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Esteri

Appello dei media italiani, liberate Gershkovich

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In una lettera-appello al neo ambasciatore russo a Roma, Alexei Paronov, i direttori di un gruppo di testate giornalistiche italiane ha chiesto che venga liberato subito Evan Gershkovich, il giornalista del Wall Street Journal arrestato e incriminato in Russia per spionaggio, esprimendo “sconcerto e preoccupazione” e la “ferma condanna di questa decisione”.

L’iniziativa, firmata dei direttori Luciano Fontana (Corriere della Sera), Claudio Cerasa (Il Foglio), Massimo Giannini (La Stampa), Massimo Martinelli (Il Messaggero), Maurizio Molinari (La Repubblica), Agnese Pini (Qn Quotidiano nazionale, Il Giorno, La Nazione e il Resto del Carlino) e rilanciata dai siti degli stessi quotidiani, arriva tre giorni dopo l’incriminazione formale del giornalista, il primo accusato di spionaggio dalla fine della Guerra Fredda, e dopo che il ministero degli Esteri di Mosca ha detto chiaro e tondo che “i tentativi di pressione sulla Russia per il rilascio del giornalista del Wsj sono “inutili”. “Le scriviamo, al pari di quanto hanno fatto degli autorevoli nostri colleghi europei e statunitensi verso i rappresentanti diplomatici della Federazione Russa a Washington e Parigi, per esprimere tutta la nostra profonda preoccupazione e il nostro sconcerto – si legge nella lettera – per l’arresto e l’incriminazione a Mosca di Evan Gershkovich, giornalista del Wall Street Journal.

A nome dei giornalisti italiani che lavorano per le nostre testate e ritenendo di farci interpreti di un sentimento diffuso nell’opinione pubblica del Paese vogliamo rappresentare la nostra ferma condanna di questa decisione e intendiamo aggiungere la nostra voce a quella di chi sta chiedendo che Gershkovich venga subito rilasciato”. Gershkovich, ricordano i direttori, “è uno stimato e serio professionista. Nonostante la sua giovane età, ha una lunga carriera da giornalista, con diversi anni trascorsi in Russia. “Corrispondenti stranieri lavorano in Russia da prima della Rivoluzione – si legge ancora – ed esercitando il diritto-dovere di cronaca hanno contribuito a raccontare il ruolo centrale che il suo Paese ha sempre avuto in Europa e nel Mondo.

Questo essenziale canale di dialogo e confronto – conclude il messaggio – rischia di scomparire se le autorità russe confermeranno le scelte che hanno portato all’arresto di Gershkovich”. Il 31 marzo, il giorno dopo, l’arresto è stato condannato dalla Federazione internazionale dei giornalisti (Ijf). Il 2 aprile 38 direttori di testate in tutto il mondo, fra cui Giuseppe De Bellis del SkyTg24, hanno fatto appello per il rilascio di Gershkovich all’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov; il 4 aprile hanno fatto lo stesso i direttori di 22 testate francesi al rappresentante russo a Parigi. Per Gershkovich si sono mobilitati anche i giornalisti indipendenti russi.

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Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Esteri

Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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