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Economia

Manovra 2020: stangata Imu su ‘finte’ prime case, tassa su giochi, niente tasse su plastica e zucchero

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Niente doppie prime case. Mentre il governo, chiusa l’intesa politica, cerca la quadra sulle coperture, la maggioranza si porta avanti con il lavoro parlamentare e i relatori alla manovra presentano un pacchetto di emendamenti tra i quali spunta la stretta contro le ‘finte prime case’, in particolare nei luoghi di vacanza. Certo, la norma è pensata per evitare “discriminazioni” tra le famiglie e non per fare cassa, ma certo potrà aumentare gli incassi Imu: non sarà più possibile, infatti, all’interno dello stesso nucleo familiare, indicare più di una abitazione come “principale” e di conseguenza esente dall’imposta sugli immobili, nemmeno se la casa si trova fuori dal territorio comunale di residenza della famiglia. La stretta punta proprio contro lo “spostamento fittizio della residenza di uno dei due coniugi”, che si verifica “sulle case turistiche”. Le risorse per fare slittare di sei mesi la sugar tax e per spostare a luglio la plastic tax arriveranno in gran parte da una ulteriore rimodulazione della cosiddetta ‘tassa sulla fortuna’, cioe’ l’imposta da pagare sulle vincite, che dovrebbe fruttare all’incirca altri 300 milioni, che porterebbero a oltre un miliardo il contributo alla manovra del comparto dei giochi. Per avere la stesura definitiva bisognera’ aspettare lunedi’, quando sara’ depositato un secondo pacchetto di modifiche dei relatori e forse anche il governo avanzera’ delle sue proposte. Ma al momento l’ipotesi piu’ quotata e’ quella di alzare ancora, dal 15% al 20% l’imposta sulle vincite. Non solo, mentre per Gratta e Vinci, Superenalotto, lotterie nazionali e WinForLife la soglia della vincita su cui scatta l’imposta restera’ a 500 euro, per le newslot il prelievo scattera’ dai 200 euro in su. La copertura delle novita’ sulle microtasse non e’ l’unica grana che il governo deve ancora risolvere: altre risorse verranno infatti a mancare perche’ cambia la nuova ‘Robin tax’ sui concessionari pubblici. La norma gia’ presentata dal governo in Senato prevede infatti che si applichi l’addizionale Ires del 3% sui concessionari di porti, aeroporti, ferrovie, Tlc, acque minerali ed energia elettrica. Ma, davanti al rischio di un impatto sui consumi, e in particolare sulle bollette, l’esecutivo ha fatto marcia indietro prima ancora di portare l’emendamento al voto e ha deciso di imporre l’aumento per 3 anni dell’imposta solo sul settore dei trasporti. Dalla Robin tax pero’ il governo contava di incassare 647 milioni il prossimo anno (circa 300 milioni in piu’ della norma sugli ammortamenti dei concessionari autostradali che doveva sostituire).

Matteo Renzi chiude la Leopolda. Appello a Fi e competizione con il Pd

I capitoli in cerca di copertura, tra l’altro, restano numerosi: si va dalla proroga della cedolare secca per i negozi a quella del bonus verde, lo sconto del 36% per sistemare terrazzi e giardini. La conferma di Ferrobonus e Marebonus arrivano invece con il pacchetto dei relatori, che contiene una trentina di modifiche. Si va da alcuni ritocchi alle norme sulla riscossione degli enti locali, che avranno gli stessi poteri dell’agente della riscossione nazionale alla previsione di una serie di assunzioni nei ministeri, nelle capitanerie di porto e nell’avvocatura. Altre assunzioni arriveranno alla Giustizia, per potenziare, tra l’altro, le comunita’ che accolgono i minori per scontare le pene fuori dal carcere. Novita’ anche per la sanita’: per fare fronte alla carenza di organico arriveranno sia la proroga delle misure per la stabilizzazione dei precari sia lo scorrimento delle graduatorie per poter attingere anche tra gli idonei per coprire i buchi tra i medici, i tecnici e gli infermieri.

Il giorno dopo la difficile intesa sulla manovra, la maggioranza si risveglia tutt’altro che compatta. Matteo Renzi rivendica la vittoria nella “battaglia delle tasse” e lancia la sfida a gennaio sulla crescita. Ma il premier Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti lo stoppano: “Abbiamo vinto tutti”, dice il primo, “ha vinto l’Italia”, avverte il secondo. Un botta e risposta che la dice lunga sul clima nella maggioranza alla vigilia di due settimane nelle quali, oltre al voto sulla manovra, gli alleati di governo saranno chiamati a decidere, mercoledi’, sul Mes e a disinnescare lo scontro sulla prescrizione prima dell’entrata in vigore, il primo gennaio, sulla riforma. Da lunedi’ in commissione al Senato si votera’ a tappe forzate la manovra con l’obiettivo di arrivare giovedi’ in Aula. La blindatura del testo alla Camera scongiurera’ di riaprire le tensioni, chiuse dopo il vertice fiume di ieri. Di primo mattino il leader Iv alza il dito: “Abbiamo vinto la battaglia delle tasse. Ora tutti insieme concentriamoci sulla crescita. Finira’ come sulle tasse: prima ci criticano, poi ci ignorano, poi ci daranno ragione”. Un’esultanza che gli alleati non fanno passare. “Non c’era nessun premio in palio, non so cosa abbia vinto, abbiamo vinto tutti. Iv ha sicuramente dato un contributo, come tutte le altre forze politiche ma non tutte le sue richieste sono state accolte”, puntualizza Conte. Che si dice non interessato al fatto se Iv o qualche altro partito di governo pensi alle elezioni.

Oggi però, dopo settimane di gelo, ai Dialoghi Mediterranei sembra esserci stato, almeno nei comportamenti, un riavvicinamento tra il premier e il capo M5s Luigi Di Maio: i due si sono salutati e piu’ volte avvicinati per parlarsi. Gia’ mercoledi’ la maggioranza è di nuovo chiamata ad una prova di compattezza: con le comunicazioni, alla Camera e al Senato, del premier Giuseppe Conte sul Mes, i partiti al governo dovrebbero presentarsi uniti davanti alle opposizioni che annunciano battaglia. Oggi la Lega, con banchetti nelle varie citta’, ha raccolto centinaia di migliaia di firme contro il trattato sul fondo Salva-Stati. “Vogliamo fare di tutto per bloccare questo trattato, che arriva mercoledi’ in Aula, perche’ e’ un rischio per il Paese”, spiega Matteo Salvini che alla battaglia sul Mes subordina la decisione della Lega di fare un ricorso alla Consulta contro la compressione della legge dibilancio ad una sola lettura per Camera.

Per l’ok al Mes gli occhi saranno puntati su M5S: Luigi Di Maio, dopo gli attacchi della scorsa settimana, ha abbassato i toni, complice il rinvio a marzo deciso dall’Eurogruppo, ma tra i parlamentari il via libera e’ tutt’altro che scontato. L’altro nodo che la maggioranza deve chiudere prima di Natale e’ quello sulla prescrizione. Oggi il ministro Alfonso Bonafede chiude sulla prescrizione processuale, che lega la prescrizione alla durata dei gradi di giudizio, sbarrando la strada ad una delle due ipotesi che il Pd ha messo sul piatto per dare il via libera all’entrata in vigore dal primo gennaio della riforma. Ma, spiegano fonti Pd, in realta’ piu’ che alla prescrizione processuale i dem lavorano ad ottenere una sospensione della prescrizione per 2-3 anni dopo il primo grado. Un vertice non e’ ancora stato fissato ma e’ possibile che si tenga nei primi giorni della prossima settimana, prima che Conte, chiamato dal Pd a mediare, voli a Bruxelles. “Stiamo lavorando su una base tecnica – spiega il premier – una volta trovate le soluzioni tecniche, e siamo vicini, faremo certamente un vertice politico”.

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Bonus per assumere giovani e donne e 100 euro a gennaio

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Bonus per le assunzioni di giovani, donne e lavoratori svantaggiati, con sgravi per due anni. E un’indennità di 100 euro a gennaio prossimo per i dipendenti con redditi fino a 28mila euro. La premier Giorgia Meloni insieme a metà governo presenta ai sindacati le novità in arrivo sul lavoro e sul fisco, che andranno in Consiglio dei ministri alla vigilia della festa dei lavoratori. Mettendo sul tavolo un nuovo decreto primo maggio – come già ribattezzato – dopo che l’anno scorso in quella data furono approvate le norme sull’inclusione, con l’addio al Reddito di cittadinanza, sulle causali per i contratti a termine e sul taglio del cuneo fiscale fino a 7 punti. Ora le nuove misure sono contenute nel decreto Coesione, che riforma le relative politiche in materia, e in un decreto legislativo, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, domani all’esame del Cdm.

L’obiettivo, come rimarcato da Meloni al tavolo con i sindacati, è quello di continuare a sostenere la crescita dell’occupazione, la riduzione della disoccupazione e degli inattivi, ovvero di coloro che non hanno un lavoro e neppure lo cercano, per farli rientrare nel mercato. E anche di difendere il potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori, “segnatamente quelli più esposti”. In particolare, per il lavoro sono in arrivo misure per sostenere l’occupazione dei giovani, delle donne e di alcune categorie di lavoratori svantaggiati: con la riduzione degli oneri contributivi per i nuovi assunti per due anni. Accanto a queste sono previste disposizioni ad hoc per favorire l’avvio di nuove attività distinte per il Centro-Nord e il Mezzogiorno, spiega la premier. E inoltre si fanno spazio “azioni per riqualificare” i lavoratori di grandi imprese in crisi per favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Sul fronte fiscale, sarà invece erogata a gennaio 2025 un’indennità di 100 euro per i lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28mila euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico.

Da qualcuno già definito “bonus Befana”. Con il decreto Coesione il governo punta ad accelerare l’attuazione delle politiche di coesione che prevedono per l’Italia 75 miliardi di euro, di cui 43 miliardi di risorse europee. Fondi europei che vengono assegnati al Paese ogni sette anni. E che vanno spesi, destinandoli a politiche del lavoro, sociali e di sostegno alle imprese. Poco prima del confronto con le organizzazioni sindacali in vista del primo maggio, sempre a palazzo Chigi, la presidente del Consiglio e una delegazione del governo hanno incontrato Cgil, Cisl e Uil e la confederazione europea e internazionale dei sindacati per una consultazione in vista del vertice G7, in programma in Puglia dal 13 al 15 giugno.

Come di consueto, il Labour7, il formato che riunisce le organizzazioni sindacali delle nazioni G7 e dell’Ue, partecipa ai lavori formulando raccomandazioni ai leader e ai ministri del Lavoro e presentando le priorità dell’agenda: un’agenda che punti – si legge nella dichiarazione – alla crescita dell’occupazione, verde e di qualità, della sicurezza sul lavoro e dei salari. Presenti agli incontri i segretari generali di Cisl e Uil, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, per la Cgil i segretari confederali – non Maurizio Landini a Palermo per un’assemblea contro la mafia. Mercoledì intanto Cgil, Cisl e Uil si preparano a celebrare il Primo maggio sotto lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”, che li vedrà prima a Monfalcone (Gorizia) per la tradizionale manifestazione e poi a Roma per il concertone che debutta al Circo Massimo.

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Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Inflazione, Codacons: con record cacao e caffè rischi rincari

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E’ boom per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record, aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme arriva oggi dal Codacons, che ha monitorato l’andamento delle quotazioni negli ultimi mesi. A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre ieri, mercoledì 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno, riporta il Codacons. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).

Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti, lancia l’allarme il Codacons. Basti pensare che solo per i prodotti a base di cacao e caffè gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo procapite di circa 2 kg. Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di cacao e caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno – aggiunge il Codacons. Ipotizzando un rincaro medio dei listini al dettaglio del +5% come effetto dei rialzi delle materie prime, i consumatori andrebbero incontro ad una nuova stangata da 510 milioni di euro solo per i consumi di caffè e cioccolato.

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