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Arriva il piano post covid. Regioni, via tutte le misure

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Curve Covid stabili. Verso l'estate senza mascherine

Un percorso di allentamento delle misure anti-Covid da aprile, dopo la fine dello stato di emergenza, “basato sull’evidenza scientifica e sul quadro epidemiologico”. Nonostante le incertezze della curva pandemica, il Governo e’ pronto a stilare la road map per portare il Paese verso il ritorno a una definitiva normalita’ dopo oltre due anni di pandemia, anche per rilanciare il turismo: l’ipotesi e’ di cancellare da subito l’obbligo del Green pass per ristoranti e bar all’aperto, cosi’ come per l’accesso negli hotel, ed eliminare il ‘rafforzato’ per i trasporti (basterebbe quindi avere un tampone negativo). Attualmente l’ultima tappa che prevede il ‘capolinea’ per tutte le restrizioni dovrebbe essere il 15 giugno, quando e’ prevista la fine dell’obbligo vaccinale per gli over 50, ma anche questa data potrebbe essere rimessa in discussione nel Cdm di domani. Uno step importante dovrebbe essere il mese di maggio, quando ristoranti e altri locali al chiuso potrebbero essere accessibili anche senza certificato verde. I governatori pero’ chiedono di anticipare il passo: “abbiamo sottoposto al Governo una proposta di piano d’azione in vista del prossimo provvedimento che dovra’ regolamentare la transizione dopo la cessazione dello stato di emergenza con l’obiettivo che, ove le condizioni epidemiologiche lo permettano, si possa gia’ ipotizzare l’abbandono delle restrizioni entro Pasqua”, spiega presidente Massimiliano Fedriga, al termine della Conferenza delle Regioni. I presidenti chiedono in un documento anche che il bollettino giornalieri dei dati del contagio diventi settimanale, di mantenere la misura dell’isolamento solo per i soggetti positivi al Covid e sintomatici e di mantenere solo temporaneamente il Green Pass base per stadi e concerti. Proprio la capienza degli stadi dovrebbe tornare al 100% (ma si preme per una deroga per la partita della Nazionale del 24 marzo) mentre per i palazzetti le percentuali dovrebbero aumentare progressivamente. Mascherina e Green pass, invece, rimarranno ancora per settimane nei luoghi chiusi. Un altro dei punti su cui sarebbe orientato il governo sarebbe lo stop dell’obbligo del Super pass per gli over 50 sul posto di lavoro: potrebbe bastare quello ‘base’: sono in corso interlocuzione per stabilire quando introdurre l’allentamento. I numeri pero’ ricominciano a crescere assieme ai timori di nuove mutazioni del virus. Visto il momento di incertezza, una possibile mediazione potrebbe arrivare con delle verifiche intermedie per capire se e quanto alleggerire ulteriormente le restrizioni, come ad esempio l’obbligo di Green pass al chiuso o l’uso della Ffp2. “La variante Omicron 2, che ha una maggiore capacita’ di trasmettersi, e’ quella che in qualche maniera abbiamo avuto modo di conoscere ed e’ anche quella che sta aumentando il numero dei contagi, a fronte di un impegno clinico che pero’ non e’ minimamente paragonabile alla variante Delta”, spiega Fabio Ciciliano, medico e membro del Cts, secondo il quale abbandoneremo le mascherina al chiuso con la riduzione dei numeri e solo allora potrebbe essere non piu’ obbligatorio indossarle. A chiarire una serie di punti sara’ il Cdm delle prossime ore che – spiega il ministro Roberto Speranza – definira’ un cronoprogramma di accompagnamento di uscita dallo stato di emergenza che non verra’ rinnovato. Se siamo in una fase nuova e’ grazie alla campagna di vaccinazione e dobbiamo insistere perche’ milioni di persone devono fare ancora prima dose”. Lo stato di emergenza, ha spiegato Speranza, “non verra’ rinnovato e noi offriremo un percorso come sempre basato sull’evidenza scientifica e sul quadro epidemiologico”. “Ribadisco – ha concluso – che se siamo in una fase nuova e’ prima di tutto grazie alla campagna di vaccinazione e su questo dobbiamo continuare ad insistere: ogni vaccino in piu’ somministrato e’ uno scudo che ci consentira’ di rendere il nostro Paese piu’ forte”. L’allentamento riguardera’ anche la scuola. “Certo, saremo molto cauti, c’e’ il tema degli studenti arrivati dall’Ucraina” non tutti vaccinati, “come quello della risalita dei contagi, ma abbiamo visto che con tutte le cautele l’alleggerimento e’ possibile”, spiega dell’Istruzione Patrizio Bianchi. A scuola si continuera’ comunque ad andare con la mascherina, “sicuramente con quella chirurgica”, specifica il ministro, e poi “ci sono gia’ le regole per cui chiediamo di rimanere a casa con 37,5”. Per quanto riguarda l’obbligo di vaccinazione degli insegnanti, Bianchi ricorda che la norma dice che e’ “fino al 15 giugno, ma domani vediamo”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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