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Cronache

Addio a Enrico Di Salvo, il chirurgo missionario che ha dedicato la vita agli ultimi

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Si è spento alle prime luci dell’alba Enrico Di Salvo, uno dei nomi più illustri della chirurgia napoletana e tra i più brillanti allievi della scuola di Giuseppe Zannini e Mario Santangelo. Professore ordinario alla Federico II, medico dal talento straordinario, ma soprattutto uomo di fede e dedizione, Di Salvo si è distinto non solo per la sua carriera accademica, ma anche per il suo impegno nelle missioni umanitarie, che lo hanno portato in Benin e in Sud America, nei luoghi più remoti e dimenticati.

Dopo una lunga battaglia contro una leucemia che non gli ha lasciato scampo, Di Salvo si è congedato con la stessa umiltà e intensità con cui ha vissuto: con parole di amore, gratitudine e speranza, lasciate nel suo ultimo messaggio pubblico.

Una vita per la medicina e per gli ultimi

Nato a Benevento 76 anni fa, Di Salvo si era trasferito a Napoli per laurearsi e costruire una carriera brillante che lo ha portato ai vertici della chirurgia accademica e ospedaliera. Maestro del bisturi, formatosi sotto l’egida di Giuseppe Zannini, è stato un punto di riferimento per i suoi allievi, un medico amato dai pazienti e rispettato dai colleghi.

Negli anni ’90 ha iniziato il suo percorso missionario con la Caritas diocesana, portando il suo talento nelle zone più povere del mondo. Ha operato e salvato vite in Amazzonia, nei lebbrosari del Marituda, e poi in Benin, dove ha continuato il suo impegno accanto al collega e amico Elio Sica, con cui ha condiviso un’esperienza di umanità e fede che ha raccontato in un libro.

Un uomo che ha fatto della medicina uno strumento di servizio e che non ha mai smesso di lottare per dare una speranza ai più deboli.

Le ultime parole: un testamento spirituale di amore e speranza

Negli ultimi mesi, nonostante la malattia avanzasse inesorabilmente, Di Salvo ha continuato ad aggiornare il suo profilo Facebook, condividendo riflessioni profonde. Il suo ultimo messaggio, scritto quando ha capito di essere vicino alla fine, è un vero testamento spirituale, una lettera d’amore alla vita, ai suoi cari e ai suoi pazienti.

“Questa notte ho dovuto congedarmi da voi. Da questa vita che ho molto amato e in cui molto mi sono dato.
Mi dispiace per gli errori che ho commesso, ma spero che, alla fine, il mio conto davanti al Signore risulterà abbastanza in positivo perché Egli possa accogliermi alle sue ginocchia.”

Un uomo che ha amato le persone, la poesia, i suoi malati e i più poveri della Terra, ma che soprattutto ha trovato negli affetti più cari, nei figli e nei nipoti, il senso più profondo della sua esistenza.

“Andare alla sostanza delle cose è stato andare incontro all’amore degli altri. Recuperare la grande lezione ricevuta dai miei genitori e dai miei Maestri, per i quali ho conservato sincero affetto e gratitudine.”

Un appello per il futuro: “Non lasciate sola l’Africa”

Oltre alle parole di amore, Di Salvo ha voluto lasciare un appello per chi gli è stato accanto, per chi ha condiviso con lui la passione per la medicina e per le missioni umanitarie.

“Se in voi, come spero, ho lasciato qualche solco, non lasciate che si richiuda. E soprattutto mi auguro che venga proseguita la mia opera in Africa. Ci sono grandi religiosi, e laici, che spendono la propria esistenza per questo. Non lasciateli soli. E io starò con voi.”

Un invito a non abbandonare il cammino della solidarietà, a continuare a lottare per chi non ha nulla, a portare avanti un’eredità fatta di compassione, coraggio e dedizione assoluta.

Un esempio da seguire, un uomo da ricordare

Enrico Di Salvo non era solo un chirurgo di straordinaria abilità, ma un uomo capace di vedere oltre. Il suo impegno, la sua dedizione alla medicina e alle missioni resteranno un modello per le nuove generazioni di medici, per i suoi allievi, per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.

Ha lasciato questa vita con la stessa dignità con cui ha vissuto, circondato dall’amore della sua famiglia e dalla gratitudine di centinaia di vite che ha toccato con il suo bisturi e con il suo cuore.

“Grazie Bianca e grazie Marinì, compagne della mia vita.”

Grazie a te, professore, per tutto quello che hai fatto. Condoglianze alla famiglia dalla redazione di Juorno.it

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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Napoli omaggia Papa Francesco: murale, statua e una piazza a suo nome

Napoli rende omaggio a Papa Francesco con un murale a Largo Maradona, una statua dello scultore Domenico Sepe e la proposta di intitolare uno slargo a Capodimonte. Un legame profondo tra il Papa argentino e la città partenopea.

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Da Sud a Sud. Napoli si mobilita per onorare la memoria di Papa Francesco, il “Papa del Sud del mondo”, con una serie di iniziative che uniscono istituzioni, artisti e cittadini in un abbraccio simbolico alla figura del pontefice argentino. Una celebrazione che sottolinea il legame speciale tra la città partenopea e il Papa venuto dalla fine del mondo.

Il murale a Largo Maradona: Francesco e Maradona uniti in un abbraccio

Nel cuore dei Quartieri Spagnoli, a Largo Maradona, sta per nascere un murale che ritrae Papa Francesco e Diego Armando Maradona abbracciati, ispirato a una celebre fotografia. L’iniziativa è promossa da La Bodega de Dios, associazione che cura il sito simbolo del culto popolare dedicato al Pibe de Oro.
A realizzare l’opera sarà lo street artist argentino Juan Pablo Gimenez, già autore di numerosi ritratti di Diego. «Sarà un omaggio al Papa argentino nella città di Maradona – racconta Gimenez –. Conto di completarlo entro due settimane». Un segno tangibile dell’unione tra il sacro e il profano, tra la fede e la passione popolare che animano Napoli.

Una statua in bronzo per raccontare la speranza

Anche l’arte scultorea si mobilita. L’artista Domenico Sepe sta lavorando a una statua a grandezza naturale dedicata a Papa Francesco. «Sarà un’opera in bronzo che racconterà il tema della speranza – spiega Sepe –. Mi piacerebbe che fosse ospitata nel Duomo di Napoli o in un’altra chiesa cittadina». La scultura, nata da un’idea personale dell’artista, sarà completata subito dopo l’estate e rappresenterà un ulteriore ponte tra Napoli e il suo Papa.

In consiglio comunale la proposta di intitolare uno slargo

Anche il Consiglio comunale di Napoli si muove per rendere omaggio a Bergoglio. È pronta infatti una proposta per intitolare a Papa Francesco lo slargo davanti alla Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte, nota anche come la “piccola San Pietro” per la sua somiglianza con la basilica vaticana.
Il documento, firmato dal consigliere Gennaro Demetrio Paipais del gruppo “Manfredi sindaco”, impegna il sindaco e la giunta ad avviare subito l’iter per la deroga alla norma che richiederebbe dieci anni dalla scomparsa per un’intitolazione. «Il rapporto tra Papa Francesco e Napoli è stato profondo e ricco di significati», si legge nella proposta, che potrebbe essere votata già nelle prossime ore con il consenso unanime dell’assemblea.

Un legame profondo tra Napoli e Papa Francesco

Le due visite pastorali di Francesco a Napoli hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, soprattutto tra i più fragili. Ora, in una città dove il sacro e il popolare si intrecciano senza confini, l’omaggio al Papa argentino assume un significato ancora più intenso, rendendo visibile la gratitudine di Napoli a chi ha incarnato la speranza dei popoli del Sud.

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