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Attentato bomba di un lupo solitario a Brasilia

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E’ allerta massima a Brasilia, dopo che un lupo solitario ha fatto esplodere due ordigni nella piazza dei Tre poteri, dove si trovano la Corte suprema, il Parlamento e Palazzo Planalto, sede della presidenza. Secondo le prime ricostruzioni, a breve distanza dai due scoppi davanti al tribunale, che hanno provocato la morte dell’attentatore, a circa cinquecento metri, è deflagrata un’auto carica di quelli che ad una prima analisi sembrano artefatti esplosivi artigianali, parcheggiata tra il tribunale e il Congresso.

Una terza bomba non è stata invece azionata. Nei primi momenti di concitazione la mente è corsa agli attacchi alla piazza dell’otto gennaio 2023, quando attivisti di destra entrarono e vandalizzarono i palazzi della democrazia. Ma quanto accaduto accresce anche la preoccupazione in vista del vertice dei leader del G20 di lunedì e martedì a Rio de Janeiro. Una testimone ascoltata dal sito di notizie Metrópoles ha raccontato di avere visto passare l’uomo a piedi e lanciare i due ordigni a distanza di pochi secondi, senza dire niente. Nella seconda esplosione l’uomo è morto davanti agli occhi di Lauana Costa, una dipendente della Corte dei Conti brasiliana.

La Piazza dei Tre poteri e la Spianata dei ministeri sono state isolate dalle forze di sicurezza, per il timore che possano esserci altri ordigni. I giudici della Corte suprema, che si trovavano riuniti, sono stati evacuati per sicurezza, ed è stata sospesa la seduta in Parlamento. Sul posto sono intervenute numerose auto della polizia e mezzi dei vigili del fuoco, che stanno procedendo ad un’attenta bonifica dell’area. Le autostrade N2 e S2, adiacenti alla Spianata sono state chiuse, mentre il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che aveva lasciato il Planalto prima delle esplosioni, segue gli sviluppi dalla residenza dell’Alvorada. Le autorità brasiliane hanno attivato l’Operazione scudo per la salvaguardia del palazzo della presidenza. Si tratta di un rinforzo della sicurezza nell’area esterna dell’edificio, che prevede anche l’attivazione dell’esercito.

Secondo le prime informazioni il proprietario dell’auto esplosa è un fabbro di 59 anni, Francisco Wanderley Luiz, che da mesi aveva lasciato la città di Rio do Sul, nello stato di Santa Catarina (nel sud del Brasile), dopo liti familiari, perdendo ogni contatto con i suoi parenti. Il figlio adottivo, Guilherme Antônio, intervistato dal sito di notizie Metrópoles, ha affermato che l’uomo “aveva dei problemi personali” con la partner “ed era molto scosso dalla situazione. E per questo se n’era andato con l’intenzione di andare in Cile”.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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