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Cronache

Argini e casse espansione, quei lavori mai fatti sul Misa

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Opere attese “da 30 anni” e ritenute “urgenti e prioritarie” anche nel 2009, con le risorse per farle a disposizione, ma poi bloccate o rallentate da passaggi di competenza tra enti, appalti e subappalti, lavori completati solo in parte o mai partiti. E’ una storia di ordinaria burocrazia quella delle opere per la messa in sicurezza del fiume Misa, esondato in piu’ punti nella notte del 15 settembre dopo la bomba d’acqua che ha colpito le Marche provocando 11 morti e danni ingenti. Ma e’ anche una storia che incrocia politica e inchieste giudiziarie. Secondo gli esperti, gli effetti disastrosi si sarebbero potuti mitigare con l’innalzamento degli argini e la realizzazione di casse di espansione, gia’ indicati in alcuni documenti del 2009 come “urgenti e prioritarie” e tornati alla ribalta dopo l’alluvione di Senigallia del 2014, che causo’ anch’essa decessi e danni. In quell’occasione vengono stanziati i primi fondi per i lavori: secondo Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio in visita a Senigallia, c’erano i soldi per fare la cassa di espansione, un’opera che avrebbe consentito di ridurre la portata di piena del corso d’acqua: a disposizione 45 milioni ed era anche pronto il progetto. “Trovo incredibile che questa opera non sia stata fatta per ritardi burocratici” ha detto oggi. Quattro anni dopo, nel 2018, vengono bandite due gare d’appalto per la manutenzione del fiume, con rifacimento degli argini e pulizia dell’alveo. Ma un anno e mezzo dopo il progetto si ferma per problemi sulle procedure di Via, la Valutazione di impatto ambientale. Nel 2021, la Regione Marche, per non perdere uno stanziamento di oltre 900mila euro, rimodula il finanziamento con un nuovo progetto esecutivo a cura del Genio civile e finalmente, lo scorso aprile, viene consegnato il cantiere per le vasche di espansione in zona Bettolelle a Senigallia. Proprio il punto dove e’ morto un anziano. Ma gli appalti in questo caso finiscono, insieme a quelli per altri fiumi, sotto la lente della Procura di Ancona, che arresta funzionari pubblici e imprenditori privati per turbativa d’asta. L’inchiesta e’ ancora in corso. Anche l’alluvione dei giorni scorsi e’ subito finita all’attenzione della Procura, che ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per omicidio colposo plurimo e inondazione colposa. I carabinieri hanno prelevato della documentazione in Regione e domani sono in programma sopralluoghi nelle aree colpite. Due i filoni di indagine: il primo riguarda l’allertamento della popolazione, che non c’e’ stato perche’ – come pare ormai accertato – i bollettini meteo non segnalavano livelli di precipitazioni preoccupanti; il secondo punta a rilevare eventuali responsabilita’ e negligenze negli interventi di manutenzione (fatti, non fatti, fatti male) sui corsi d’acqua che hanno causato le inondazioni. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Protezione civile della Regione Marche ha parlato di “un fenomeno meteo impossibile da prevedere nella sua intensita’ e sviluppo con le attuali conoscenze disponibili”. Ecco perche’ non e’ stato diramato alcun bollettino di allerta rivolto alla popolazione residente nelle aree colpite. I Carabinieri hanno acquisito documentazione in merito negli uffici regionali da mettere a disposizione della Procura. Ma i Forestali si stanno occupando anche dei lavori di manutenzione e pulizia dei corsi d’acqua esondati. E i sopralluoghi nei punti dove i fiumi hanno superato gli argini serviranno proprio a verificare eventuali negligenze. Accertamenti sono poi in corso anche presso la Regione e gli enti coinvolti nelle opere. Il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti scuote la testa: “in tanti anni e’ stato fatto troppo poco”. “Nel 2015 abbiamo fatto un lavoro di ricognizione delle risorse, mettendo insieme quelle delle Province, statali, regionali e anche fondi Ue – spiega l’ex presidente della Regione MarcheLuca Ceriscioli -, non abbiamo mai tolto un euro per quell’intervento, anzi li abbiamo aggiunti. Ma la verita’ e’ che in Italia e’ impossibile fare lavori, c’e’ troppa burocrazia”. E cosi’, lavori dichiarati urgenti e prioritari 13 anni fa, sono a stento partiti.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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