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Cronache

Cucchi: pm, condannare a 18 anni due carabinieri autori del pestaggio

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Stefano Cucchi la notte del suo arresto per droga nell’ottobre 2009 fu pestato tanto violentemente da portarlo una settimana dopo alla morte e subito dopo fu realizzata un’opera di falsificazione di atti per fare ricadere la responsabilita’ di tutto su alcuni agenti della Polizia penitenziaria che sarebbero stati poi assolti in maniera definitiva. Sono queste le conclusioni della procura capitolina nel processo che per quella morte vede sul banco degli imputati cinque carabinieri, tre dei quali per la terribile accusa di omicidio preterintenzionale. Sono queste le conclusioni che hanno portato a richieste di condanna a 18 anni di reclusione per due militari in servizio alla Stazione carabinieri Roma Appia; la stessa dove quella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu portato dopo il suo arresto per droga. Oggi, il processo e’ giunto a una delle fasi piu’ importanti: il pm Giovani Musaro’ ha tirato le fila del suo lungo intervento, (durato due udienze), e ha sollecitato ai giudici della prima Corte d’assise richieste di condanna ‘significative’. Con ordine: per l’accusa di omicidio preterintenzionale e abuso d’autorita’ ha chiesto la condanna dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a 18 anni di reclusione ciascuno, ritenuti autori del pestaccio in caserma. Cosa diversa per il carabiniere Francesco Tedesco, l’imputato-testimone che con le sue dichiarazioni ha fatto piena luce su quel violento pestaggio: per lui, chiesta l’assoluzione ‘per non aver commesso il fatto’ dall’omicidio preterintenzionale, e tre anni e mezzo di reclusione per l’accusa di falso. E poi, 8 anni di reclusione per falso sono stati richiesti per il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante interinare della Stazione dei carabinieri Roma Appia. Alla fine, restava anche un’ulteriore imputazione, quella di calunnia – contestata al carabiniere Vincenzo Nicolardi e ai colleghi Tedesco e Mandolini – per la quale il pm ha sollecitato una sentenza di non procedibilita’ per prescrizione. L’apertura della parte della requisitoria di oggi e’ stata focalizzata su una precisazione importante. “Questo non e’ un processo all’Arma dei Carabinieri – ha detto il pm Musaro’ – ma e’ un processo contro cinque esponenti dell’Arma dei Carabinieri che nel 2009 violarono il giuramento di fedelta’ alle leggi e alla Costituzione, tradendo innanzitutto l’Istituzione di cui facevano e fanno parte”. E poi l’occhio e’ stato mirato sulle condizioni fisiche di Cucchi. Quando fu arrestato “era un ragazzo che stava bene, lo dicono tutti; pero’ era magro. Era complessivamente in buone condizioni di salute, pero’ era sottopeso. Non mangiava perche’ non stava bene; e il prof.

Stefano Cucchi prima dell’autopsia

Vigevano dice che era dovuto anche a un disturbo post traumatico da stress. Aggredire con quelle modalita’ una persona fragile e sottopeso, significa aggredire una persona che puo’ riportare anche danni piu’ gravi, com’e’ accaduto a Stefano Cucchi. E di questo occorrera’ tenerne conto”. Alla fine, la certezza che sia “impossibile dire che non ci sia un nesso di causalita’ tra il pestaggio e la morte. I periti parlano di multifattorialita’ a produrre la morte di Cucchi. E tutti i fattori hanno un unico denominatore: sono connessi al pestaggio, sono connessi al trauma subito da Cucchi”. “Questo processo ci riavvicina allo Stato, riavvicina i cittadini e lo Stato. Non avrei mai creduto di trovarmi in un’aula di giustizia e respirare un’aria cosi’ diversa. Sembra qualcosa di cosi’ tanto scontato, eppure non e’ cosi'”, ha commentato Ilaria, sorella di Stefano. E se per i legali dell”imputato-accusatore’, Francesco Tedesco, “la sua scelta coraggiosa e’ stata certamente un passo importante per la sua difesa ma anche un contributo generoso per la credibilita’ dell’Arma”, l’avvocato storico della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo ha detto: “Non vogliamo contentini, non vogliamo pene esemplari, vogliamo solo verita’ e giustizia. Siamo esausti, provati; siamo di fronte a una famiglia che sta male. L’unica speranza che possiamo dare e’ restituire quella verita’, quella giustizia, quella dignita’ che meritano”. Cambia intanto il giorno previsto per la sentenza: il 14 novembre, repliche e decisione.(

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Giuseppe, ucciso a 17 anni da un fulmine mentre pascolava le sue bestie

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Un ragazzo di 17 anni è morto nel pomeriggio nelle campagne di Santeramo in Colle nel Barese dopo essere stato colpito da un fulmine. La vittima era impegnata, assieme al padre, in attività di pascolo quando è stato sorpreso da un violento temporale nel corso del quale è stato raggiunto dalla potente scarica elettrica che lo ha fatto cadere a terra. Pare che il ragazzo sia riuscito a rialzarsi ma è morto poco dopo, per arresto cardiocircolatorio. Sul posto, oltre ai carabinieri, è intervenuto il personale del 118 che ne ha constatato il decesso.

“Perdere la vita, a soli 17 anni, è una tragedia che nessuno potrà mai capire. Esprimo il mio sentito cordoglio alla famiglia di Giuseppe, giovane studente santermano, che frequentava l’Istituto tecnico e tecnologico “Nervi-Galilei” di Altamura. Il suo sorriso, la sua determinazione e la dedizione al lavoro resteranno nei cuori di quanti lo hanno conosciuto. Un forte abbraccio a chi gli era vicino”. Lo scrive sulla sua pagina Facebook il sindaco di Altamura, in provincia di Bari, Antonio Petronella, all’indomani della morte dii Giuseppe Cacciapaglia, colpito da un fulmine nelle campagne di Santeramo in Colle durante un temporale. Fino a all’anno scorso il sindaco Petronella era il dirigente dell’istituto scolastico superiore frequentato dal giovane scomparso.

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Corruzione elettorale, indagato capogruppo FdI in Puglia

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Un’altra inchiesta per presunta corruzione elettorale agita la politica pugliese. Questa volta ad essere coinvolto è un esponente del centrodestra, Francesco Ventola, capogruppo di FdI in Consiglio regionale, candidato alle Europee in ticket con Giorgia Meloni. La vicenda è stata dall’ ex assessore regionale Andrea Silvestri. Sia Ventola che Silvestri sono residenti a Canosa. Il primo sostiene la maggioranza del sindaco, l’ex assessore è all’opposizione. Ventola sarebbe dunque indagato dalla procura di Trani per associazione a delinquere e corruzione elettorale in relazione alle amministrative di Canosa in Puglia del 2022.

“È vero – sottolinea Silvestri nel video, rimosso da Facebook ma diventato virale sulle chat – che c’è una inchiesta a Canosa, e questa inchiesta riguarda il sindaco, il presidente del Consiglio comunale, un consigliere comunale e il consigliere regionale? Non mi hanno detto sì, non mi hanno detto no. Siccome siete restii, siete quasi omertosi, adesso facciamo lo scoop”. Ventola ha spiegato di aver ricevuto a febbraio un avviso di proroga delle indagini.

“Rilevo – ha detto il capogruppo di FdI – che per la seconda volta Andrea Silvestri getta fango, in modo calunnioso, sulla mia persona e sull’amministrazione comunale di Canosa. Infatti già qualche mese parlò dell’inchiesta, innescata dal suo entourage. Abbiamo denunciato Silvestri – ha riferito Ventola – per quelle dichiarazioni calunniose e false e vagliamo ora attentamente anche le più recenti propalazioni”. Il capogruppo di FdI in Consiglio regionale ha poi rammentato una vicenda giudiziaria per la quale il suo rivale politico fu arrestato nel 2004 e poi condannato. Ventola ha ricordato inoltre che lo scorso dicembre, nella discussione sulla legge di bilancio, propose con un emendamento la sospensione del trattamento di vitalizio agli ex consiglieri regionali condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione, con un chiaro riferimento alla condizione dell’ex assessore Silvestri. Quest’ultimo ha replicato: “sono procedimenti di più di vent’anni fa, per i quali ho patteggiato: ora sono un cittadino e un libero professionista e le mie questioni con la giustizia le ho risolte all’epoca. È Ventola, in quanto personaggio pubblico candidato alle Europee, che deve rispondere del suo operato”.

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I telefonini di Toti e le mail, settimana decisiva

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Una settimana che potrebbe essere decisiva per l’inchiesta sulla presunta corruzione che ha terremotato la regione Liguria facendo finire agli arresti domiciliari il presidente Toti. Già domani dovrebbero essere effettuate le copie forensi di telefoni, computer e altri dispositivi del governatore e poi degli altri indagati. Saranno acquisiti messaggi e mail, verosimilmente con l’uso di parole chiave. Tutto materiale che servirà ad integrare e a cercare riscontri alla già corposa documentazione e alle intercettazioni alla base dell’inchiesta. Sempre domani inoltre scadono i termini per i ricorsi da presentare al Tribunale del Riesame. Per ora l’unico a fare appello è stato l’imprenditore Mauro Vianello.

Toti, ha fatto sapere la difesa, non ricorrerà al Riesame. Così come Aldo Spinelli, ai domiciliari come il governatore. Toti attende, come ribadito dal legale Stefano Savi, di essere interrogato dai pm ma i magistrati hanno fatto sapere che prima di ascoltarlo intendono approfondire i punti dell’inchiesta. In questo senso determinanti saranno le audizioni di testi in programma da domani tra cui anche il sindaco di Genova Bucci. Inoltre i pm hanno manifestato l’intenzione di volere riascoltare, forse già domani, il file della registrazione dell’interrogatorio di Roberto Spinelli, figlio di Aldo, e in particolare le parole trascritte come “finanziamenti illeciti”. Parole poi contestate da Spinelli jr con una comunicazione dei legali sostenendo di avere parlato di “finanziamenti leciti”.

Per gli inquirenti allo stato fa fede la trascrizione effettuata e, comunque, da quanto chiarito, questo aspetto non cambia il quadro per l’imputazione di corruzione anche a carico del Governatore, per come delineata. A rafforzare questa accusa, secondo la Procura, l’episodio in cui una manager della società Icon, proprietaria del 45% delle quote sociali della Spinelli srl (a sua volta socio di maggioranza della Terminal Rinfuse Genova), Ivana Semeraro, replicando a Spinelli senior che le chiedeva aiuto per le donazioni a Toti, lo metteva esplicitamente in guardia su un possibile risvolto penale: “questa è corruzione, non pago”, diceva all’imprenditore al telefono. La conversazione è del 20 settembre 2021 e la manager fa presente a Aldo Spinelli che per “un problema di reputazione non possiamo fare donazioni a partiti politici, perché può essere vista come corruzione”.

L’episodio è stato affrontato anche durante l’interrogatorio di garanzia del figlio di Spinelli che in proposito ha detto ai magistrati: “Quando Semeraro mi ha detto che non poteva autorizzare il pagamento io ero l’uomo più felice del mondo… Mio padre poi ci dribblava, dava l’ordine diretto, ho fatto legge, non posso chiedere a un fondo di schermarmi”. E sulle vicende portuali è stato ascoltati per 5 ore venerdì Giorgio Carozzi, membro del Comitato Portuale che assegnò la concessione a Spinelli. “Ho votato in scienza e coscienza, nessuno mi ha fatto pressioni”, ha detto ma la testimonianza avrebbe confermato quanto emerge dalle intercettazioni, le “pressioni degli Spinelli” per ottenere la proroga per 30 anni della concessione del Terminal Rinfuse.

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