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Politica

Arriva il Sostegni bis, verso il rinnovo degli incentivi per l’auto

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Aiuti a famiglie e imprese comprese le filiere industriali piu’ colpite a partire da quella dell’auto: nella volata finale per chiudere il nuovo decreto Sostegni – che sarebbe lievitato a un centinaio gli articoli – spunta anche il tentativo di garantire un nuovo finanziamento degli incentivi per la rottamazione e l’acquisto di veicoli meno inquinanti, anche se sempre a benzina o diesel. Una voce che potrebbe pero’ non entrare nel testo base del provvedimento che sara’ domani in Consiglio dei ministri, per essere lasciata alle scelte parlamentari. Per le modifiche le Camere – chiuso con il voto finale di Montecitorio l’esame del Sostegni 1 – dovrebbero avere a disposizione 800 milioni sui circa 40 miliardi di extradeficit. Oltre la meta’ delle risorse andra’ alle aziende danneggiate dall’emergenza Covid tra contributi a fondo perduto, crediti di imposta per gli affitti, sconti Tari e pacchetto a sostegno della liquidita’. Altro capitolo di peso del decreto saranno le misure per accompagnare la fine del blocco dei licenziamenti: al lavoro dovrebbero andare tra i 4 e i 5 miliardi per l’introduzione di diversi strumenti, dagli sgravi al 100% fino a 6mila euro per il contratto di rioccupazione alle norme sui contratti di solidarieta’, la proroga di sei mesi della cassa per cessazione e l’estensione dei contratti di espansione alle imprese da 100 dipendenti in su che rappresentano, ha sottolineato il ministro Andrea Orlando, una “importante anticipazione” di nuove “forme di flessibilita’” verso la pensione di cui bisognera’ valutare “gli effetti” in vista della fine della sperimentazione di Quota 100. Altri 2-3 miliardi andranno alla sanita’ tra esigenze del commissario per l’emergenza (1,5 miliardi), smaltimento delle liste di attesa (500 milioni), fondi per vaccini e ricerca ma anche per istituire il nuovo codice di esenzione dal ticket per il monitoraggio di chi e’ stato ricoverato dopo il contagio. In arrivo anche un altro stop, fino alla fine di giugno, per le cartelle esattoriali. I giovani saranno al centro dell’attenzione con norme a favore dell’acquisto della prima casa, mentre per le famiglie piu’ in difficolta’ arriveranno anche altri 4 mesi di Reddito di emergenza e altri 500 milioni ai sindaci per aiuti con buoni spesa e affitti. La norma ‘salva-Comuni’ a rischio dissesto potrebbe invece essere inserita nel corso dell’iter di conversione del decreto. In parallelo alla chiusura del decreto Sostegni, il governo lavora anche a mettere a punto i tre provvedimenti chiave per attuare il Recovery Plan: il decreto sulla governance, quello sul reclutamento e, soprattutto, il decreto Semplificazioni. Quest’ultimo avrebbe dovuto essere presentato entro domani, come si era impegnato il governo nelle schede progetto inviate a Bruxelles, ma la complessita’ della materia, un tentativo di snellire gli interventi e se possibile accorpare almeno due dei tre testi, insieme a una serie di divergenze tra i ministeri coinvolti ne hanno rallentato la gestazione. Le differenze di vedute, in particolare tra i ministri Dario Franceschini e Roberto Cingolani sulle procedure per le autorizzazioni da parte delle soprintendenze, ancora non sarebbero del tutto ricomposte ma si starebbe lavorando a una mediazione e domani ci potrebbe essere una prima riunione per il lavoro di sintesi tra le varie norme. Si trattera’ di un pacchetto “accelerazioni” ha assicurato Cingolani, ponendosi come obiettivo di aumentare di 10 volte velocita’ ed efficienza della commissione per la Via, la valutazione di impatto ambientale, che dovra’ lavorare “7 giorni su 7” e non impiegare piu’ “mille giorni” per dare il suo responso. Altra questione delicata quella degli ostacoli per l’accesso al Superbonus 110% che dovrebbe essere semplificato in particolare per i condomini e potrebbe essere esteso ad alberghi e impianti sportivi. In attesa della proroga per tutti al 2023 che dovrebbe arrivare con la manovra e, ha annunciato il sottosegretario al Mite Vannia Gava, con uno stanziamento di altri 8 miliardi.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Politica

Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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