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A Gaza fra gli sfollati rimasti senza soldi

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Fino a poche settimane fa quello situato nella strada principale di Khan Yunes, nel settore sud di Gaza, era un normale ufficio di cambiavalute. Tre impiegati, tre clienti al massimo alla volta, un’atmosfera sobria e rarefatta a pochi passi dal mercato ortofrutticolo. Adesso i tre impiegati sono sotto assedio. “Sono qua dalle sette di mattina – dice un uomo – anche se loro apriranno alle nove. Sono venuto a prendere il mio numero per fare la fila”. Sul marciapiede, con lui, centinaia di persone. Tutte in piedi, tutte col loro numero in mano. Nessuno si allontana per più di qualche minuto, magari per prendere alla svelta un caffé da una bancarella vicina, per poi tornare in fila.

“Alle 14.30 questo ufficio chiude – racconta l’uomo, che ha studiato nei dettagli la situazione. – Chi non ha fatto a tempo ad entrare fino a quell’ora, dovrà tornare domani, anche se aveva un numero in mano”. Quella folla sono le centinaia di migliaia di sfollati che sotto pressione di Israele hanno lasciato le loro abitazioni nel nord della Striscia e si sono spostai a sud del Wadi Gaza. Trascorsi una decina di giorni dalla repentina partenza dalle loro case, sotto i bombardamenti israeliani, realizzano adesso di essere rimasti senza soldi contanti. Nelle condizioni disastrate nel sud anche l’idea di offrirsi per lavori manuali, ad esempio nell’agricoltura, è fuori questione. Nell’ufficio del cambiavalute di Khan Yunes, che è un concessionario della Western Union, si possono ricevere fondi dall’estero. Ma chi non ha parenti in Paesi stranieri, deve rivolgersi alle banche locali.

Per scoprire che ormai non offrono più servizi. “Io la mattina apro l’ufficio, entro e metto i soldi nel bancomat. Poi me ne vado a casa”, racconta l’impiegato di una banca locale. Chi vuole compiere operazioni più complesse deve rinunciare. All’ingresso del mercato di Khan Yunes un uomo sulla quarantina implora: “Aiutatemi a comprare il latte per i miei bambini!”. Ormai il numero dei mendicanti è decuplicato. “In genere – dice un venditore – quando vedono qualcuno che arriva con l’automobile si accalcano attorno, ritenendo che si tratti di una persona facoltosa”.

E vengono esauditi? “A volte sì. Difficile restare insensibili al loro dolore”. Fra i mendicanti ci sono anche persone che, ancora un mese fa, avevano uno status elevato a Gaza City. Ora sono nessuno, costretti con le spalle al muro a mendicare pane e acqua all’Unrwa, l’ente dell’Onu per i profughi. Guardandoli, si vede che non sanno tendere la mano. Alcuni hanno gli occhi umidi di lacrime. “A me fanno compassione”, dice una donna anziana, in apparenza una casalinga. Ha portato piatti di cartone con cibi preparati a casa, carne con riso, da distribuire a chi pare non abbia mangiato. “Con tutto il male che ci ha portato la guerra – afferma – almeno è venuta fuori una cosa buona: la solidarietà umana”.

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Trump, Mosca e Kiev si incontrino per concludere accordo

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“Appena atterrato a Roma. Una buona giornata di colloqui e incontri con Russia e Ucraina. Sono molto vicini a un accordo e le due parti dovrebbero ora incontrarsi, ad altissimo livello, per ‘concluderlo’. La maggior parte dei punti principali è stata concordata. Fermate lo spargimento di sangue, ora. Saremo ovunque sia necessario per contribuire a porre fine a questa guerra crudele e insensata!”: lo scrive Donald Trump su Truth dopo essere arrivato a Roma per i funerali del Papa.

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Figlio del vicedirettore della Cia ucciso in Ucraina, era inquadrato nell’esercito russo

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Un 21enne americano, Michael Alexander Gloss, figlio di un’alta dirigente della Cia e di un veterano della guerra in Iraq, è stato ucciso a Donetsk lo scorso aprile mentre combatteva con l’esercito russo contro gli ucraini. Lo scrive il Washington Post, riferendo che la morte è stata resa nota da iStories, un sito web indipendente di giornalismo investigativo russo con sede all’estero. La madre è Juliane Gallina, vicedirettrice Cia per l’innovazione digitale, il padre è Larry Gloss, capo di un’azienda di tecnologie per la sicurezza fisica. Michael ha lottato per gran parte della sua vita con la malattia mentale, ha detto Gloss.

Il padre ha raccontato al giornale della capitale Usa che il figlio era un pacifista amante di Bob Dylan che voleva salvare l’ambiente, un giovane che “non avrebbe fatto male a una pulce”. Un anno fa, nell’aprile 2024, Michael Gloss è stato ucciso a Donetsk: è stato uno dei pochi americani ad aver combattuto con le forze di Mosca nella guerra contro l’Ucraina. Insolito per il figlio di un alto funzionario della Cia e di un veterano della guerra in Iraq, cresciuto in una confortevole periferia di Washington. “Se aveste conosciuto nostro figlio, era il giovane anti-establishment e anti-autorità per eccellenza fin dal momento in cui è venuto al mondo”, ha assicurato al Wp il padre, secondo cui intorno ai 17 anni Michael ha iniziato a ribellarsi ai “valori condivisi” dei suoi genitori, professionisti della sicurezza nazionale.

È stato con “incredulità e devastazione” che il padre e la madre hanno ricevuto la tragica notizia lo scorso giugno, consegnata personalmente da un funzionario del dipartimento di Stato per gli affari consolari. Fino a quel momento non avevano avuto la minima idea che si trovasse in Ucraina, tanto meno che stesse combattendo con l’esercito russo. “Per noi è stata una novità assoluta che fosse coinvolto in relazioni militari con la Russia”, ha dichiarato il padre. Michael è morto il 4 aprile 2024 per “enorme perdita di sangue” in un bombardamento di artiglieria, ha spiegato, citando il certificato di morte russo. “È morto correndo in aiuto di un compagno ferito, cercando di proteggerlo. Questo era il classico Michael”.

L’agenzia di Langley ha rilasciato una breve dichiarazione oggi. “La Cia considera la scomparsa di Michael una questione privata e familiare, non una questione di sicurezza nazionale. L’intera famiglia della Cia è addolorata per la loro perdita”. Sebbene la famiglia abbia celebrato il funerale di Michael a dicembre, la sua morte in Ucraina durante un combattimento con l’esercito russo non è stata resa pubblica fino a venerdì, in un articolo pubblicato su iStories.

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Si è suicidata Virginia Giuffre, aveva accusato di abusi sessuali Jeffrey Epstein e il principe Andrea

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Si è suicidata Virginia Giuffre (nella foto col suo avvocato), che aveva accusato di abusi sessuali Jeffrey Epstein e il principe Andrea. Lo rende noto la famiglia della donna. La 41enne americana si è tolta la vita nella sua casa in Australia. “Si è suicidata nella sua fattoria dopo essere stata vittima per tutta la vita di abusi e traffico sessuali”, hanno dichiarato i parenti. La Giuffre aveva accusato il defunto miliardario statunitense caduto in disgrazia Epstein di averla usata come schiava sessuale.

Il principe britannico Andrea da parte sua ha ripetutamente negato le accuse di averla abusata quando aveva 17 anni ed è riuscito a evitare il processo pagando un risarcimento multimilionario. “Alla fine il peso degli abusi è così pesante che per Virginia è diventato insopportabile gestirlo”, ha aggiunto la famiglia della donna ricordandone “l’incredibile coraggio e il suo spirito amorevole”. Giuffre lascia tre figli: Christian, Noah ed Emily. Il suo avvocato Sigrid McCawley ha affermato che Giuffre era stata una “cara amica” e una paladina per le altre vittime: “Il suo coraggio mi ha spinto a lottare con più forza, e la sua forza era impressionante”.

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