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Popolare di Bari, scardinato il sistema di Marco e Gianluca Jacobini: nei guai altri dirigenti della banca

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Per oltre un decennio la famiglia Jacobini avrebbe gestito la Banca Popolare di Bari falsificando bilanci e ostacolando i controlli delle autorita’ di vigilanza, Consob e Bankitalia, per la “persecuzione di interessi propri, anziche’ di scelte nell’interesse dei risparmiatori”. A poco piu’ di un mese dal commissariamento dell’istituto di credito barese finito sull’orlo del crac, con perdite intorno ai 2 miliardi di euro, tutti i presunti inganni sono finiti nero su bianco nelle 407 pagine di ordinanza di custodia cautelare che ha portato Marco Jacobini, ex presidente, e il figlio Gianluca, ex codirettore, agli arresti domiciliari per i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. I due “nella imminenza del commissariamento” avrebbero trasferito circa 5,6 milioni di euro dai loro conti correnti con assegni circolari e bonifici con “l’intenzione – secondo i magistrati – di sottrarre i profitti illeciti ad eventuali operazioni di sequestro da parte dell’autorita’ giudiziaria”.

Ai domiciliari e’ finito anche Elia Circelli, responsabile della Funzione Bilancio e Amministrazione della Direzione Operations, mentre Vincenzo De Bustis Figarola, ex amministratore delegato e in passato dirigente anche di Banca 121 e Mps, e’ stato interdetto per 12 mesi. Secondo il giudice che ha firmato gli arresti “la struttura della banca e’ ancora sottoposta al controllo di fatto della famiglia Jacobini” con l’ex presidente che, stando alle rivelazioni di un dirigente sentito durante le indagini, era capace di “governare la banca con lo sguardo”. “Appare pertanto necessario e urgente – dice il gip – impedire che tale potere illecito impedisca il risanamento della banca con i devastanti effetti sull’economia meridionale”. Dagli atti emerge che, nonostante la situazione di grave dissesto patrimoniale di BpB, la famiglia Jacobini avrebbe percepito dal 2011 al 2017 compensi per complessivi 10 milioni di euro e nel 2018 il solo Marco avrebbe incassato redditi per oltre 3 milioni. Nell’inchiesta della Gdf, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi con i sostituti Federico Perrone Capano e Savina Toscani, sono indagate nove persone. La Procura, in tre anni di indagini, avviate dopo la denuncia di un ex dirigente mobbizzato, Luca Sabetta (le accuse di maltrattamenti ed estorsione nei suoi confronti non sono state ritenute sussistenti dal gip), ha raccolto le testimonianze di dipendenti, coindagati e anche degli allora direttori generali di Consob e Bankitalia, Angelo Apponi e Salvatore Rossi. Buona parte dell’indagine riguarda l’acquisizione di Banca Tercas e gli aumenti di capitale del 2014 e 2015 collegati a quella operazione, della quale sarebbero stati nascosti i rischi. E cosi’ per anni sarebbero stati “aggiustati” i bilanci per “mantenere intatto il potere di gestione della banca a spese degli azionisti”, vendendo loro azioni diventate ormai illiquide.

“Quando abbiamo venduto le azioni abbiamo fottuto i clienti” dice un ex direttore di filiale intercettato. In alcune intercettazioni gli indagati parlano, a questo proposito, di “numeri sbalorditivi, mostruosi”, falsificati allo scopo di “ritardare l’emersione delle perdite”. Mentre Marco Jacobini e i suoi figli si preoccupavano di agevolare alcuni clienti “amici”, aumentare i propri compensi e commentare gli articoli di stampa sui problemi della banca come “attacchi politici alla famiglia Jacobini”, continuando ad ignorare le richieste degli organi di vigilanza sul cambio di governance. “E’ come se avessimo una vela stracciata e vogliamo affrontare il mare aperto, abbiamo provato a cucirla, ma abbiamo messo l’imbastito. Il primo soffio di vento che arrivera’ che si gonfiera’ la vela, si strappera’”. Sono le parole intercettate di un ex dirigente indagato, che sembrano l’epilogo della vicenda, perche’ quella vela, poi, si e’ strappata davvero.

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Anziana investita e uccisa a Napoli, caccia a pirata strada

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Una donna anziana e’ morta a Napoli, vittima di un pirata della strada. Alle 18.15 circa di ieri, in via Labriola, sulla carreggiata in direzione via E. Ciccotti, R.R., 80 anni, e’ stata investita mentre attraversava la strada. Secondo prime ricostruzioni, un’auto si era fermata per consentire il passaggio alla signora, ma una Citroen di colore blu scuro, nel tentativo di sorpassare questa vettura, ha investito la donna e poi e’ fuggita. La Polizia Locale e’ impegnata nelle indagini per identificare il conducente e il veicolo coinvolto. La vittima era stata trasportata all’ospedale Cardarelli in stato di incoscienza e dopo poche ore e’ deceduta.

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Omicidio Giulia Cecchettin, Turetta premeditò il delitto: rischia ergastolo

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E’ un carico accusatorio molto pesante quello che la procura di Venezia contesta nell’avviso di chiusura delle indagini a Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Mentre il ‘rumore’ esploso nelle piazze e nelle coscienze in nome di Giulia non si e’ mai spento, a sei mesi dalla notte dell’11 novembre quando venne ammazzata tra le fabbriche e le strade vuote di Fosso’, pochi chilometri lontano dalla sua casa di Vigonovo, gli inquirenti tirano una linea e sciolgono alcuni nodi giuridici. E decidono che si’, Turetta aveva premeditato di ucciderla come dimostrerebbero, spiega il procuratore Bruno Cherchi, “la ricerca dei luoghi tramite internet, l’acquisto del materiale necessario per immobilizzare la vittima, la cartina geografica, l’atto di silenziare la persona offesa mettendole del nastro adesivo per non farla urlare, serrare i polsi e le gambe della ragazza”.

Aggiungono l’aggravante della crudelta’, da intendersi come la giurisprudenza la intende: aver inflitto “sofferenze gratuite e non collegabili al normale processo di causazione della morte”. In questo caso con venti coltellate, le prime nel parcheggio davanti alla villetta dove viveva quando Turetta l’aggredi’ a bordo della sua Fiat Punto nera. Qui per diverse ore sono rimaste sull’asfalto le tracce di sangue della ragazza ed e’ stato trovato un coltello da cucina. Poi, dopo averla immobilizzata con lo scotch, questa e’ la ricostruzione della Procura, l’ha spinta in auto, superando la sua resistenza, ha raggiunto in pochi minuti Fosso’ e l’ha assalita di nuovo, finendola. Da li’ e’ iniziata la fuga che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso per una settimana. Dopo il delitto Turetta era scappato verso il Friuli e, abbandonato il corpo in un dirupo vicino al lago di Barcis, era fuggito verso l’Austria e poi in direzione Germania, dov’e’ stato fermato dalla polizia tedesca, vicino a Lipsia, nella mattinata del 19 novembre. “L’ho uccisa io” ha detto subito Filippo a chi l’ha fermato, una confessione non utilizzabile nel processo mentre lo e’ quella messa a verbale nel carcere Montorio di Verona, dov’e’ detenuto.

Il contesto in cui il delitto e’ maturato sarebbe stato quello dello stalking, come suggerito alla Procura da chat e testimonianze che riferiscono delle insistenze morbose del giovane nei confronti dell’ex compagna dopo che la loro storia era finita. Omicidio aggravato da premeditazione, crudelta’, efferatezza, sequestro di persona, porto d’armi e occultamento di cadavere, e’ il robusto capo d’imputazione da cui dovra’ difendersi davanti alla Corte d’Assise. Non c’e’ spazio per il rito abbreviato, che avrebbe comportato uno sconto di un terzo della pena, perche’ i reati sono cosi’ gravi da ipotizzare l’ergastolo. Si chiude cosi’ la prima parte ‘giudiziaria’ di quella che nel frattempo e’ diventata la storia di Giulia e non, come spesso accade nella narrazione mediatica, quella del suo presunto omicida, sul quale si sono spente le luci. La storia di Giulia, di suo padre Gino e della sorella Elena che mai come prima hanno portato l’attenzione sul tema dei femminicidi con i loro appelli a un cambiamento culturale profondo.

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Adr lancia ‘Airport in the City’: a Termini check-in di Ita

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All’inaugurazione di “Airport in the City” sono intervenuti, tra gli altri , la ministra del Turismo Daniela Santanchè, il presidente di Ita, Antonino Turicchi, il presidente dell’Enac, Pierluigi Di Palma, il Presidente di Unindustria, Angelo Camilli. “È con grande soddisfazione che oggi ci uniamo ad Aeroporti di Roma per celebrare l’inaugurazione di Airport in the City, un servizio che rende l’esperienza di viaggio sempre più agile e confortevole – ha detto Turicchi – Questo progetto riflette la stretta collaborazione tra ITA Airways e Aeroporti di Roma, evidenziando il comune impegno per l’innovazione e la sostenibilità nel settore dei trasporti”.

“Il progetto di Adr si inscrive appieno nel processo di innovazione e interconnessione del trasporto aereo che l’Enac persegue da tempo” – ha aggiunto il presidente Enac Pierluigi Di Palma. “L’hub di Fiumicino, prima porta d’accesso all’Italia più volte premiato come migliore scalo d’Europa, sviluppa l’integrazione con la stazione Termini, primo snodo ferroviario nazionale, rafforzando l’intermodalità aria-ferro. Con il check-in off-airport Termini Fiumicino, il comparto aereo italiano si riconferma una realtà innovativa, sostenibile e, soprattutto, attenta ai diritti dei passeggeri con l’offerta di servizi di qualità che, oggi, rappresentano l’elemento più importante per le scelte dei consumatori”.

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