L’ex segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha annunciato la sua uscita dal gruppo parlamentare del Partito Democratico al Senato per aderire a Italia Viva. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha spiegato le ragioni della sua decisione, maturata dopo una lunga riflessione.
“È una scelta sofferta, maturata dopo una lunga riflessione. Ringrazio le colleghe e i colleghi e la segretaria Schlein per questi due anni importanti di lavoro, ma la mia decisione purtroppo non poteva più attendere”, ha dichiarato Furlan.
Le divergenze sul lavoro e sul salario minimo
Il punto di maggiore distanza con il PD riguarda il tema del salario minimo. Furlan, con una lunga esperienza sindacale alle spalle, non condivide l’idea di fissare per legge un minimo salariale, temendo che possa indebolire la contrattazione collettiva.
“Il tema del lavoro è per me caratterizzante, rappresenta l’impegno di una vita. Molto spesso mi sono trovata a non condividere alcune scelte del PD, come il salario minimo legale. Fissarlo per legge rischia di indebolire la contrattazione: per me sono i contratti nazionali firmati da Cgil, Cisl e Uil a definire i minimi salariali”, ha spiegato.
L’adesione a Italia Viva: “Serve un centro forte e strutturato”
Furlan ha scelto di aderire al gruppo di Italia Viva, guidato da Matteo Renzi, perché lo considera un partito riformista, essenziale per costruire un centrosinistra competitivo.
“Italia Viva è un partito profondamente riformista, una componente essenziale nel centrosinistra. Senza un centro forte e strutturato non si vince e non si può essere attrattivi verso i riformisti”.
La legge sulla partecipazione dei lavoratori e la rottura con il PD
Un altro tema chiave che ha spinto Furlan a lasciare il PD è stata la gestione della legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese, promossa dalla Cisl e sostenuta da oltre 400.000 firme.
“Ho molto sofferto il dibattito interno su questa legge. È vero che il governo di destra ha falcidiato alcune parti fondamentali del testo, ma avrei dato più valore al fatto che il nostro Paese, come previsto dalla Costituzione, riconosce il lavoro partecipativo”.
La decisione del PD di astenersi su un provvedimento così importante per il suo percorso politico è stata determinante per la rottura.
“Non avrei affidato a questo Parlamento, a maggioranza centrodestra, una scelta così delicata. Bastano un paio di emendamenti per creare seri problemi alle relazioni industriali e ritrovarsi con una pletora di sindacati poco rappresentativi ai tavoli negoziali. Ci vuole più riformismo quando si parla di lavoro e relazioni industriali”, ha aggiunto.
Il futuro del centrosinistra e l’Europa
Furlan ha poi affrontato il tema delle alleanze nel centrosinistra, sottolineando la necessità di costruire una coalizione unita e competitiva per offrire un’alternativa credibile al governo Meloni.
“Dove non si è applicata la politica dei veti e si è corso uniti, come in Emilia-Romagna, in Umbria e in tanti comuni, si è vinto. Mi auguro sarà lo stesso a Genova con Silvia Salis. Dove hanno prevalso veti e divisioni, come in Liguria, si è perso”.
A suo avviso, il tema chiave su cui il centrosinistra dovrebbe convergere è la costruzione degli Stati Uniti d’Europa, soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi geopolitici:
“Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni, dagli attacchi di Trump all’umiliazione inflitta a Zelensky fino ai dazi, ci richiama con forza a un impegno per un’Europa più forte e unita”.