Collegati con noi

Economia

Alberto Nagel lascia Mediobanca, il controllo passa a Mps

Alberto Nagel lascia Mediobanca dopo 34 anni. L’istituto passa sotto il controllo di Mps. Dimissioni del cda e futuro tra fusione e delisting.

Pubblicato

del

Alberto Nagel ha annunciato le dimissioni dalla guida di Mediobanca dopo oltre 22 anni al vertice e 34 di carriera interna. Insieme a lui, si è dimesso l’intero consiglio di amministrazione con la sola eccezione di Sandro Panizza, consigliere eletto nella lista Delfin sostenuta da Francesco Gaetano Caltagirone. Le dimissioni saranno effettive con l’assemblea convocata per il 28 ottobre, quando verrà eletto il nuovo cda per il triennio 2026-2028.

Il board presieduto da Renato Pagliaro ha giustificato la scelta come un atto volto a favorire un’“ordinata e tempestiva transizione”. L’assemblea, a porte chiuse, approverà anche l’ultimo bilancio sotto la gestione Nagel, chiuso con un utile netto di 1,33 miliardi e un dividendo da 1,15 euro per azione.

La lettera di commiato di Nagel

Nella lettera ai dipendenti, Nagel ha ripercorso la sua lunga esperienza alla guida della banca, sottolineando i traguardi raggiunti e ribadendo la sua preferenza per una partnership nel risparmio gestito, piuttosto che un’acquisizione da parte di una banca commerciale. Ha citato Orazio – “Graecia capta ferum victorem cepit” – paragonando Mediobanca alla Grecia classica che, pur conquistata, rese più civile Roma.

Nagel ha ricordato l’eredità culturale della banca, fatta di “competenza, passione, trasparenza e understatement”, valori trasmessi da figure storiche come Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi. Ha salutato i colleghi invitandoli a restare uniti e a preservare l’identità dell’istituto.

Lo scenario dopo l’offerta di Mps

La decisione arriva all’indomani del successo dell’offerta pubblica di acquisto di Monte dei Paschi di Siena, che ha superato il 64,6% delle adesioni. La riapertura dei termini scadrà lunedì prossimo: se la soglia raggiungerà il 90%, il titolo Mediobanca sarà delistato, altrimenti si procederà con la fusione.

Mps, guidata da Luigi Lovaglio, ha incaricato Korn Ferry di selezionare i profili per il nuovo cda, inclusi i candidati a presidente e amministratore delegato. Delfin detiene ora il 21% e Caltagirone il 13% della nuova realtà.

Le reazioni

Secondo Fabrizio Palenzona, ex consigliere di Mediobanca, l’acquisizione da parte di Mps rappresenta “la fine dell’impero romano”, riprendendo una celebre frase di Cuccia.

Advertisement

Economia

Riscossione fiscale, la Commissione Benedetti propone più poteri al Fisco e apertura ai privati

La Commissione Benedetti propone nuove misure per rafforzare la riscossione fiscale: più poteri all’Agenzia delle Entrate, coinvolgimento dei privati e stretta sui recidivi. In gioco 1.300 miliardi di tasse non riscosse.

Pubblicato

del

Oltre 1.300 miliardi di euro di tasse non riscosse: è il “magazzino fiscale” che lo Stato non riesce a svuotare. La Commissione Benedetti, incaricata dal governo, ha messo nero su bianco le criticità e le possibili soluzioni per migliorare la riscossione.

Il primo mito da sfatare riguarda i responsabili dell’evasione. Non solo imprese e Partite Iva: il 71% delle cartelle riguarda lavoratori dipendenti. E il 77% dei debitori è recidivo, con iscrizioni a ruolo ripetute negli anni.

Rateizzazioni e recidivi: la falla del sistema

Una delle falle più sfruttate è quella delle rateizzazioni. Molti contribuenti pagano solo la prima rata per bloccare le procedure coercitive, salvo poi sparire di nuovo. La Corte dei Conti e la Commissione indicano la necessità di una stretta su questo meccanismo, che potrebbe arrivare già nella prossima rottamazione.

Il ruolo dei privati e i crediti “minori”

Il rapporto propone una maggiore segmentazione della riscossione. Oggi l’Agenzia delle Entrate utilizza le stesse procedure per crediti da 100 euro e da 100 milioni. La Commissione suggerisce di affidare una parte del lavoro ai privati, specie per i crediti minori.

Alcune società sono già attive: Amco, che ha acquisito Exacta per i crediti sotto i 600 euro; Intrum, che con la fintech Ophelos lavora su posizioni sotto i 10 mila euro. L’ipotesi è di affidare fino a 344 miliardi di crediti ai privati, previa verifica di Eurostat per evitare effetti sul debito pubblico.

Più poteri al Fisco

La “cassetta degli attrezzi” del Fisco andrebbe rafforzata. Oggi l’Agenzia può sapere quanti conti correnti ha un contribuente, ma non il saldo effettivo. L’accesso mirato ai dati permetterebbe pignoramenti più efficaci, così come l’utilizzo della piattaforma di fatturazione elettronica per intercettare pagamenti e creditori.

Un altro nodo è l’impossibilità di espropriare seconde case sotto i 120 mila euro, fascia in cui si concentra gran parte dei crediti non riscossi. Al momento non ci sono decisioni, ma il governo potrebbe valutare modifiche.

La linea del governo

Il viceministro all’Economia Maurizio Leo ha ribadito la strategia: mano tesa ai contribuenti in difficoltà, ma linea dura con i recidivi e con chi sfrutta le scappatoie per non pagare. L’obiettivo è trasformare il contrasto all’evasione da semplice individuazione dei debitori a vera riscossione delle somme dovute.

Continua a leggere

Economia

Ferrovie, 300 miliardi di investimenti entro il 2032: il Sud al centro della trasformazione

Un report del Mit indica 300 miliardi di investimenti ferroviari entro il 2032. Calabria, Sicilia e Campania tra le regioni più coinvolte, con grandi opere come l’Alta Velocità e il Ponte sullo Stretto.

Pubblicato

del

C’è tanto Sud nelle prospettive di crescita del trasporto ferroviario italiano. Un report del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, diffuso da Adnkronos, prevede investimenti fino a 300 miliardi di euro entro il 2032, con quasi un terzo destinato a tre regioni meridionali. La Calabria guida la classifica nazionale con 34,5 miliardi, seguita dalla Sicilia con 24 e dalla Campania con 23,4.

Pnrr e grandi direttrici ad alta velocità

Una parte consistente delle risorse deriva dal Pnrr e dal piano industriale di Ferrovie dello Stato, che prevede oltre 100 miliardi di spesa fino al 2029. Già oggi, oltre 24 miliardi sono in carico a Fs per il Recovery Fund, di cui 15 già rendicontati. Gran parte di questi investimenti è destinata al Sud per le linee ad Alta Velocità/Capacità Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria e Palermo-Messina-Catania, considerate fondamentali anche in vista dell’utilizzo ferroviario del futuro Ponte sullo Stretto.

Il “piano del secolo” secondo Rixi

Il viceministro Edoardo Rixi ha definito il progetto “un lavoro come in Italia non si vedeva dalla ricostruzione postbellica”. L’obiettivo è ammodernare e completare entro il 2032 tutte le grandi direttrici ferroviarie, comprese quelle europee. “In media un chilometro di ferrovia ha 90 anni di età – ha ricordato – per questo serve un’opera straordinaria di rinnovamento”.

Tra le opere strategiche spiccano anche il nodo di Genova e il Terzo Valico dei Giovi, con 10,6 miliardi di investimenti già quasi totalmente finanziati.

Grandi opere e interventi locali

La sfida non riguarda solo i grandi cantieri. Accanto a Tav e Ponte sullo Stretto, il piano prevede progetti locali che miglioreranno la vita quotidiana dei cittadini: riqualificazione delle stazioni, adeguamento dei marciapiedi per disabili e famiglie, potenziamento della sicurezza.

Rixi ha sottolineato che i primi benefici si vedranno nel 2026, pur ammettendo i disagi attuali dovuti ai cantieri: “È come ristrutturare una casa con gli ospiti in sala da pranzo, ma l’investimento è per le prossime generazioni e avrà una durata di oltre cento anni”.

Continua a leggere

Economia

Euro digitale, accelerazione a Bruxelles: entro fine anno il quadro legislativo

L’euro digitale entra tra le priorità dell’Eurogruppo. Bruxelles accelera sul quadro legislativo, con l’obiettivo di chiudere entro fine anno. La Bce rassicura le banche: ruolo centrale e nessuna disintermediazione eccessiva.

Pubblicato

del

Dopo mesi di pressioni da parte della Banca Centrale Europea, l’euro digitale è vicino a una svolta politica. A Bruxelles si punta a completare entro il 2024 il quadro legislativo necessario al lancio, con l’argomento già in agenda nel prossimo Eurogruppo a Copenaghen. L’obiettivo della presidenza danese è chiudere i negoziati entro fine anno.

Il nodo della soglia massima

Al centro del confronto resta la soglia massima di euro digitali detenibili nei wallet dei cittadini. Il limite nasce per evitare una fuga di depositi dalle banche verso la moneta digitale, che come il contante rappresenta una passività diretta della Bce. Le disponibilità non saranno remunerate, a differenza dei conti correnti tradizionali.

Il ruolo delle banche

Piero Cipollone, membro del comitato esecutivo Bce e responsabile del progetto, ha rassicurato gli istituti di credito: le banche avranno un ruolo centrale nella distribuzione dell’euro digitale, saranno remunerate per i servizi e non subiranno commissioni sul circuito. Una garanzia per ridurre le preoccupazioni di disintermediazione.

Il confronto politico

Non mancano però le perplessità. Al Parlamento europeo il relatore Fernando Navarrete (Ppe) ha sollevato dubbi, pur restando isolato rispetto alla spinta del Consiglio e della presidente Christine Lagarde, che la scorsa settimana ha chiesto di stabilire rapidamente il quadro normativo.

Stablecoin e geopolitica dei pagamenti

L’accelerazione europea risponde anche alla scelta di Donald Trump, che ha sposato le stablecoin in dollari, mettendo al bando le valute digitali di banca centrale negli Usa. La Bce teme che le stablecoin possano attrarre depositi europei senza adeguate garanzie sulle riserve, con rischi sistemici.

Sul tavolo c’è anche il tema della sovranità tecnologica: oggi il 65% delle transazioni con carte europee passa da circuiti come Visa e Mastercard, mentre nel mercato agiscono colossi esteri come PayPal e Alipay. L’euro digitale viene visto come uno strumento per rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto