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Gianluca Savoini, l’uomo dei rubli alla Lega: a cena in tutte le occasioni in cui Salvini incontra ufficialmente istituzioni russe

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Gianluca Savoini spunta in foto in Italia e in Russia, negli ultimi anni, nelle vicinanze di Matteo Salvini, anche se quest’ultimo dice che “non era invitato dal Viminale” ne’ a Mosca a ottobre 2018 ne’ a Roma una settimana fa per la visita di Vladimir Putin. Il vicepremier perde la pazienza con i giornalisti che in conferenza stampa lo incalzano sul lobbista. “Che ne so cosa ci facesse al tavolo? – dice Salvini – Chiedetelo a lui”. Il tavolo e’ quello della cena ufficiale del 4 luglio scorso a Villa Madama. Il premier Giuseppe Conte spiega di “non conoscere Savoini”, che “era presente alla cena solo perche’ partecipo’ al forum Italia-Russia del pomeriggio”. Non lo invito’ nemmeno Palazzo Chigi, ma allora chi? Il caso rilanciato dall’audio sul sito di informazione Usa BuzzFeed (dopo l’inchiesta dell’Espresso a febbraio) viaggia tra la procura di Milano, che ha indagato Savoini, e il Parlamento. Il Pd e la sinistra insistono affinche’ il ministro dell’Interno e il governo chiariscano il ruolo di Savoini, che in un hotel di Mosca nell’ottobre scorso – rimarcano- trattava finanziamenti in nero. La deputata dem Lia Quartapelle porta provocatoriamente dei rubli alla sede dell’associazione Lombardia-Russia di Savoini a Milano, nel palazzo che ospita anche gli uffici della Lega. Nicola Zingaretti parla di “tradimento di Ue e Nato”. Matteo Renzi punge Salvini: “Tovarisch, glasnost! (compagno, trasparenza). Fatti un selfie-querela con i tuoi”. Alla richiesta Pd di commissione d’inchiesta sul caso, il M5S risponde di nuovo: che sia su tutti i partiti. Mentre il capo leghista dopo averla definita “ridicola” oggi dice “nulla da nascondere, ne facciamo anche sette-otto”. Ma alle domande dei cronisti “sull’uomo della Lega a Mosca” Salvini sbotta: “Piu’ scrivete queste cose e piu’ mi fate un favore, poi chiedetevi perche’ i giornali vendono sempre meno copie”. Il vicepremier non intende querelare Savoini, bensi’ “chi accosta la Lega a ipotesi di corruzione”. L’avvocato della Lega ipotizza la costituzione di parte civile del partito in un eventuale processo a Milano. Eppure l’imbarazzo nel partito resta. In diversi descrivono Savoini come un millantatore o uno che si e’ fatto prendere la mano senza avere alcun mandato. Su questa linea il deputato Claudio Borghi e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. Anche se nelle foto lo si vede nel 2014 sulla Piazza Rossa con Salvini ed altri, tra cui Claudio D’Amico (ora consigliere del vicepremier per gli affari esteri) e Paolo Grimoldi (deputato e segretario Lega Lombarda). In un’intervista a un sito, International Affairs, Salvini presentava all’epoca Savoini come suo delegato. Grimoldi, altro habitue’ della Russia, non vuole tornare sull’argomento. “Non abbiamo mai preso un rublo”, ripete. Luigi Scordamaglia, ex presidente di Federalimentare, organizzazione interessata alla fine delle sanzioni contro Mosca, era seduto accanto a Savoini al forum Italia-Russia, come da foto dei cartellini degli ospiti. “Mai conosciuto, non ci siamo parlati”, fa sapere Scordamaglia. Altro scatto: Savoini l’8 giugno 2018 – a una settimana dalla nascita del governo gialloverde – accanto a Salvini e all’ambasciatore russo a una festa in ambasciata a Roma. E ancora a Mosca nel luglio 2018 e in altre occasioni. L’audio su BuzzFeed si inserisce in un contesto geopolitico complesso. “Gli Stati Uniti sono preoccupati dei rapporti che l’Italia ha con la Russia”, dice l’ex premier Paolo Gentiloni. Sul sito Sputnik Italia, considerato vicino al Cremlino, si ipotizza che dagli Usa sia arrivato con l’audio un avvertimento al leader della Lega per le sue posizioni troppo filo-russe. Un esperto italiano di Russia azzarda invece che la trappola del Metropol sia un “kompromat”, “materiale compromettente” tirato fuori al momento giusto perche’ Salvini si sarebbe troppo spostato verso Donald Trump. Un avvertimento russo, insomma. “L’inchiesta di BuzzFeed non prova nulla”, taglia corto il portavoce del Cremlino.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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