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A Juorno Live Interview parliamo di ergastolo ostativo e lotta alla mafia con Catello Maresca, Salvatore Calleri e Renato Scalia 

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Oggi giovedì 29 aprile, alle ore 19, torna l’appuntamento con l’informazione di Juorno Live Interview. Nella diretta social di stasera, organizzata da Juorno insieme alla Fondazione di studi sulla mafia Antonino Caponnetto, approfondiremo la spinosa questione dell’ergastolo ostativo e faremo il punto sullo stato dell’arte della lotta alla mafia nel nostro Paese. Ospiti dell’evento il sostituto procuratore generale di Napoli Catello Maresca, il presidente della Fondazione Caponnetto Salvatore Calleri e il consulente della commissione antimafia Renato Scalia. 

Chiamata a pronunciarsi sulla questione, lo scorso 15 aprile la Corte Costituzionale ha dichiarato la norma sull’ergastolo ostativo contraria al dettato costituzionale, poiché in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nonché con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Consulta ha inoltre stabilito di rinviare la trattazione delle questioni a maggio 2022, così da consentire al legislatore di modificare la norma senza compromettere l’impianto della normativa antimafia. 

Introdotto dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, l’ergastolo ostativo, regolato dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, prevede l’impossibilità di accedere alla libertà condizionale e ai permessi premio per il boss mafioso che sceglie di non collaborare con la giustizia. Una norma che nel corso degli anni ha favorito la collaborazione nelle indagini di tanti mafiosi, unica possibilità per scampare al fine pena mai. 

Salvatore Calleri

La Fondazione Caponnetto è stata fra i primi a scendere in campo per tutelare l’istituto, con una giornata in difesa di ergastolo ostativo e 41 bis, ben presto trasformatasi in una mobilitazione permanente. “Nei giorni scorsi abbiamo fatto un sit-in qui a Firenze, ne seguiranno altri – spiega il presidente Salvatore Calleri, analista e profondo conoscitore del fenomeno mafioso -; terremo alta l’attenzione per salvaguardare la normativa antimafia. Ora il cerino è in mano al Parlamento, non sarà facile trovare la giusta formulazione dal punto di vista legislativo. Contesto la sentenza della Consulta: affermare che la norma è incostituzionale e dare un anno di tempo al legislatore credo sia una contraddizione”.  

Al centro della foto Renato Scalia

Secondo Calleri le conseguenze dell’abolizione dell’ergastolo ostativo sarebbero molto gravi. “I boss delle stragi, quelli che hanno ucciso, messo le bombe e sciolto nell’acido, uscirebbero dal carcere, mi sembra una cosa assurda. A decidere sul singolo caso sarebbe il magistrato di sorveglianza – chiarisce Calleri -, che avrebbe così un’enorme responsabilità e sarebbe esposto a minacce e tentativi di corruzione da parte dei clan. Compito della Fondazione è fare pressione affinché in primis siano tutelati i diritti di Abele, poi quelli di Caino. In difesa di Abele, sempre”.

La diretta sarà anche l’occasione per una riflessione sullo stato di salute della lotta alla mafia nel nostro Paese. Da tempo si registra la tendenza a sottovalutare il fenomeno mafioso, o ad occuparsene solo quando la mafia impugna le armi, mietendo vittime innocenti. “Commettiamo un errore di valutazione: la mafia continua a sparare – spiega il presidente della Fondazione Caponnetto -. Anche grazie all’ergastolo ostativo, noi abbiamo vinto la battaglia contra la mafia terrorista, quella del modello corleonese di Riina. Solo che il modello vincente della mafia è un altro, quello catanese, agrigentino: una mafia silente che però, se è necessario, minaccia, spara, progetta attentati. Si veda l’attentato ad Antoci o le minacce a Borrometi. La mafia oggi agisce sotto traccia e fa ancora più affari: più si evolve, meno tenderà a sparare”.

Catello Maresca. Sostituto procuratore generale al Tribunale di Napoli

Tantissimi analisti ed esperti di criminalità organizzata hanno lanciato da tempo l’allarme: concreto è il rischio che le cosche mettano le mani sui fondi del Recovery Fund. “Dovremo aumentare i controlli e contestualmente deburocratizzarli, renderli più snelli. Dobbiamo incominciare a prevenire, invece di curare: fare l’antimafia del giorno prima, non quella del giorno dopo. Ben vengano eventi di sensibilizzazione come quello di stasera – conclude Calleri -; bisogna fare in modo che la mafia torni ad essere un tema centrale nel dibattito pubblico”. 

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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