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Le bugie di De Luca su affare monnezza e terra dei fuochi

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È da qualche giorno che il presidente della Giunta Regionale della Campania Vincenzo De Luca e, a pappagallo (nel senso che ripete esattamente le stesse cose), il suo avvocato, amico e vice presidente Fulvio Bonavitacola, fanno rilevare in occasioni pubbliche che nessuno (nessun giornalista, s’intende) parla o scrive del fatto che l’inceneritore di Acerra dopo 35 giorni di manutenzione straordinaria è tornato in funzione.

A De Luca, e a Bonavitacola che ripete esattamente le stesse cose, forse farebbe piacere che si scrivesse e si dicesse che ad Acerra i tre forni di incenerimento dei rifiuti sono nuovamente in funzione. Che ogni giorno bruciano 2mila e passa tonnellate di rifiuti. E vorrebbero che i giornalisti la smettessero di parlare di terra dei fuochi, di interramento criminale dei rifiuti,  possibile nesso di casualità tra interramento criminale di rifiuti e neoplasie.

Allora è bene che qualcuno cominci ad accontentarli De Luca e Bonavitacola. Ci proviamo noi di Juorno.it. È vero che l’inceneritore di Acerra funziona. La A2A, la miliardaria multiutility di Milano che gestisce l’impianto di Acerra (che De Luca vorrebbe portare da 3 a 4 linee di incenerimento), ha potuto così, con cinque giorni di anticipo sui tempi previsti, continuare a bruciare monnezza e a produrre energia da vendere al circuito della rete elettrica nazionale incassando milioni di euro. Come? La termovalorizzazione  è considerata fonte alternativa e gli impianti di incenerimento dotati di tecnologie per il recupero delle sostanze derivate dalla combustione godono di incentivi, fino ad 8 anni dalla loro costruzione, per la vendita al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) di energia elettrica ad un prezzo triplo rispetto a chi la produce usando carburanti fossili. Chi gestisce l’impianto di Acerra (e simili in Italia) produce energia elettrica dalla termovalorizzazione dei rifiuti (il Cdr, combustibile da rifiuti)  e gode anche di un ulteriore finanziamento derivante dai proventi della vendita di Certificati Verdi.

Rogo devastante nella Terra dei Fuochi. Decine di balle di plastica e carta in fiamme nell’azienda Di Gennaro nella industriale di Caivano

Ai giornalisti non interessa granché dei guadagni di A2A. Ai giornalisti dovrebbe interessare (e pare interessi) mostrare le immagini di certe zone della Campania ridotte ad immondezzai a cielo aperto. Scampia è un quartiere sommerso dai rifiuti. Il parco Verde di Caivano è ridotto ad una enorme discarica. Se fate un giro sulla Panoramica del Vesuvio, una delle strade più belle che portano verso il  Vulcano, noterete che ai margini ci sono tonnellate di monnezza tal quale ( i sacchetti, per capirci), ingombranti, lastre di amianto, pneumatici e altri rifiuti non meglio identificati.

Vincenzo De Luca. Lui è convinto che la Terra dei Fuochi è una invenzione dei giornalisti

Se avete la (s)ventura di fare un giro sull’Asse Mediano o Statale 162 o altri Assi di supporto o di collegamento simili che uniscono i comuni a nord di Napoli o quelli del basso Casertano, noterete che lungo le arterie, nelle curve delle “uscite” o degli “ingressi” ci sono tutti i tipi di rifiuti che vi possano venire in mente ammassati da anni, ogni tanto bruciati.

Potremmo andare avanti all’infinito, raccontando la vergogna del disastro rifiuti in Campania che è certamente anche responsabilità di incivili che andrebbero ancora sbattuti in galera anche solo per abbandono dei rifiuti, ma c’è anche l’assenza delle istituzioni che dovrebbero occuparsi del corretto ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

 

Nessuno ce l’ha con De Luca. Nessun giornalista ha mai pensato che il responsabile dello scempio in Campania sia De Luca. Ma ogni persona normale, nemmeno particolarmente brillante o capace di mettere a fuoco il settore dei rifiuti, sa che dall’ultima emergenza drammatica ad oggi (dal 2008 al 2019) poco o nulla è cambiato nella filiera industriale della monnezza in Campania.

Continuiamo a trasportare il rifiuto organico (l’umido) in Veneto o in Sicilia perchè la Campania non è stata capace di realizzare un solo impianto di compostaggio.

Continuiamo a trasferire monnezza ovunque in Italia e all’estero con navi, camion e treni, spendendo l’iradiddio e facendo lievitare a livelli insopportabili le tasse sui rifiuti per i campani.

Continuiamo a non essere in grado di fermare le manine criminali che tra Napoli e Caserta bruciano ogni giorno rifiuti ammassati tra le campagne.

La Campania continua a pagare all’Europa una multa da 120mila euro al giorno (avete letto bene, 120mila euro di multa al giorno) perché non riesce a presentare un sistema di gestione dei rifiuti degno.

In Campania continuiamo a produrre più di due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti urbani. Di queste, circa un milione fa un viaggio di sola andata verso impianti di trattamento in Italia e all’estero.

 

La Campania continua a non essere autosufficiente nel ciclo di gestione dei rifiuti. Al momento ci sono circa 700mila tonnellate di rifiuti organici che non vengono riciclate così come 300mila tonnellate di scarti non recuperabili inviati a smaltimento in altre regioni d’Italia o addirittura oltre confine. La nuova pianificazione regionale cerca di raggiungere l’autosufficienza puntando al 65% di differenziata e alla costruzione di nuovi impianti di compostaggio entro il 2020, ma  siamo all’anno zero rispetto non alle promesse di De Luca ma a quello che ci impone l’Europa.

Ecco, De Luca e Bonavitacola possono anche continuare, senza alcun contraddittorio, a fare comizi per accusare i giornalisti di essere responsabili di aver inventato la terra dei fuochi o distrutto l’economia della Campania, ma qualcuno dovrà cominciare a dirgli che sono sciocchezze senza alcun nesso con la realtà. Perché  la cosa più oscena che possa fare un politico è sottrarsi alle sue responsabilità, attribuire colpe ad altri e lavarsi le mani di un problema enorme: la terra dei fuochi.
Se a De Luca e Bonavitacola non piace questo termine, ne trovino un altro, ma ci spieghino perché se non esiste la terra dei fuochi loro stanno spendendo mezzo miliardo di euro stanziato dal governo Renzi (3 anni fa, non tre secoli fa) per rimuovere l’eredità di monnezza lasciata dalle emergenze e avviare le bonifiche nella terra dei fuochi.

Impianti rifiuti. Troppi attentati al sistema dei rifiuti regionale

Sarebbe bene che De Luca e chi ripete con lui  certe cose, smettessero di indicare i giornalisti e cominciassero a fare quello per cui sono stati eletti: costruire una filiera industriale dei rifiuti che sia degna di un popolo civilissimo come quello campano.

Perchè De Luca sa bene che in Campania ci sono le più interessanti performance nazionali in tema di differenziazione dei rifiuti, per certi versi anche migliori delle regioni più virtuose del nord est.

Invece si continua a fare la guerra ai giornalisti che descrivono queste cose piuttosto che combattere i criminali che scempiano la nostra terra.

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Procida, la Corricella sulla copertina di Lonely Planet

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Una bellissima foto della Marina Corricella, il suggestivo e policromo borgo dei pescatori dell’isola di Procida, è sulla copertina della guida Lonely Planet nella edizione dedicata al Sud Italia appena pubblicata. L’immagine dall’alto dell’anfiteatro di case dipinte di mille colori che si affaccia sul Tirreno è stata scelta dai curatori della guida tustistica più famosa del mondo per rappresentare esaustivamente “Il sud essenziale e sbiancato dal sole dell’Italia è il paese nella sua forma più antica, piena di sentimento e sensuale. Quaggiù le rovine sono più antiche, i pranzi più lunghi, i paesaggi più selvaggi e intensi”. La copertina di Lonely Planet arriva pochi giorni dopo l’annuncio che, sempre la Corricella, è stata scelta dalla Accademia Europea del Cinema presieduta da Juliette Binoche, tra gli otto nuovi “Tesori della cultura cinematografica europea”, luoghi simbolici per il cinema del nostro continente e da preservare per le generazioni a venire.

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Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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