Sciopero di 4 ore il 21 novembre in tutti gli stabilimenti del gruppo Acciaierie d’Italia “per poter fermare l’eutanasia del gruppo e per poter ricontrattare tutto”: l’ex Ilva di Taranto “torni nelle mani pubbliche” e l’azienda “revochi immediatamente” la sospensione dei contratti delle 145 aziende dell’appalto ferme. A chiederlo sono gli stessi sindacati dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm che dipingono una situazione “drammatica” al termine dell’incontro convocato al Mimit dal ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, a cui hanno preso parte, oltre a sindacati, enti locali, commissari di Ilva in as, Confindustria Taranto, anche il ministro del Lavoro Marina Calderone. Grande assente Acciaierie d’Italia. “Vogliamo che l’azienda rispetti gli accordi – commenta Urso al termine della riunione che è durata quasi due ore – e ovviamente lo Stato utilizzerà le risorse già stanziate affinché ci sia questo rispetto da parte dell’azienda, in modo tale che ci sia una prospettiva. Ci deve essere una prospettiva, per il futuro dell’acciaieria italiana, europea e questo è il nostro impegno. Il nostro obiettivo – aggiunge il ministro – è quello di riequilibrare la governance in modo che davvero ci sia una risposta rispetto agli impegni che la stessa azienda ha preso”. I lavoratori “sono stremati e disperati. L’ex Ilva ha i giorni contati, lo Stato prenda atto di questa situazione e agisca urgentemente”, avverte Rocco Palombella, segretario generale Uilm, specificando di aver apprezzato “la buona volontà del ministro”, ma che ormai “Il governo deve fare un atto di coraggio e trovare il modo di nazionalizzare o diventare socio di maggioranza. Solo così si può salvare la produzione di acciaio italiana. Costi quel che costi”. L’azienda, rincara il segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma “non ha avuto neanche il coraggio di presentarsi al tavolo, a confrontarsi e a negoziare con il governo e con i sindacati”. L’azienda “deve tornare n mani pubbliche” e trattare con i sindacati per “il rilancio del lavoro, la tutela dell’occupazione, le condizioni di salute sicurezza e l’ambientalizzazione”. I sindacati chiedono “al governo di lavorare per il riequilibrio del rapporto tra Stato, Invitalia, Arcelor Mittal. Ci vuole del tempo, – sottolinea il segretario generale della Fim-Cisl, Roberto Benaglia – ma questa è la direzione che va presa”. Anche il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, suggerisce al ministro di “condizionare l’eventuale versamento del miliardo che il governo Draghi ha messo a disposizione ad un contributo in conto capitale, aumentando la quota azionaria in capo al governo italiano” e riducendo il ruolo dell’azienda, perché Arcelor Mittal è “il partner più inaffidabile che si possa immaginare per lo Stato italiano”. Il ministro non si sottrae alla domanda e prende tempo sulla possibilità che lo Stato anticipi l’aumento al 60% della quota in Acciaierie d’Italia, attualmente previsto al 2024. “Non possiamo decidere tutto in pochi giorni – ha risposto Urso – Sono tanti gli interventi e di varia natura, alla fine con Palazzo Chigi decideremo la strada da percorrere per salvare questo sito produttivo”.