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Cronache

Allarme del Csm, processi più lunghi con la riforma del rito abbreviato

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E’ una delle riforme bandiera della Lega in materia di giustizia e sicurezza, quella che esclude che possa essere processato con il rito abbreviato e dunque beneficiare di sconti di pena, chi e’ accusato di reati gravi puniti con l’ergastolo, come l’omicidio volontario. La Camera (primo firmatario il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni) l’ha approvata in prima lettura a novembre. E lo stesso vicepremier Matteo Salvini ne ha piu’ volte invocato la necessita’: “bisogna cambiare la norma che prevede che stupratori e assassini possano beneficiare di un terzo dello sconto di pena”. Ora pero’ il Csm lancia l’allarme sugli effetti che la riforma produrra’ quando diventera’ legge: “rischia di creare un notevole allungamento dei tempi di definizione” dei processi. E non solo: puo’ persino avere “conseguenze negative anche sull’effettivita’ del trattamento sanzionatorio”, avvertono i consiglieri. Il giudizio preoccupato e’ contenuto in un parere approvato dal plenum del Csm con 19 si’ e il voto contrario del laico della Lega Stefano Cavanna. Si sono astenuti invece due laici di area M5S, Fulvio Gigliotti e Filippo Donati, assieme all’altro consigliere indicato dalla Lega, Emanuele Basile, che aveva messo in discussione la possibilita’ stessa per il Csm di dare al ministro della Giustizia un parere che non gli e’ stato richiesto, spingendosi a parlare di una “violazione” della Costituzione.

Un argomento cui ha replicato lo stesso vice presidente del Csm. “Non abbiamo fatto altro che seguire le prassi istituzionali”, ha detto David Ermini, ricordando non solo che e’ anche la legge istitutiva del Csm a prevedere la facolta’ di dare pareri sulle riforme, ma anche che l’ordine del giorno del plenum viene “avallato” dal capo dello Stato. Con la delibera approvata, di cui sono relatori i togati Giuseppe Cascini e Michele Ciambellini, il Csm non butta a mare tutta la riforma: anzi la difende dall’accusa mossa dall’opposizione di essere andata oltre la Costituzione. Il testo approvato dalla Camera, mettono nero su bianco i consiglieri, “sembra esente dai rilievi di incostituzionalita’”, perche’ non c’e’ “alcuna irragionevolezza” nel prevedere un trattamento processuale diverso, con l’esclusione dell’abbreviato, per i reati piu’ gravi. Il problema sono invece “le ricadute significative” sul carico di lavoro delle Corti di assise, che dalla riforma saranno costrette a celebrare lunghi e impegnativi dibattimenti al posto dei giudizi abbreviati, con cui oggi si definisce il 79% dei processi per gravi reati. Non solo: “la scelta di rinunciare agli effetti deflattivi del rito abbreviato in un settore della giurisdizione penale in cui risulta aver dato buoni risultati, non sembra in linea con l’ esigenza da piu’ parti manifestata di ridurre i temi di durata dei procedimenti penali e di favorire il ricorso ai riti alternativi”. Insomma si e’ sbagliata strada: perche’ per evitare condanne troppo miti ai responsabili dei reati piu’ gravi, sarebbe bastato “rivedere i criteri di determinazione della pena”.

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Sophie Codegoni: «Ho denunciato il mio ex compagno, ma sto vivendo un inferno»

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Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.

Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore

«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.

La denuncia e il dispositivo anti-stalker

«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.

Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.

Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico

Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».

La solitudine dopo la denuncia

Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».

Un messaggio alle donne

«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.

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Cronache

Archiviata l’inchiesta sull’aggressione a Iovino: cadono le accuse contro Fedez

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Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.

Nessuna prova, niente rissa

Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.

Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.

La reazione della difesa

Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».

Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.

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Se non rispetti l’ordinanza del giudice, paghi ogni giorno: a Verona scatta la linea dura nelle cause di separazione

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Una svolta significativa nei casi di separazione e affidamento dei figli arriva da Verona, dove la sezione Famiglia del Tribunale civile ha cominciato ad applicare una misura finora poco utilizzata, prevista dalla riforma Cartabia: sanzioni pecuniarie giornaliere, anche d’ufficio, per i genitori inadempienti.

La novità introdotta dalla riforma Cartabia

La norma, contenuta nell’articolo 473-bis.39 del Codice di procedura civile, permette al giudice di disporre, anche senza richiesta della parte lesa, una somma da versare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di un provvedimento che riguarda il benessere dei figli, sia sul piano economico che relazionale. È uno strumento pensato per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie in materia familiare, contrastando inadempienze gravi.

Due i casi applicati a Verona

Nel primo caso, un padre che si rifiutava di pagare i 300 euro mensili stabiliti per il mantenimento dei figli, sostenendo di avere già sostenuto altre spese, è stato condannato a pagare 100 euro per ogni giorno di ulteriore inadempienza. La minaccia ha funzionato: dopo cinque giorni, e quindi dopo una multa complessiva di 500 euro, l’uomo ha versato quanto dovuto.

Nel secondo caso, ancora più delicato, una madre che tiene il figlio all’estero impedendo gli incontri con il padre è stata condannata a pagare 200 euro al giorno finché non rispetterà l’ordinanza di far collocare il minore anche presso il padre. A nulla sono valse finora una condanna a 3.000 euro di risarcimento e una sentenza del tribunale stranieroche le intima di rimpatriare il figlio: la donna, pur rientrando saltuariamente in Italia, continua a ignorare l’ordinanza del settembre 2024.

Un cambio di passo nei tribunali

Queste misure — spiega il giudice Massimo Vaccari, estensore di una delle ordinanze — servono a tutelare i minori e a far rispettare l’autorità giudiziaria. Non si tratta di strumenti nuovi in assoluto: già esistevano, ma erano applicabili solo su richiesta delle parti. Con la riforma, invece, il giudice può intervenire direttamente quando ravvisa danni o pregiudizi per i figli.

Il messaggio ai genitori separati è chiaro: disattendere le decisioni del giudice costa caro, giorno dopo giorno. E ora il sistema giudiziario sembra pronto a far valere davvero queste regole.

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