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Cinema

Addio ad Alberto Sironi, il commissario Montalbano dopo Camilleri perde anche il regista

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Provino’ tre attori per il ruolo del commissario piu’ famoso e amato della tv, ma poi scelse Luca Zingaretti. E’ morto ad Assisi Alberto Sironi, regista di Montalbano, a meno di due settimane dall’addio ad Andrea Camilleri (scomparso il 17 luglio), un’altra perdita per la grande famiglia del commissario Montalbano. Sironi, 79 anni, aveva diretto i film tv basati sui romanzi del celebre scrittore siciliano fin dal 1999. La notizia della scomparsa del regista e’ stata confermata da Carlo Degli Esposti che con la sua Palomar produce da sempre la serie Montalbano. Sironiaveva scoperto di recente di essere malato, ma questo non gli aveva impedito di mettersi dietro la macchina da presa dei nuovi tre episodi della serie. Con il peggiorare delle sue condizioni era stato lo stesso Luca Zingaretti a prendere in mano la regia nell’ultimimissimo periodo delle riprese di Montalbano. L’ultimo ciak il 26 luglio scorso, annunciato proprio dall’attore con un post video molto commovente. Lombardo di Busto Arsizio (Varese), Sironi era molto legato alla Sicilia. La sua vita professionale era iniziata a Milano, dove si era formato alla scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro guidata da Giorgio Strehler e Paolo Grassi. Fu in Rai, sul finire degli anni’ 70, che passo’ dietro la cinepresa: inizio’ a realizzare inchieste, sia in Italia che all’estero, occupandosi anche di sport. L’esordio nella fiction nel 1978, quando curo’ la sceneggiatura e la regia di due telefilm tratti dalla raccolta di racconti Il centodelitti di Scerbanenco, mentre tra il 1987 e il 1990 scrisse il soggetto della serie tv Eurocops dirigendone tre episodi. Nel 1995, per Rai1, filmo’ Il grande Fausto, la fiction biografica in due puntate dedicata al campione di ciclismo Coppi. Poi lo sbarco nella famiglia del Commissario di Camilleri, quando all’inizio andava in onda ancora su Rai2, per poi passare su Rai1 grazie all’enorme successo di pubblico. Sironi si era regalato anche un breve cameo, nell’episodio omaggio a Marcello Perracchio, compianto interprete del dottor Pasquano: il regista entrava in scena con un vassoio di cannoli, dolce preferito del medico legale. Il set siciliano era stato riaperto lo scorso aprile quando il cast e la produzione avevano cominciato le riprese dei tre episodi che compongono la quattordicesima stagione del Commissario Montalbano e che vedremo nel 2020 su Rai1. Il set era poi stato sospeso per lutto il giorno della morte di Andrea Camilleri, lo scorso 17 luglio a Roma (da qualche giorno aveva preso il comando della regia Luca Zingaretti, ma la gravita’ delle condizioni di Sironi non era ancora nota, si parlo’ allora di indisposizione). Per i tre nuovi episodi sono stati adattati sul piccolo schermo i seguenti racconti e romanzi di Camilleri: il primo film tv e’ tratto da La rete di protezione (2017) e vede il commissario alle prese con il mondo dei social network, mentre Vigata e’ in subbuglio a causa dell’arrivo di una troupe svedese impegnata a girare una fiction ambientata negli anni ’50. Il secondo si intitola Il metodo Catalanotti ed e’ tratto dal romanzo uscito l’estate scorsa in cui Montalbano si trova a indagare all’interno di una compagnia teatrale amatoriale e, soprattutto, ha un incontro speciale che gli scatena una passione inaspettata. Infine c’e’ Salvo amato Livia mia, un mix di racconti il cui focus e’ la relazione tra Montalbano e la sua eterna fidanzata Livia.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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