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All’Istituto tumori Pascale di Napoli la realtà virtuale per lenire il dolore dei pazienti oncologici è un protocollo di cura da anni, al Regina Elena di Roma fingono di non saperlo e cominciano da zero

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La presentazione in pompa magna al Maxxi di Roma del progetto ‘”The patient dream”. L’annuncio dell’avvio di una sperimentazione su scala mondiale da parte dell’Istituto Nazionale Tumori “Regina Elena” IFO di Roma di cure capaci di permettere a pazienti oncologiche sottoposte a  chemioterapia di estraniarsi dalla realtà, immergersi in una seconda vita virtuale e sognare di guarire ha fatto credere ad alcuni scienziati e ricercatori (e tra questi Francesco Ripa di Meana, Direttore Generale degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri e Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena) di essere arrivati per primi ad una meta importante in campo medico: riuscire a ridurre al minimo il dolore fisico e psichico di un paziente oncologico che deve trovare la forza di reagire ad un male che può essere devastante.

 

Pazienti oncologiche. La realtà virtuale aiuta a combattere il cancro

Quelli che vivono e lavorano nella comunità scientifica e quelli che si occupano di comunicazione scientifica, però, sanno che più che di una sperimentazione su scala globale di un protocollo di cure per pazienti oncologici, quello messo in piedi dal “Regina Elena” è forse il sogno accarezzato da scienziati che, se tutto va bene, sono in buona fede, nel senso che non sapevano che quello che credevano di aver inventato era già da tempo in fase avanzata di sperimentazione altrove. Perché come avrebbero dovuto sapere i medici dell’Istituto nazionale tumori di Roma che si sono attribuiti la paternità della novità di un progetto come quello che hanno chiamato ‘The patient dream’, altro non è che un protocollo medico scientifico già sperimentato negli ultimi tre anni a Napoli, all’istituto Pascale per Tumori.

Paziente oncologica. Sono soggetti psicologicamente molto delicati

Per restare in Italia. Probabilmente i medici di Roma a furia di giocare con la realtà virtuale ne sono rimasti colpiti al punto che non distinguono più la verità dalla virtualità, le loro legittime ambizioni e aspirazioni con le acquisizioni già fatte dalla comunità scientifica. Ma si sa, lo stress da lavoro è devastante a certi livelli.
Gennaro Ciliberto, oggi Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, tre anni fa svolgeva lo stesso ruolo all’Istituto Tumori Pascale di Napoli e fu prodigo di complimenti, si spellò le mani ad applaudire il team di studio  che aveva già avviato la sperimentazione dell’uso della realtà virtuale per lenire o ridurre al minimo la sofferenza dei pazienti oncologici. Probabile che Ciliberto immerso nel mondo virtuale abbia dimenticato quello reale.

Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale”

Infatti, la realtà virtuale in oncologia, durante la chemioterapia per pazienti con tumore al seno, da tre anni è implementata all’Istituto Nazionale Tumori di Napoli “G.Pascale” IRCCS con uno studio coordinato dallo psicologo italiano Andrea Chirico e dall’oncologo italo americano Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Filadelfia. Di questo studio, esattamente una copia, ce n’eravamo occupati tre anni fa al Pascale di Napoli. E allora ci siamo premurati di chiedere al dottor Chirico che cosa ci fosse di diverso o di nuovo in quello del regina Elena di Roma. E lui, con grande educazione e genuinità, ci spiega che”non è corretto ch’io parli di un lavoro fatto da altri colleghi. Quello che posso dirvi è che da tre anni al Pascale si sperimenta l’uso della realtà virtuale per aiutare le pazienti oncologiche a superare il momento difficile della chemioterapia e del post intervento e che a breve saranno resi noti i primi risultati dell’applicazione di questo protocollo”. E allora che tipo di sperimentazione hanno avviato a Roma? Ci risponde il professor Antonio Giordano dagli Usa con un laconico quanto inequivoco “boh, non l’ho capito. Ho letto alcune cose su Repubblica on line ma non mi pare di aver notato novità rispetto ad un lavoro che abbiamo avviato dieci anni fa a Napoli e lo stiamo sperimentando da tre anni, devo dire con risultati eccellenti che sono il frutto di un lavoro d’equipe svolto sull’asse Napoli-Filadelfia”.

Andrea Chirico. È il giovane psicologo accovacciato a terra che fa lezione ad alcuni ragazzi aspiranti scienziati

A Napoli, in effetti, da anni si prova a far capire ai pazienti che il cancro non è un male incurabile. E se partiamo da questo assunto forse riusciamo a capire meglio anche le sofferenze fisiche e psichiche patite dal malato oncologico che dal punto di vista psicologico ha eccellenti capacità di risposta alle cure da apprestare subito e grandi possibilità di venirne a capo, cioè di sconfiggere il cancro, se si predispone in termini positivi alla battaglia contro il male. L’esercito da schierare in difesa del malato oncologico e le armi da mettergli a disposizione non sono solo quelle tipiche della medicina e della chirurgia oncologica ma un supporto fondamentale può arrivare dalla psicologia. Il Direttore del Dipartimento di Senologia, l’oncologo Michelino De Laurentiis che ha sposato questa linea di ricerca nel 2015, spiega che “nel Dipartimento che dirigo miriamo da sempre a rendere l’esperienza terapeutica quanto più accettabile possibile, e siamo disposti a schierare tutte le armi. Il filone di ricerca intrapreso nel 2015 – continua il professor De Laurentiis – a breve porterà notevoli risultati per la comunità scientifica, nel frattempo siamo già partiti con altri progetti in collaborazione con il Professor Antonio Giordano, tutti diretti al paziente in un approccio olistico”.  Psicologi, genetisti, oncologi, l’approccio della medicina al malato oncologico deve essere multidisciplinare. Se si lavora a compartimenti stagni, il malato può vincere qualche battaglia ma rischia di perdere la guerra. E questo l’hanno capito alcuni scienziati e ricercatori italiani  di primissimo ordine che lavorano in Italia e negli States.

L’oncologo. Il professor Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Filadelfia

Questo metodo multidisciplinare di affrontare e sconfiggere il cancro è stato studiato, come abbiamo scritto, già dieci anni fa e sviluppato fino a farlo diventare un protocollo di cura da una equipe medica che ha validato lo studio con un test effettuato su 50 pazienti oncologici. Un test eseguito su 50 donne,  tutte operate alla mammella. La fase post operatoria, quella più delicata perché necessita di cure mirate anche dal punto di vista psicologico, ha consentito ad alcuni ricercatori, coordinati dal dottor Andrea Chirico, psicologo volontario dell’Istituto Pascale per Tumori di Napoli, di offrire a queste donne alle prese anche con il dolore, la chemioterapia, una sorta di Second Life, una “seconda vita” che fosse diversa, migliore di quella reale in cui si era immersi con gli affanni, i dolori, le preoccupazioni quotidiane. La capacità dei ricercatori dell’Istituto Pascale è stata in questi anni quella di trasferire le pazienti oncologiche soggetti di studio, dalla vita reale alla realtà virtuale.

Michelino de Laurentiis. Direttore del Dipartimento di Senologia del Pascale

La bontà dello studio e la riuscita del test, poi diventato protocollo di cura del Pascale già nel 2015, fu quella di far superare alle donne operate di tumore alla mammella il dolore fisico e psichico facendole immergere nella Second Life con l’ausilio di strumenti tecnologici.  Sotto questo punto di vista, peraltro, la tecnologia ha consentito a Chirico e Giordano di fare ulteriori passi avanti giganteschi per lenire il dolore ed accrescere la fiducia e la voglia di vivere delle pazienti oncologiche che si sono prestate alla sperimentazione. Pertanto se fino a qualche anno fa con la realtà virtuale si riusciva a portare le pazienti su un’isola deserta e paradisiaca con palme e ombrelloni o volare come farfalle o vivere in un mondo bello e onirico, oggi con le nuove tecnologie, con elettrodi e altre diavolerie tecnologiche che agiscono sulla nostra immaginazione si possono fare cose inimmaginabili. L’approccio della medicina al malato oncologico deve essere multidisciplinare. Ed è per questo motivo che ad arricchire scientificamente questo protocollo di cura del Pascale si sono aggiunti anche due scienziati del Consiglio nazionale delle Ricerche, gli ingegneri Pino de Pietro e Luigi Gallo. Magari se i dirigenti medici del Regina Elena di Roma avessero fatto più attenzione a quello che accade nella comunità scientifica, avrebbero potuto partire non da zero o dalla ripetizione di cose già fatte, ma cominciare dalle acquisizioni che a breve il gruppo di studio del Pascale metterà a disposizione della comunità. Perchè la scienza non è di nessuno, serve a tutti e serve soprattutto i pazienti.

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Esteri

Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

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Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

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Esteri

La crociata di Ursula contro ‘i populisti filo-Putin’

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Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.

“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.

Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.

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Economia

Il costo dei dazi nei prezzi Amazon, scontro Trump-Bezos

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La guerra dei dazi fa salire la tensione fra Donald Trump e Jeff Bezos. Mentre Amazon lancia la sfida a Starlink mandando in orbita il suo primo lotto di satelliti internet, la Casa Bianca critica duramente il colosso delle vendite online per essere pronto – secondo le indiscrezioni di Punchbowl – a evidenziare nei prezzi dei suoi prodotti l’impatto dei dazi. “E’ un atto politico e un atto ostile”, ha detto senza mezzi termini la portavoce Karoline Leavitt, chiedendosi come mai la società non lo abbia fatto “quando l’amministrazione Biden ha fatto salire l’inflazione ai massimi da 40 anni”.

Le pesanti critiche sono state seguite dalla smentita di Amazon. “Il team che gestisce il nostro negozio ultra low cost Amazon Haul ha preso in considerazione l’idea di indicare i costi di importazione su alcuni prodotti. Ipotesi che non è mai stata approvata e non verrà attuata”, ha detto un portavoce sottolineando l’idea “non è mai stata presa in considerazione per il sito maggiore di Amazon”. La spiegazione di Amazon, secondo quanto riportato da Cnn, sarebbe stata preceduta dalla telefonata ‘frustrata’ di Trump a Bezos, il miliardario in prima fila al giuramento del presidente insieme alla sua futura moglie Lauren Sanchez. Una telefonata confermata dal presidente: “E’ stato fantastico, ha risolto il problema molto rapidamente e ha fatto la cosa giusta. Ho apprezzato”.

I rapporti di Trump e Bezos si erano distesi con il secondo mandato presidenziale: se nei primi quattro anni alla Casa Bianca il tycoon non ha risparmiato critiche al fondatore di Amazon, soprattutto per il suo controllo del Washington Post, ora invece fra i due ci sarebbe un legame vero. Bezos è andato diverse volte a Mar-a-Lago e ha visitato più volte la West Wing della Casa Bianca per incontrare Trump, oltre ad aver messo il bavaglio alla pagina degli editoriali del quotidiano del Watergate, ordinando che si scriva soltanto di “libertà personali e libero mercato”. Per Bezos la posta in gioco è alta considerato che il ‘first buddy’ Elon Musk è il maggiore rivale nella sua corsa allo spazio. Dopo anni di ritardo, Amazon ha finalmente lanciato i suoi satelliti internet del Progetto Kuiper nel tentativo di recuperare il terreno perso con Starlink. Bezos ha investito più di 10 miliardi di dollari nel progetto e intende utilizzare questa rete di satelliti per fornire un accesso a internet ad altissima velocità da ogni angolo del mondo, comprese le aree remote e le zone di guerra o disastrate.

Un’impresa non facile visto lo strapotere spaziale di Musk che, però, rischia di pagare anche con Starlink la sua vicinanza a Trump. Lo scontro (rientrato) fra Trump e Bezos mostra, secondo molti osservatori, il pugno duro della Casa Bianca contro qualsiasi società che metta in dubbio le sue mosse. Se Amazon avesse messo in evidenza l’impatto dei dazi nei prezzi dei suoi prodotti, decine di altre aziende avrebbero seguito la stessa strada per difendere la loro reputazione dalla possibile ira dei consumatori contro i rincari, con il rischio di alimentare le critiche a Trump e minare la sua agenda. Per cercare di attenuarne l’impatto Trump ha firmato un ordine esecutivo per allentare la pressione dei dazi sulle case automobilistiche mentre la Casa Bianca lavora ad accordi commerciali.

“Penso che abbiamo un accordo con l’India”, ha detto il presidente criticando allo stesso tempo al Cina. In un’intervista a Abc di cui sono stati diffusi degli estratti, il presidente ha messo in evidenza che Pechino “merita” tariffe al 145%. “Abbiamo una cornice di intesa con la Corea del Sud. Le trattative vanno bene anche con il Giappone”, ha aggiunto il segretario al Tesoro Scott Bessent. A chi gli chiedeva di come andassero i negoziati con l’Ue, Bessent ha risposto: “Posso rifarmi alle dichiarazioni di Henry Kissinger, ovvero chi chiamo? Alcuni Paesi europei”, come la Francia e l’Italia, “hanno imposto ingiuste tasse sui servizi digitali per i nostri internet provider. Altri Paesi non le hanno. Vogliamo veder queste tasse ingiuste rimosse”.

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