Rappresentare “i bambini di oggi che vogliono cambiare il mondo” e “le giovani generazioni che sono molto coinvolte nella difesa dell’habitat naturale. I bambini come Julia (interpretata nel film da Ariana Greenblatt, ndr) sanno quello che succede agli animali, agli elefanti e ai gorilla e sono arrabbiati, vogliono dire la loro sulla preservazione degli animali, su certi tipi di cattivita’ e contro il bracconaggio. E’ importante nel film mostrare come l’azione possa portare un cambiamento”.
Angelina Jolie. La diva presta la sua voce ed è comproduttrice del family movie ‘L’unico e Insuperabile Ivan’
E’ uno dei motivi, spiega nel press junket internazionale, Angelina Jolie, che l’ha spinta a dare voce a uno degli animali protagonisti (la saggia elefantessa Stella) e a coprodurre il family movie ‘L’unico e Insuperabile Ivan’, mix di live action e cgi, firmato da Thea Sharrock che ha debuttato in Italia al Giffoni Film Festival e sara’ in esclusiva su Disney+ dall’11 settembre. E’ l’adattamento dell’omonimo bestseller mondiale per bambini di Katherine Applegate (premiata nel 2013 con la Medaglia Newbery come autore del migliore libro americano per ragazzi), ispirato alla vera storia di Ivan, gorilla silverback che dopo essere finito nelle mani dei bracconieri in Congo, ha passato 27 anni come attrazione in gabbia in un centro commerciale a Tacoma, Washington, prima di poter trovare, grazie a una mobilitazione popolare, una nuova piu’ adeguata ‘casa’.
A doppiare il protagonista gorilla nel film, tanto minaccioso nell’aspetto, quanto sensibile, e’ Sam Rockwell, convinto che “Ivan possa insegnarci qualcosa di bello anche su come attraversare il momento di isolamento che stiamo vivendo”, spiega l’attore. Ad esempio, “far affidamento sugli amici e la famiglia” chiosa Danny DeVito, che da’ voce a Bob (in italiano e’ doppiato da Stefano Fresi), cane randagio diventato miglior amico di Ivan dal quale viene ospitato nel piccolo zoo/circo, condiviso con altri amici animali, come Stella, l’elefantina Ruby la brillante gallina Henrietta (doppiata in originale da Chaka Khan e in italiano da Paola Minaccioni), la foca iperstressata Frankie e il bizzarro coniglio/pompiere Murphy (doppiato in Italiano da Federico Cesari). Proprietario degli animali e presentatore dei loro spettacoli e’ Mack (interpretato da Bryan Cranston), “un uomo con dei difetti, ma che cerca di raddrizzare le cose – dice l’attore -. Lui si maschera e solo verso la fine capisce chi sia veramente”. Confidente di Mack e’ l’elegante barboncina Snickers, che ha la voce di Helen Mirren: “La natura e gli animali sono cosi’ fortemente parte della nostra vita – spiega l’attrice -. Questa pandemia e’ un’ulteriore dimostrazione di quanto siamo interconnessi”. Per la regista Thea Sharrock e lo sceneggiatore Mike White (anche voce di Frankie, ndr) e’ stato fondamentale nel film “catturare l’aspetto emotivo di una storia cosi’ potente. Katherine Applegate ha realizzato un racconto che entra subito in sintonia con i bambini, l’ho visto anche nei miei figli. Si identificano nel viaggio di Ivan”. Sono grandi fan della storia anche i figli piu’ piccoli di Angelina Jolie, che le hanno fatto venire l’idea di lavorare a un adattamento: “Sarebbe stato facile semplificare la trama facendo un film divertente e con un po’ di action, ma la Disney e tutti noi coinvolti abbiamo voluto rispettarne la complessita’ – sottolinea -. Non e’ un film leggero, ci sono temi profondi anche se e’ affascinante, divertente e pieno di vita”. Per l’attrice premio Oscar, che ritroveremo fra i protagonisti dell’atteso superhero movie Gli eterni e del thriller Those who wish me dead, il tempo piu’ prezioso e’ quello passato proprio con i figli: “sono loro la mia creativita’, quando inventiamo storie e scherziamo insieme, o li guardo sviluppare la propria individualita’”. Un legame speciale Angelina Jolie l’ha creato anche con Brooklynn Prince, 10 anni, che nel film da’ voce all’elefantina Ruby: “Ai Critics Choice Award ho detto ad Angie (cosi’ la chiamano i compagni di set, ndr) che avremmo dovuto vestirci da elefanti mentre doppiavamo i nostri personaggi. Cosi’ ho convinto mia mamma a comprare due pigiamoni a forma di elefante per noi. Lei quando l’ha visto se l’e’ messo subito”. E’ “come – aggiunge Angelina Jolie sorridendo – se avessimo formato una nostra famiglia di elefanti”.
Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.
Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»
Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.
«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».
Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»
Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.
«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».
Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica
Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.
Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.
“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.
Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.
La guerra dei dazi fa salire la tensione fra Donald Trump e Jeff Bezos. Mentre Amazon lancia la sfida a Starlink mandando in orbita il suo primo lotto di satelliti internet, la Casa Bianca critica duramente il colosso delle vendite online per essere pronto – secondo le indiscrezioni di Punchbowl – a evidenziare nei prezzi dei suoi prodotti l’impatto dei dazi. “E’ un atto politico e un atto ostile”, ha detto senza mezzi termini la portavoce Karoline Leavitt, chiedendosi come mai la società non lo abbia fatto “quando l’amministrazione Biden ha fatto salire l’inflazione ai massimi da 40 anni”.
Le pesanti critiche sono state seguite dalla smentita di Amazon. “Il team che gestisce il nostro negozio ultra low cost Amazon Haul ha preso in considerazione l’idea di indicare i costi di importazione su alcuni prodotti. Ipotesi che non è mai stata approvata e non verrà attuata”, ha detto un portavoce sottolineando l’idea “non è mai stata presa in considerazione per il sito maggiore di Amazon”. La spiegazione di Amazon, secondo quanto riportato da Cnn, sarebbe stata preceduta dalla telefonata ‘frustrata’ di Trump a Bezos, il miliardario in prima fila al giuramento del presidente insieme alla sua futura moglie Lauren Sanchez. Una telefonata confermata dal presidente: “E’ stato fantastico, ha risolto il problema molto rapidamente e ha fatto la cosa giusta. Ho apprezzato”.
I rapporti di Trump e Bezos si erano distesi con il secondo mandato presidenziale: se nei primi quattro anni alla Casa Bianca il tycoon non ha risparmiato critiche al fondatore di Amazon, soprattutto per il suo controllo del Washington Post, ora invece fra i due ci sarebbe un legame vero. Bezos è andato diverse volte a Mar-a-Lago e ha visitato più volte la West Wing della Casa Bianca per incontrare Trump, oltre ad aver messo il bavaglio alla pagina degli editoriali del quotidiano del Watergate, ordinando che si scriva soltanto di “libertà personali e libero mercato”. Per Bezos la posta in gioco è alta considerato che il ‘first buddy’ Elon Musk è il maggiore rivale nella sua corsa allo spazio. Dopo anni di ritardo, Amazon ha finalmente lanciato i suoi satelliti internet del Progetto Kuiper nel tentativo di recuperare il terreno perso con Starlink. Bezos ha investito più di 10 miliardi di dollari nel progetto e intende utilizzare questa rete di satelliti per fornire un accesso a internet ad altissima velocità da ogni angolo del mondo, comprese le aree remote e le zone di guerra o disastrate.
Un’impresa non facile visto lo strapotere spaziale di Musk che, però, rischia di pagare anche con Starlink la sua vicinanza a Trump. Lo scontro (rientrato) fra Trump e Bezos mostra, secondo molti osservatori, il pugno duro della Casa Bianca contro qualsiasi società che metta in dubbio le sue mosse. Se Amazon avesse messo in evidenza l’impatto dei dazi nei prezzi dei suoi prodotti, decine di altre aziende avrebbero seguito la stessa strada per difendere la loro reputazione dalla possibile ira dei consumatori contro i rincari, con il rischio di alimentare le critiche a Trump e minare la sua agenda. Per cercare di attenuarne l’impatto Trump ha firmato un ordine esecutivo per allentare la pressione dei dazi sulle case automobilistiche mentre la Casa Bianca lavora ad accordi commerciali.
“Penso che abbiamo un accordo con l’India”, ha detto il presidente criticando allo stesso tempo al Cina. In un’intervista a Abc di cui sono stati diffusi degli estratti, il presidente ha messo in evidenza che Pechino “merita” tariffe al 145%. “Abbiamo una cornice di intesa con la Corea del Sud. Le trattative vanno bene anche con il Giappone”, ha aggiunto il segretario al Tesoro Scott Bessent. A chi gli chiedeva di come andassero i negoziati con l’Ue, Bessent ha risposto: “Posso rifarmi alle dichiarazioni di Henry Kissinger, ovvero chi chiamo? Alcuni Paesi europei”, come la Francia e l’Italia, “hanno imposto ingiuste tasse sui servizi digitali per i nostri internet provider. Altri Paesi non le hanno. Vogliamo veder queste tasse ingiuste rimosse”.