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Corona Virus

Allerta Oms, ‘ora la minaccia globale è molto alta’

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L’epidemia globale di coronavirus inizia a fare veramente paura e l’Organizzazione mondiale della Sanita’ ha deciso di alzare l’allerta sulla sua minaccia, portandola al livello piu’ grave di “molto alta”. Il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel briefing quotidiano sugli aggiornamenti della crisi, ha ammesso senza mezzi termini che l’aumento di casi nei Paesi colpiti e’ motivo di enorme preoccupazione, dopo aver gia’ parlato ieri di “potenziale pandemico” del Covid-19. Nella stessa Ginevra, sede dell’Oms, e’ stato annullato il Salone dell’auto atteso dal 5 al 15 marzo con 600.000 visitatori previsti, nell’ambito delle misure di contenimento prese dalla Svizzera che ha cancellato tutti gli eventi con piu’ di mille persone fino alla meta’ del mese. Mentre Berlino ha rinviato la fiera del Turismo che si doveva tenere dal 4 all’8 marzo: i contagi in Germania rispetto a ieri sono raddoppiati e continuano a crescere anche in Francia, con 19 nuovi casi. Il ministro della Salute di Parigi ha raccomandato di evitare anche le strette di mano. “Non abbiamo ancora evidenze che il virus si stia diffondendo liberamente nelle comunita’. Fin quando la situazione e’ questa, abbiamo ancora una chance di contenerlo”, ha pero’ spiegato il direttore generale dell’Oms. “La chiave per il contenimento e’ rompere la catena di trasmissione. Il nostro piu’ grande nemico non e’ il virus, ma paura, voci e marchio della vergogna, mentre i nostri asset piu’ grandi sono fatti, ragione e solidarieta’”, ha notato ancora Tedros, ricordando come ci siano piu’ di 20 vaccini sotto sviluppo globalmente e trattamenti molteplici nella fase clinica con risultati attesi “in poche settimane”. Lo scenario, di sicuro, diventa sempre piu’ complesso perche’, come chiarito in conferenza stampa, ci sono da giovedi’ “i primi casi di contagi in Danimarca, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, Nigeria. Tutti questi casi hanno legami con l’Italia” e “24 casi sono stati esportati dall’Italia in 14 Paesi, 97 casi sono stati esportati dall’Iran in 11 Paesi”. E da oggi c’e’ anche l’Islanda nella mappa del contagio, con un ottantenne tornato dall’Italia. La Cina ha diffuso anche oggi dati incoraggianti: 44 morti e 327 casi aggiuntivi di contagio, al livello piu’ basso da oltre un mese. Le vittime sono salite a 2.788 e i contagi a 78.824, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale (Nhc). Ma altrove la situazione e’ preoccupante. In Italia ci sono 3 morti in piu’ (a quota 21) e le infezioni accertate sono salite a 821. La Corea del Sud ha registrato un nuovo picco di contagi a 571, per un totale di 2.337: sorprende la rapida ascesa del trend, considerando che appena due giorni fa era stato tagliato il traguardo dei 1.000 contagi. Con tre nuovi decessi, il numero delle vittime e’ salito a 16. Le autorita’ sanitarie hanno rinnovato anche oggi l’invito a evitare qualsiasi evento di massa, che sia politico, sportivo o religioso. Anche la band BTS, superstar del genere K-pop conosciuto a livello internazionale, ha deciso di cancellare i concerti pianificati a Seul perche’ e’ “impossibile al momento di predire la grandezza dell’epidemia durante le date dei concerti di aprile”. Infine, si aggrava ancora il bilancio dell’epidemia in Iran, dove da oggi il Parlamento e’ chiuso sine die dopo che l’infezione ha gia’ colpito diversi deputati e alti funzionari, tra cui la vice presidente Masume Ibtikar: altre 8 persone sono morte nelle ultime 24 ore, portando il totale a 34, il numero piu’ alto fuori dalla Cina, che ha inviato un suo team di gestione delle emergenze in soccorso di Teheran. Il numero di contagiati e’ salito inoltre a 388, cioe’ 143 in piu’ di ieri, secondo il ministero della Salute. Ma fonti interne al sistema sanitario locale hanno riferito alla Bbc che le vittime sarebbero almeno 210 con migliaia di contagi, nonostante le autorita’ continuino a negare di nascondere informazioni sulla reale portata dell’epidemia.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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