Collegati con noi

Cronache

Truffa da 2 milioni euro indebitamente percepiti dall’Inps, tra i 5 arrestati anche un agente della polizia penitenziaria

Pubblicato

del

Associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate ai danni dell’Inps e dell’Agenzia delle Entrate. Con questa accusa, stamani, sono state arrestati E.M., presidente nazionale di Federaziende, G.C., presidente nazionale dell’ente bilaterale E.Bi.N., P.M., agente della Polizia Penitenziaria e gestore, di fatto, di Federaziende regionale Campania, G.S., consulente del lavoro e responsabile di zona di Federaziende Pagani e A.M., consulente del lavoro e responsabile di zona Federaziende Moiano. Tutti sono residenti nelle province di Salerno, Benevento, Napoli e Lecce ed hanno ottenuto dal gip il beneficio dei domiciliari. C’e’ un sesto destinatario di misure cautelari al momento irreperibile, e, in totale, sono 90 gli indagati. L’inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Nocera Inferiore e delegata ai carabinieri del Reparto Territoriale nocerino, è stata avviata durante lo scorso anno. Il gruppo avrebbe messo in piedi “un sodalizio criminale” composto da consulenti del lavoro, imprenditori e faccendieri che, attraverso compensazioni fasulle derivanti da importi oggetto di conguaglio relativi ad arretrati per assegni al nucleo familiare, malattia, maternità e bonus Irpef degli 80 euro, sarebbero riusciti a ottenere erogazioni previdenziali da parte dell’Inps e crediti di imposta dall’Agenzia delle Entrate ricevendo indennita’ calcolate in oltre 2 milioni di euro. Sin da subito, nel mirino del pm titolare del fascicolo di indagine, Roberto Lenza, sono finiti gli studi di consulenza del lavoro di G.S. di Sant’Egidio del Monte Albino, nel Salernitano, e del collega A.M. di Moiano, nel Sannio. Quegli studi, stando alle rilevanze investigative, erano quelli che presentavano più anomalie in relazione al pagamento di arretrati per i benefici fiscali previsti dalle normative.

Dagli accertamenti eseguiti a carico dei consulenti del lavoro, e’ emerso che i professionisti, in quanto responsabili di zona di Federaziende di Pagani e di Moiano, facevano aderire le ditte che gestivano a Federaziende e all’Ente Bilaterale E.Bi.N.. Quindi, i consulenti e i legali rappresentanti di 84 ditte, anche loro indagati, dichiarando di aver anticipato, in maniera fittizia, ai propri dipendenti, 2 milioni 107mila 394,10 euro per assegni al nucleo familiare, malattia, maternita’, bonus 80 euro, e avendo indicato gli importi nelle denunce mensili all’Inps e sugli F24, creavano un credito inesistente da vantare nei confronti dell’Erario. Gli oltre 2 milioni di euro percepiti, dalle verifiche effettuate, sarebbero stati utilizzati per il pagamento dei contributi ai lavoratori e per estinguere altri debiti tributari per 683mila 228,31 euro; 1milione 424mila 165,79 euro, invece, e’ stato devoluto a favore di Federaziende e all’ente bilaterale E.Bi.N. Come sottolineato dal procuratore capo di Nocera Inferiore, Antonio Centore, durante una conferenza stampa convocata questa mattina per illustrare i dettagli dell’operazione, “gli indagati avevano individuato una falla all’interno del sistema di controllo dell’Inps e del Sispi, la Societa’ Italiana di Servizi per la Previdenza Integrativa, una partecipata Inps”. Le societa’ che aderivano a Federaziende e alla E.Bi.N. avevano la possibilita’ di ottenere, per i lavoratori subordinati, corsi di aggiornamento e di formazione relativi alla sicurezza sul lavoro. Tuttavia, sarebbe emerso che le somme destinate a queste finalita’ non sarebbero mai state investite per questi scopi. I militari dell’Arma, in fase di esecuzione dell’ordinanza del gip, hanno sequestrato, in via preventiva e per equivalente, somme di denaro, quote societarie e beni immobili a 90 indagati, riuscendo ad eguagliare l’ammontare delle somme percepite ma ritenute non dovute.

Advertisement

Cronache

Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

Pubblicato

del

Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

Continua a leggere

Cronache

Malore in caserma, muore vigile del fuoco

Pubblicato

del

Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

Continua a leggere

Cronache

Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

Pubblicato

del

Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto