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Politica

Addio Lucio Villari, lo storico che amava il presente

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Puntuale, lucido, brillante lo storico Lucio Villari (foto Imagoeconomica in evidenza), come ha detto bene oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, era ”studioso insigne e fine intellettuale, riferimento di generazioni di storici, uomo di grande cultura, capace di coniugare rigore scientifico e passione per la democrazia e la giustizia”. Della sua scomparsa, avvenuta a 91 anni domenica 16 marzo, Mattarella si dice ”addolorato” ed è proprio al discorso del Capo dello Stato del 5 febbraio scorso a Marsiglia che Villari aveva dedicato un suo intervento su La Repubblica, il 20 febbraio.

L’accostamento tra il Terzo Reich e l’invasione russa dell’Ucraina, spiegava Villari, “è un parallelismo calzante e azzeccato che ha il merito di darci l’occasione di una lettura storica del presente”. Ecco ed è proprio l’analisi del rapporto tra passato e presente quello che ha animato l’opera di questo studioso, professore per anni di Storia Contemporanea all’Università di Roma Tre, amato da generazioni di studenti per la disponibilità e la lucida intelligenza. Nato a Bagnara Calabra (Reggio Calabria) il 28 agosto del 1933, è stato docente universitario e autore di numerosi e fortunati saggi, collaboratore di testate giornalistiche e programmi televisivi e radiofonici.

Con il fratello Rosario Villari (scomparso nel 2017), professore di Storia Moderna, è stato autore del manuale La società nella storia. Corso di storia per la scuola media inferiore (Sansoni), un libro di testo su cui si sono formate molte generazioni. E del resto quella di Lucio Villari era una modalità decisamente attiva di interpretare la storia, come confronto vivo di idee. Per questo ebbe anche parte attiva in tanti programmi televisivi, tra cui il più recente Passato e presente con Paolo Mieli su Raitre ed ebbe simbolicamente la parte del padrone di casa nel 1980 quando ha partecipato al film La terrazza, di Ettore Scola. Nelle elezioni europee del 1999 è stato candidato come parlamentare europeo della circoscrizione “Italia centrale” nella lista I Democratici promossa da Romano Prodi.

Iscritto anche all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), non ha mai nascosto le sue idee politiche pur analizzando il presente con sguardo lucido e capace di distinguo significativi. “Come storico e come uomo interessato alla politica della sinistra sono molto soddisfatto di questo discorso. E’ stato il discorso di una donna politica di alto livello, che ha colto i problemi essenziali del paese, senza ricorso a formule ideologiche, anzi prendendo le distanze dal fascismo”. Così ad esempio Lucio Villari promuoveva, parlando del discorso programmatico della premier Giorgia Meloni del 25 ottobre 2022. Convinto comunque, lo storico, che resta comunque l’eredità’ del fascismo nella destra italiana.

“Resta molto del fascismo, delle cose positive del fascismo, che sono rimaste vive anche nella Prima Repubblica – spiegava nella stessa occasione -. L’intervento dello Stato nell’economia è anche opera del fascismo, le bonifiche, la Casa della madre e del bambino… ci sono cose positive che andrebbero riconosciute. La sinistra non lo fa perché le ignora o le sottovaluta”. Lui le ha studiate e analizzate nei suoi tanti volumi e saggi sulla storia delle idee, delle istituzioni politiche e dell’economia, dal ‘700 al ‘900, con particolare attenzione alla vita sociale del mondo occidentale di quel periodo: Settecento adieu.

Dall’Illuminismo alla rivoluzione (1989); Il capitalismo italiano del Novecento (1993); La roulette del capitalismo (1995), L’insonnia del Novecento. Le meteore di un secolo (2005), Le avventure di un capitano d’industria (2008), Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento (2011), Notturno italiano. L’esordio inquieto del Novecento (2011), Machiavelli. Un italiano del Rinascimento (2013), America amara. Storie e miti a stelle e strisce (2013), La rivoluzione francese raccontata da Lucio Villari (2019), solo per citarne alcuni. Ha collaborato con diversi quotidiani, tra cui La Repubblica a cui oggi la figlia Anna ha dato la notizia della sua morte.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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