara assolutamente da vincere, dopo la sconfitta rimediata all’andata, per accedere ai gironi di Conference League. La Fiorentina si è presentata alla prima in campionato nel suo stadio con alcune novità, su tutte Lucas Beltran terminale d’attacco (esordio da titolare per l’italo/argentino) e prima volta assoluta per Christensen e Parisi.

In una formazione cambiata per 6/11 rispetto a giovedì Italiano ha confermato Nico Gonzalez, Milenkovic, Arthur e Bonaventura e rilanciato in difesa Quarta. Meno stravolgimenti per D’Aversa: fatta eccezione per Gallo inserito al posto di Dorgu il tecnico del Lecce ha schierato inizialmente gli stessi che una settimana fa hanno rimontato e battuto nel finale la Lazio, con Strefezza ancora centravanti sostenuto da Almqvist e Banda. Preceduta dalla passerella del pesista Fabbri, argento ai Mondiali di Budapest e grande tifoso della Fiorentina, e dall’omaggio dei giocatori viola al compagno Castrovilli operato di nuovo al ginocchio (foto di gruppo con la sua maglia numero 17), la partita è iniziata con qualche minuto di ritardo per problemi alla tecnologia dello staff arbitrale. Pronti via e la squadra di Italiano è passata subito con Nico Gonzalez, inzuccata vincente su corner di Duncani.

Il Lecce ha cercato di reagire con qualche incursione, soprattutto a sinistra con Banda,e ma i viola sfruttando il maggior tasso tecnico sono passati di nuovo al 25′, stavolta con Duncan libero di colpire su assist di Arthur innescato dall’applaudito Beltran. Un gol storico, il numero 4000 in Serie A per il club viola: il numero 3000 lo aveva realizzato Luca Toni il 18 settembre 2005. Lo stesso centrocampista ghanese poco prima dell’intervallo è andato vicinissimo al bis personale quando liberato da Gonzalez ha colpito il palo destro a tu per tu con Falcone. La squadra di casa è andata al riposo con un vantaggio meritato, intanto durante l’intervallo sul maxischermo venivano replicati la foto e il messaggio per Kata, la bimba peruviana di 5 anni scomparsa da Firenze da quasi 80 giorni.

Un iniziativa promossa dall’Associazione Penelope a cui ha aderito la società di Commisso. A inizio ripresa il Lecce, dimostrando capacità di reazione, ha riaperto il match accorciando con Rafia al primo gol nella massima serie: un gran tiro all’incrocio che ha costretto la Fiorentina, intenzionata a abbassare i ritmi pensando al ritorno con il Rapid, a non abbassare la guardia anche perché i pugliesi continuavano a spingere. Italiano inseriva Brekalo, Nzola e Mandragora per Sottil, Beltran (applaudito) e Arthur, D’Aversa dopo Dorgu e Kaba lanciava Krstovic e miglior debutto l’attaccante montenegrino non poteva sperare: suo il gol del pareggio, dopo appena 4′, su assist di Banda.

Comprensibile la gioia del Lecce e dei numerosi tifosi al seguito dopo la seconda rimonta di fila. Finale nervoso, Ferreri Caputi assegnava un rigore alla Fiorentina per un presunto tocco di mano in area di Gendrey ma il Var annullava per fuorigioco di Nzola. Dentro pure Infantino e Kouamé i viola provavano a riportarsi in avanti ma la stanchezza, il caldo e un Lecce comunque sempre attento impediva loro di festeggiare la prima vittoria in casa della stagione. E giovedì ci sarà un altro esame, stavolta per la Fiorentina da non fallire.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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