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Alleanza col M5S, Zingaretti mette a tacere fronda Pd

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“Diversi ma alleati” al governo. E ora “alleati, e non avversari” alle regionali di settembre, puntando su candidati capaci di sconfiggere, insieme, le destre. Nicola Zingaretti diluisce i concetti in un lunghissimo messaggio su Facebook che manda agli alleati a 5 Stelle, ma anche (forse soprattutto) ai ‘suoi’ ribelli. Obiettivo, mettere a tacere entrambi. A quattro giorni dal voto sulla piattaforma Rousseau che ha sdoganato il veto del Movimento sulle liste allargate a livello locale, il segretario del Pd non esulta ma non nasconde la soddisfazione di un passo avanti. E complice il fuoco amico, alza la voce per zittire le polemiche piu’ perfide su quel matrimonio tattico che rischia di rompersi gia’ alla luna di miele, tra sospetti e accuse di essere il lato debole della coppia e di barattare la propria identita’. Partendo dalla base del M5s che si e’ espressa alle ultime consultazioni on line, la premessa e’ che “si sta generando troppa confusione. Non sempre senza malizia e, spesso, con una buona dose di strumentalita’ si fanno ricostruzioni fuorvianti”.

Zingaretti parla ai ‘cugini’ perche’ i fratelli intendano. Si riferisce ai frondisti del suo partito che criticano l’alleanza con i 5S perche’ presentata come cosa fatta. E’ cosi’ per il sindaco di Firenze Dario Nardella. Memore dello sfortunato patto di ‘Narni’ alla vigilia delle regionali in Umbria l’autunno scorso, denuncia: “E’ piu’ una tattica miope che il frutto di un serio progetto politico”. Lamenta l’assenza di un confronto che non ha coinvolto “gli iscritti, i dirigenti locali e le migliaia di amministratori” e quindi chiede una prova di “coraggio”, convocando “un congresso, vero, di nome e di fatto”. Parole che non restano isolate e irritano il Nazareno. Percio’ nel suo post Zingaretti ricorda che l’ipotesi di un matrimonio elettorale e’ “ovviamente delegata a processi politici locali e all’individuazione di candidati credibili da sostenere per vincere”. E sulle rispettive identita’ insiste: “E’ quanto abbiamo detto dal primo giorno. Proprio perche’ forti delle nostre idee, vogliamo farle vincere nei processi reali, politici e sociali che ci sono e non solo declamarle nelle interviste e nei tweet”. Piu’ morbido e’ il suo vice, Andrea Orlando: “Che ne dite di fare la campagna elettorale prima e parlare di assetti interni poi?”, suggerisce con un tweet. In effetti il primo banco di prova e’ il voto del 20 e 21 settembre. E ancora piu’ a breve, il risiko delle liste che vanno chiuse (la deadline e’ il 22 agosto alle 12). Nella partita che coinvolge in tutto sette regioni, sono Marche e Puglia i trofei piu’ ambiti, specie per il centrosinistra. Ma anche i piu’ spinosi. Al centro e al sud i giochi sembrano fatti e nessuno dei candidati in corsa vuole scendere dal cavallo. Non vuole farlo Gian Mario Mercorelli, nel Movimento dalla prima ora, e nemmeno il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi in lizza per il Pd. Entrambi sfidano Francesco Acquaroli, candidato unico del centrodestra. Non dispera su un accordo tra i due il capogruppo Dem al Senato Andrea Marcucci, che osserva: “Se nelle Marche ci sono le condizioni per farlo, si fara’, cosa che stiamo vedendo in queste ore”. Sbarra invece la porta Roberto Fede, senatore M5s e facilitatore per le relazioni interne: “E’ una storia trita e ritrita, al di la’ degli appelli e degli annunci, come Movimento Marche andiamo avanti per la nostra strada” dice all’ANSA. Strada in salita pure in Puglia. Contro il presidente uscente Michele Emiliano del Pd c’e’ Antonella Laricchia dei 5S, voce di chi “dice no”. “Ci stanno provando, ancora ieri ho ricevuto pressioni pesanti – rivela su Facebook – Prima mi offrono di essere sistemata a vita o poltrone comode, poi minacciano di estromettermi”. E invece assicura: “Non hanno compreso che in Puglia c’e’ un popolo in marcia, che spazzera’ via loro e i loro tentativi di accordicchi”. Difficile quindi, per ora, che si ripeta l’eccezione della Liguria con l’accordo trovato su Ferruccio Sansa. E resta un piccolo miracolo pure quello partorito nella notte a Pomigliano d’Arco, dove a settembre si vota per il sindaco. Nella terra di Luigi Di Maio il braccio di ferro si e’ arreso a Gianluca Del Mastro. E’ lui l’unico aspirante sindaco giallorosso in Italia, al momento. Merito del candidato dei 5 Stelle e stretto collaboratore dell’ex leader, Dario De Falco che ha rinunciato alla gara. “Il mio passo indietro ne fara’ fare parecchi avanti alla mia citta’!”, annuncia su Facebook.

 

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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