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Allarme “droghe invisibili”, quelle che sballano di più non vengono rilevate dai drug-test

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Arrivano ad essere decine di volte più potenti della cocaina e sballano più dell’ecstasy, ma passano inosservate ai controlli in più di nove laboratori su dieci. A lanciare l’allarme sulla minaccia delle nuove droghe sintetiche, invisibili ai ‘drug-test’, sono una serie di biologi e in particolare Carlo Locatelli, direttore del Centro Nazionale di Informazione Tossicologica che denuncia l’inadeguatezza dei laboratori di quasi tutti gli ospedali italiani, impreparati all’analisi delle centinaia di nuove sostanze stupefacenti. Un fenomeno che diventa ancora più preoccupante, visto il boom di sequestri delle ‘new drug’ da parte dei Nas nell’ultimo anno, molte delle quali vendute dall’estero nel nostro Paese attraverso il web e il tam tam sui social: in poco più di un anno sono state sequestrate centinaia di migliaia di dosi in Italia. “Oggi eroina, cocaina, cannabis e anfetamina sono le uniche droghe che i laboratori di quasi tutti gli ospedali in Italia riescono a rilevare. Ma ci sono tantissimi altri stupefacenti che invece non vengono analizzati, contravvenendo cosi’ a quanto previsto dal codice della strada. Secondo l’articolo 187, infatti, se richiesto, devono essere effettuati accertamenti medici sui conducenti coinvolti in incidenti stradali per ‘tutti’ i tipi di stupefacenti”, ha spiegato Locatelli, per il quale “escluso il nostro Centro, l’ospedale Sant’Anna a Como e pochi altri laboratori, tra cui quelli forensi, nessuno esegue analisi al di fuori delle classiche droghe”. Sono circa sessanta le nuove molecole rilevate nel 2018 dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. Alcune di queste sono gia’ state rilevate su assuntori italiani, ma nonostante tutto, come altri centinaia di tipi, non sono ancora classificate come tali nelle tabelle aggiornate dal ministero. Tra le nuove sostanze, il 30% riguarda una nuova generazione di catinoni sintetici, uno stimolante utilizzato anche nella pratica del ‘chem-sex’, che ha lo scopo di aumentare e prolungare il piacere sessuale. Nel 45% dei casi sono invece cannabinoidi sintetici ed a seguire le fenetilamine (classe di molecole ad azione psicoattiva che include anche le anfetamine, ndr). Ma “per la quasi totalita’ dei laboratori negli ospedali, se hai assunto ad esempio catinoni, sei pulito”, aggiunge Locatelli. Nel frattempo vecchie e nuove generazioni di droghe si passano il testimone ad una velocita’ maggiore delle procedure burocratiche. E l’Italia arranca. Su 800 molecole messe in lista dall’osservatorio europeo, ne sono state censite solo circa 250 nel nostro Paese e, di queste, cinquanta negli ultimi otto anni. Numeri da far impallidire le ormai ‘vecchie’ smart drugs, anche alla luce delle nuove modalita’ di vendita: “le nuove piazze di spaccio sono i social” – spiega il comandante del reparto operativo dei carabinieri per la Tutela della Salute, Andrea Zapparoli – dove dall’altra parte di un profilo, per una ventina di euro a dose, c’e’ chi e’ pronto a vendere bombe che esplodono nascoste nell’organismo.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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