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Cronache

Altra grana per la Procura di Milano: ora manca il piano organizzativo

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La mancanza del piano organizzativo della Procura di Milano e le dure critiche al dipartimento ‘Affari Internazionali-Reati Economici Transnazionali” fortemente voluto dal Procuratore Francesco Greco e affidato all’aggiunto Fabio De Pasquale da anni impegnato nella caccia di tangenti all’estero, dalla Nigeria all’Algeria, fino al Congo e al Kazakistan. Dovra’ affrontare anche questo la settima commissione del Csm chiamata a pronunciarsi sul ‘Caso Milano’ e quindi anche sulla gestione complessiva dell’ufficio che fu teatro della stagione di Mani Pulite. Palazzo dei Marescialli, dove ieri sono stati ascoltati quasi tutti gli aggiunti milanesi e di Alberto Nobili, il responsabile dell’antiterrorismo, invitati a descrivere il clima della Procura alla luce dello ‘scontro’ tra il pm Paolo Storari da un lato e Greco e uno dei suoi vice, Laura Pedio (anch’essa sentita) nato dopo le dichiarazioni di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria, avra’ anche il compito di affrontare un tema piu’ tecnico ma non secondario e che ha creato malumori serpeggianti ora venuti a galla. Tema che riguarda la linea programmatica dell’attivita’ e la distribuzione dei compiti che un ‘capo’, come prevede l’ordinamento giudiziario, e’ tenuto dare. Invece si e’ scoperto che qualche giorno fa il consiglio giudiziario – l’organismo territoriale di autogoverno delle toghe – ha segnalato al Consiglio Superiore della Magistratura di non aver potuto trasmettere il nuovo piano organizzativo della Procura perche’ non e’ stato depositato. Cosi’ come non e’ stato depositato nemmeno decreto di conferma di quello precedente, il quale pero’ e’ ancora al vaglio del Csm, per via dei molti rilievi fatti dai pm. Come si legge negli atti ufficiali, ai primi di marzo dell’anno scorso, sono stati in 27 a criticare duramente il piano 2017-2019: in particolare, hanno osservato i pubblici ministeri, avrebbero dovuto essere forniti dati piu’ analitici, come quelli sul flusso dei fascicoli assegnati e del loro peso e complessita’, sul dipartimento guidato da De Pasquale che tra l’altro ha istruito i processi che riguardano Eni in Algeria (tutti assolti in appello), in Nigeria (a breve verra’ depositato l’appello contro l’assoluzione in primo grado degli imputati) e in Congo. Invece i numeri forniti da Greco sull’attivita’, essendo riferiti solo al 2019 e non al triennio, hanno impedito “alla radice” di valutare se la produttivita’ fosse tale da giustificare i 6 pubblici ministeri, di cui un aggiunto, e altri 3 magistrati ‘fuori quota’, o se tale squadra non fosse sproporzionata rispetto a quella di altri dipartimenti “in grave sofferenza” dal punto di vista dei fascicoli da trattare e dell’organico. Una questione questa, e non la sola, che da tempo ha generato uno scontento generalizzato e mai risolta. Tant’e’ che verra’ trattata domani dal Csm assieme agli altri punti di un piano organizzativo non ancora approvato e gia’ scaduto. Intanto continuano a crescere le adesioni alla lettera di sostegno al pm Paolo Storari, nei cui confronti il pg della Cassazione Giovanni Salvi ha chiesto al Csm il trasferimento cautelare d’urgenza e il cambio di funzioni per il caso dei verbali di Amara. Nel primo pomeriggio i magistrati, di cui un gruppo in servizio nelle sedi sparse in tutta Italia, che hanno sottoscritto il documento erano oltre 210. Documento che Storari dopodomani mostrera’ alla commissione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura proprio per spiegare di non essere incompatibile con i suoi colleghi e con l’ambiente giudiziario di Milano.

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Ucciso con una fiocina, l’omicidio in assenza di una minaccia

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In assenza di una minaccia diretta, per sé e per la propria compagna, uccise un 23enne con un colpo di fiocina sparata da un fucile subacqueo in via Cilea a Sirolo (Ancona) il 27 agosto del 2023: un omicidio che non sarebbe scaturito dall’iniziale “diverbio stradale” ma dal successivo intervento dei fratelli della vittima, uno dei quali lo colpì con un pugno per il quale l’omicida intese “vendicarsi”.

Lo scrive la Corte d’Assise di Ancona nella motivazione della sentenza con la quale, il 21 gennaio scorso, ha condannato a 18 anni di carcere Melloul Fatah, 28 anni, per l’omicidio volontario, senza l’aggravante dei futili motivi, di Klajdi Bitri, albanese 23enne. Il delitto avvenne di primo pomeriggio a seguito di un litigio per motivi stradali, all’altezza di una rotatoria. Si era creato un ingorgo di auto e dopo vari insulti, che avevano coinvolto anche parenti e amici della vittima, Fatah era tornato al proprio veicolo per prendere la fiocina e puntarla al petto del giovane poi deceduto. Subito dopo era risalito a bordo dell’auto, dove si trovava anche la fidanzata, e se ne era andato.

Era stato arrestato prima di cena, a Falconara, dai carabinieri. L’imputato, difeso dall’avvocato Davide Mengarelli, ha sostenuto di non essersi accorto del colpo mortale e di aver preso il fucile solo per spaventare il gruppetto che gli dava addosso. Secondo i giudici, però, la sua versione non è plausibile. “Ha scelto in totale autonomia di inseguire, in assenza di qualsivoglia minaccia, per sé e per la propria compagna, – scrive la Corte a proposito dell’imputato – di prelevare il fucile elastico con fiocina a tre punte, che utilizzava per la pesca subacquea, di imbracciarlo e di puntarlo alla vittima che in piedi, dietro la Mercedes, dopo pochi attimi decedeva nell’impotenza e nello sconforto generale”. Secondo la Corte, il 28enne agì per vendicare il pugno che aveva subito nella lite: “compreso di non poter prevalere e attesa l’inferiorità numerica – osserva nella sentenza il presidente della Corte Roberto Evangelisti – non reagiva e si dirigeva verso la propria auto dando l’impressione di desistere e di voler riprendere la marcia, apparenza però ingannevole poiché il fine che muoveva Melloul era antitetico”. La fidanzata “non aveva eccepito alcun pericolo, per nulla allarmata si chinava a recuperare gli occhiali caduti in precedenza al fidanzato nel corso dello scontro con la vittima e i suoi amici”.

La Corte ripercorre i drammatici attimi dell’omicidio: Fatah “ha premuto a distanza di circa due metri e mezzo il grilletto del suo fucile subacqueo munito di tridente contro Klajdi, facile bersaglio in quanto in posizione eretta, disarmato e impossibilitato a opporre qualsivoglia difesa se non tentare di disporsi in posizione di chiusura alzando il ginocchio sinistro in funzione di scudo”. I familiari della vittima erano parte civile nel processo con gli avvocati Marina Magistrelli e Giulia Percivalle.

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Indossa un passamontagna al porto di Ischia ed evade dai domiciliari: arrestato un 21enne

A Ischia, un 21enne evade dai domiciliari e tenta di imbarcarsi per Napoli con un passamontagna: riconosciuto e arrestato dai Carabinieri.

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Iniziamo questa storia dalla fine, da un epilogo inaspettato, frutto di una scelta maldestra di un 21enne di Barano d’Ischia. Il giovane si trovava in fila al porto, pronto a imbarcarsi su uno degli ultimi traghetti della giornata con destinazione Napoli. Nulla di strano, se non fosse per un dettaglio singolare: indossava un passamontagna.

Alcune persone presenti hanno manifestato curiosità, altre preoccupazione. A porsi domande sono stati anche i Carabinieri del nucleo radiomobile di Ischia, impegnati nei controlli serali. Avvicinatisi al giovane, gli hanno chiesto di mostrare il volto. A quel punto, come in un colpo di scena da film, il ragazzo ha tolto il passamontagna e si è dato alla fuga verso una pineta.

Riconosciuto e arrestato dopo l’inseguimento

I militari lo hanno inseguito, bloccato e immediatamente riconosciuto: era lo stesso giovane che poche ore prima aveva rubato uno scooter, fuggendo tra le strade di Ischia e venendo arrestato dai Carabinieri. Dopo il primo arresto, era stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Questa volta, in manette per la seconda volta nel giro di poche ore, il 21enne dovrà rispondere anche dei reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. In attesa dell’udienza in Tribunale, resterà in camera di sicurezza.

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Campione di poker non dichiara vincite, recuperati 1,5 milioni

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Considerato uno dei migliori giocatori al mondo di poker live , non avrebbe mai dichiarato le proprie vincite. Enrico Camosci, 31 anni, bolognese, è stato sottoposto ad una verifica fiscale dalla Guardia di Finanza, nucleo operativo metropolitano di Bologna. La ricostruzione della sua posizione, preventivamente condivisa con la locale Agenzia delle Entrate e da cui è successivamente scaturita la denuncia per omessa dichiarazione, è stata fatta anche attraverso la ricerca di informazioni sui siti specializzati e sui social, consentendo di recuperare a tassazione oltre 1,5 milioni di euro di redditi da lavoro autonomo, derivanti dall’attività sportiva svolta in forma abituale e professionale al di fuori dell’Unione Europea. Se da un lato, spiega infatti la Gdf, i premi corrisposti da case da gioco autorizzate all’interno dell’Unione Europea non vanno dichiarati, in quanto soggetti a ritenuta alla fonte, quelli conseguiti al di fuori del territorio comunitario costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito.

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