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Cronache

Recuperato il corpo di Simon, un’inchiesta dovrà accertare come è morto e se è stato fatto tutto per salvare questo ragazzo che amava l’Italia e gli italiani

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Ci sono volute alcune ore per recuperare la salma del giovane turista francese Simon Gautier nel crepaccio dove è caduto ed ha trovato la morte, forse dopo giorni di agonia. Non è stato semplice per gli uomini del soccorso alpino arrivare nel punto in cui era stato avvistato il corpo per poi calarlo giù in mare, dove una motovedetta della Guardia Costiera ha preso in carico il cadavere per trasportarlo sul porto di Policastro e da qui, con un mezzo dei necrofori in obitorio. Sarà eseguita l’autopsia nelle prossime ore.

La procura di Vallo della Lucania ha già aperto un fascicolo di inchiesta contro ignoti e senza ancora precisi titoli di reato per la morte di Simon. Queste operazioni strazianti si sono svolte nella zona del Belvedere di Ciolandrea, nel comune di San Giovanni in Piro, un luogo talmente bello che si fa fatica ad associarlo ad immagini di morte. La famiglia Gautier è distrutta dal dolore. Ci sono degli psicologi messi a disposizione dalla Ambasciata di Francia in Italia per aiutarli a metabolizzare questo dolore immenso. Così come non si danno pace gli amici di questo giovane che amava l’Italia a tal punto da voler girare a piedi per ammirarne le bellezze paesaggistiche e naturalistiche.

C’è una domanda che macera il cuore e la mente non solo dei Gautier ma di tutti noi? Quanto ha sofferto questo ragazzo prima di morire e soprattutto abbiamo fatto davvero tutto per salvarlo? Non c’è nessuna polemica sui soccorsi. Parlare di polemica sui ritardi veri o presunti nei soccorsi significa voler distrarre da una questione seria: Simon Gautier poteva essere salvato? È questa la domanda, non la solita ammuina  sui soccorsi in questi casi. Per rispondere a questa domanda banale ma doverosa dovrebbe esserci una inchiesta della magistratura per accertare se la macchina dei soccorsi è stata allertata in tempo.

Se dopo l’allerta sono state seguite le procedure standardizzate per salvare una persona dispersa, ferita, forse “con fratture ad entrambe le gambe e un dolore da morire” come ha riferito Simon Gautier all’operatore del 118 chiamato col suo smartphone dopo la caduta. Se sono stati impiegati abbastanza uomini e mezzi per localizzare un giovane che pur ferito in maniera grave era riuscito a dare notizie di se al 118 usando un telefono cellulare che è geolocalizzabile anche se spento, almeno nella ultima posizione in cui è stato usato. Se riusciamo con onestà a rispondere a queste domande e se avremo mai la certezza di aver fatto tutto quello che era umanamente possibile e di aver osato anche oltre potremo in futuro dormire tranquilli e sereni, con la coscienza a posto. Se così non fosse ci portiamo sulla coscienza la vita di un giovane di 27 anni, un nostro amico francese, un nostro figlio che ci amava, che era venuto in Italia per amore di questo Paese e della sua gente. Un ragazzo che ci amava al punto di voler approfondire ulteriormente la sua conoscenza del Belpaese girandolo a piedi, in lungo e in largo, per boschi e sentieri.

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Commando armato tra i vicoli dei Quartieri: volevano uccidere

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Armi in pugno, volti coperti, in quattro hanno fatto irruzione nell’androne di Foqus, la Fondazione Quartieri Spagnoli, in via Portacarrese a Montecalvario. Erano circa le mezzanotte di domenica scorsa e i componenti del commando erano convinti che lì dentro si nascondesse l’uomo che stavano inseguendo per uccidere, come vendetta per un precedente agguato, avvenuto due settimane prima in via Nardones. Non trovandolo, sono fuggiti via. Attimi di terrore per il custode, che ha denunciato tutto.

Il contesto: vendetta e criminalità

Secondo le indagini della Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci, quella incursione armata è stata la risposta a un episodio camorristico. Un agguato, avvenuto a tarda notte tra i vicoli del centro, documentato grazie alla testimonianza di uno studente. L’inchiesta è condotta dalla DDA con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Amato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza confermano la dinamica e il livello di pericolosità dei quattro incappucciati, armati di pistole e fucili.

L’emergenza criminale e il caso minorenni

L’attacco a Foqus arriva in un momento già delicato per Napoli, dove si sta alzando l’allarme sulla presenza di armi tra i giovanissimi. Solo pochi giorni fa due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati pugnalati da coetanei nei pressi di piazza Dante, per futili motivi. Ieri, il prefetto Michele di Bari e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu si sono recati nella zona degli accoltellamenti per incontrare commercianti e cittadini e ribadire l’importanza dell’impegno collettivo contro la devianza giovanile.

La missione di Foqus e la voce di Rachele Furfaro

“Domenica notte il nostro portone era aperto”, spiega Rachele Furfaro, fondatrice e presidente di Foqus. “Da quando siamo nati, nel 2013, abbiamo cercato di vivere la realtà dei Quartieri come una grande piazza, aperta alla contaminazione culturale e al contrasto della povertà educativa”. Non a caso, proprio ieri, la struttura ha ospitato un incontro con 750 studenti provenienti da tutta Italia, in collaborazione con la Robert Francis Kennedy Foundation e l’Università Orientale.

Diritti, scuola e coraggio nei Quartieri

“Serve più coraggio anche da parte delle scuole per stare in questi territori e mettere in campo interventi di qualità. Bisogna affermare il diritto alla formazione, alla lettura, al gioco”, insiste la presidente Furfaro. Un messaggio ancora più forte alla luce dell’ennesimo episodio di violenza giovanile che ha scosso Napoli lo scorso week end.

Il lavoro di Foqus non si ferma. La comunità reagisce, nonostante tutto.

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Cronache

Videochiamata al concerto dal carcere, indagato Baby Gang

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La Procura di Catania ha indagato il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo. Agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi.

All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini. Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è in un carcere in Calabria, detenuto dal ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.

“È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

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False fatturazioni e riciclaggio, 29 misure e 40 perquisizioni

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Ventinove misure cautelari e 40 perquisizioni sono in corso di esecuzione in 10 citta tra Emilia Romagna , Campania e Lombardia nei confronti di presunti appartenenti a un’associazione per delinquere operante nel settore edilizio e dedita all’emissione di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Oltre 100 unità composte da operatori della polizia di Stato e da militari della guardia di finanza sono impegnate nell’operazione che si sta svolgendo Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Mantova, Napoli e Caserta. Si tratta del risultato di una complessa indagine – partita dalla segnalazione di movimentazioni di denaro sospette pervenuta alla polizia postale da parte di Poste Italiane – condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’ Emilia-Romagna coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della procura di Bologna.

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