Collegati con noi

Esteri

Biden scende in campo contro Trump e vola nei sondaggi

Pubblicato

del

“Nel 2020 e’ in gioco l’anima dell’America. Non potevo rimanere a guardare”. Alla fine Joe Biden, dopo mesi e mesi di indecisione, rompe gli indugi e si candida per la Casa Bianca, lanciando subito il guanto di sfida a Donald Trump. “Se gli concederemo otto anni cambiera’ per sempre e in maniera irreparabile il carattere del nostro Paese”, attacca in un video di tre minuti e mezzo dove sceglie di mettere al centro quella che considera una delle minacce piu’ grandi: il ritorno dei suprematisti bianchi a cui Trump sembra strizzare l’occhio, stravolgendo i valori fondanti di un’intera nazione. Il presidente ha reagito a modo suo, e per tutta risposta ha dato a Biden dell’addormentato: “Benvenuto Sleepy Joe”, ha scritto irriverente su Twitter, ironizzando anche sull’affollatissima schiera di candidati democratici scesi in campo. In tutto ora sono 20, anche se Biden entra in scena nettamente da favorito, con i sondaggi che lo danno ampiamente in vantaggio sia su Trump sia su tutti gli altri avversari delle primarie democratiche. La corsa per le presidenziali americane del novembre del 2020 entra dunque nel vivo. Tutti gli attori principali sono ormai venuti allo scoperto e si comincia a fare sul serio. Mancava solo l’ex vicepresidente, braccio destro ed amico di Barack Obama, che con i suoi 76 anni rischia di diventare il Commander in chief piu’ anziano della storia Usa. Il giorno del suo eventuale insediamento alla Casa Bianca, l’Inauguration Day del gennaio 2021, avra’ 78 anni. Ma i media americani ricordano come nella storia ci siano precedenti anche molto illustri, dal primo ministro francese Georges Clemenceau durante la prima guerra mondiale al premier britannico Winston Churchill negli anni ’50.

Non e’ solo il fattore eta’ che Biden dovra’ combattere durante la lunga campagna elettorale. C’e’ da contrastare l’idea che di lui ha la parte in ascesa del partito democratico, quella dell’ala piu’ liberal e progressista che ha trionfato nelle elezioni di meta’ mandato del novembre scorso e che considera Biden troppo moderato e inadatto ad intercettare le istanze delle nuove generazioni. L’ex vicepresidente confida pero’ sull’enorme esperienza accumulata da senatore e in otto anni alla Casa Bianca con l’amico Obama. Quest’ultimo ha rivelato quanto apprezzi la discesa in campo di quello che una volta ha chiamato “un fratello”, pur senza esprimere alcun endorsement, tenendo verso i candidati dem la stessa linea che tenne nel 2016. Ma Biden spera nella spinta che puo’ arrivare dalla vicinanza con l’ex presidente. Una spinta necessaria per ritrovare quel consenso che porto’ i democratici al trionfo nel 2008 e nel 2012 e per intercettare anche i tanti elettori delusi da Trump, convincendoli che la tesi del tycoon di una deriva socialista del partito democratico e’ falsa. Certo, Biden dovra’ stare attento anche ad alcuni tratti del suo carattere che piu’ volte in passato lo hanno penalizzato, come la mancanza di una rigida disciplina, necessaria per affrontare una campagna elettorale del genere, e la propensione alle gaffe, sulle quali sara’ piu’ facile scivolare nel momento in cui il gioco si fara’ duro e in cui gli avversari faranno di tutto per svelare gli scheletri nell’armadio del vecchio Joe. Ma dopo l’annuncio Biden e’ apparso tranquillo. Ufficializzando la candidatura si e’ tolto un peso e si e’ mostrato rilassato a passeggio in maniche di camicia nella sua Wilmington, in Delaware. Per lanciare i contenuti della sua agenda elettorale c’e’ tempo fino a lunedi’, quando terra’ il primo comizio a Pittsburgh prima di intraprendere un tour in tutti gli Stati piu’ difficili delle primarie, dall’Iowa al New Hampshire. La parola d’ordine sara’ una sola: “Battere Trump e tornare alla normalita’ unificando l’America”.

Advertisement

Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

Pubblicato

del

È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

Continua a leggere

Esteri

Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

Pubblicato

del

E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

Continua a leggere

Esteri

Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

Pubblicato

del

La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto