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Carceri, emergenza nazionale irrisolta tra braccialetti, indultini e narcotrafficanti che comandano pure in cella

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Scusate se torno sulla questione carceraria. Ma mi sembra necessario. Ovviamente siamo tutti presi dall’andamento dei contagi quotidiani, trasmessi in mondovisione nell’ormai imperdibile collegamento serale dal Dipartimento della Protezione Civile.
Ma rischiamo, così, di far passare in secondo piano un’altra emergenza nazionale. Si sarebbe detto in altri tempi che le carceri in questo momento sono una polveriera, pronta ad esplodere, anzi a riesplodere, più forte di prima.
Dopo i tumulti del weekend del 7 marzo, segnalavo la necessità di un intervento forte, autorevole dello Stato. Di una presa di posizione anche rispetto a ventilate ipotesi di indulto generalizzato. La linea auspicabile e proposta era: niente sconti di pena, ma tutela per le situazioni di oggettiva difficoltà, dei detenuti, ma anche – se non prima di tutto – del personale della Polizia Penitenziaria.
Nel frattempo nei giorni scorsi è arrivato un altro segnale inquietante, sfuggito ai più, ma soprattutto agli esperti chiamati a fronteggiare questa situazione critica.

Antonio Bastone. Il narcotrafficante di Secondigliano che scrive lettere dal carcere di Poggioreale dov’è ristretto da un po’ di anni

Una “lettera aperta” è stata inviata al quotidiano napoletano Il Roma, dal boss degli Amato-Pagano, Antonio Bastone, attraverso il garante comunale dei detenuti, Pietro Ioia.

“Questo è il momento dell’altruismo e del buonsenso. Il Paese sta attraversando un momento di estrema difficoltà e per questo motivo le rivolte vanno messe da parte”, sono le parole con cui si apre la missiva del narcotrafficante.

Bastone, nome evocativo, una carriera di primo piano come narcotrafficante prima con i Licciardi, poi con gli Amato Pagano ed infine con gli Abbinante, ha dunque preso le distanze e si dissocia dalle proteste che si sono svolte all’interno del carcere di Poggioreale, lo scorso 8 marzo. “Il Padiglione Avellino, nel quale mi trovo detenuto, del resto si è subito dissociato da quella rivolta”, ha sottolineato il boss che ha espresso massima solidarietà al Corpo della Polizia penitenziaria.
Tutto sommato niente di strano, direbbe uno sprovveduto.
Un segnale inequivocabile, direbbe invece qualche dotto scrittore di cose mafiose.
Un atto di forza della criminalità organizzata, proveniente da uno dei clan più potenti del Paese, dall’interno della criminalità di Secondigliano.

Il messaggio è chiaro per chi lettere e dinamiche del genere le conosce benissimo. Nel Padiglione Avellino, quello dedicato ai criminali più accaniti, comandiamo noi e siamo noi a gestire la situazione.
Chi conosce gli equilibri sottili che si creano all’interno degli istituti carcerari, le alleanze criminali che si sedimentano ed i rapporti di forza sa bene cosa possa esserci dietro ad un comunicato del genere. Soprattutto in una realtà complicata e delicata come quella di Napoli.

Del resto, il paradosso è che messaggi tranquillizzanti e rassicuranti provengano da chi fino a ieri gestiva il più grande mercato di morte del meridione, quello legato alla droga. Ma questa è, se vogliamo, una parentesi, seppur emblematica, di ciò che sta accadendo all’interno delle carceri italiane.

Nel frattempo, infatti, arrivano notizie di un detenuto positivo al carcere di Milano, giustamente subito mandato agli arresti domiciliari. E delle auspicabili contromisure che si stanno adottando in quel singolo contesto.

Poi c’è il fronte caldissimo del personale. La polizia penitenziaria che con abnegazione e grande dignità lavora quotidianamente per garantire la sicurezza degli istituti di pena, a quanto sembra, è ancora con pochi presidi medici e con poche garanzie. E ci sarebbero già una cinquantina di contagiati. Sembra addirittura che una circolare del Dap imponga loro di andare a lavoro, nonostante abbiano avuto contatti con persone contagiate o che si sospetti siano state contagiate.
Alla faccia della prevenzione, direbbe Totò!
Una situazione straordinaria che esigerebbe un intervento tecnico serio, deciso, forse anche coraggioso.
Ed, invece, dopo giorni di attenzione, studio, approfondimento e poi ancora studio, i risultati non sembrano incoraggianti.
Il decreto legge Cura Italia, all’art. 123, ha emanato quello che in gergo tecnico viene definito come un indultino.
Un copia e incolla, salvo qualche piccola modifica sui reati ostativi ed una accelerazione della procedura, della legge 199 del 2010, promossa dall’allora governo Berlusconi. Il tutto subordinato alla disponibilità dei braccialetti elettronici.

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Il ministro Bonafede con il capo del Dap Basentini

Circa tremila secondo le stime del Ministero, forse qualche migliaio in più nella realtà, i detenuti che andranno a scontare la pena, anche residua di diciotto mesi, nelle loro abitazioni.
Esclusi ovviamente i delinquenti più pericolosi, gli incalliti e i rivoltosi degli ultimi tumulti.
Una norma manifesto, come già l’hanno definita alcuni commentatori, che non risolve il problema del sovraffollamento e non propone nessuna soluzione innovativa.
Braccialetti elettronici insufficienti, come denuncia l’Unione delle Camere penali.
Nulla di fatto sui colloqui, ancora sospesi.
E la polveriera ancora pronta ad esplodere.

La verità è, come in altri settori, come ad esempio la sanità, l’emergenza coronavirus ha fatto venire a galla tutti i difetti di sistemi incancreniti, mai affrontati con la giusta programmazione.La strategia, quella che applichiamo nella lotta al crimine organizzato, non ha mai fatto ingresso nel ragionamento politico.

È la strategia, che si applica dopo uno studio attento del caso ed una analisi seria degli scenari possibili, che ti aiuta a risolvere veramente i problemi.
La questione carceraria è da sempre aperta, ma mancano gli studiosi.
Ricordiamocene quando questa brutta situazione sarà alle nostre spalle e avremo qualche migliaia di delinquenti in più fuori dalle carceri e qualche certezza in meno. La certezza della pena, per esempio.

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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