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Coppa Italia, sei gol e bel gioco: tra Fiorentina e Atalanta è pari-show

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Fuochi d’artificio al Franchi tra Fiorentina e Atalanta: la semifinale d’andata di Coppa Italia e’ terminata 3-3, un risultato che in vista del ritorno favorisce la squadra di Gasperini capace di passare per tre volte in vantaggio, con Gomez e Pasalic nel primo tempo e con De Roon nella ripresa, ma per tre volte rimontata dalla tenace formazione di Pioli a segno con capitan Chiesa, alla centesima presenza in viola, e con Benassi e al 34′ del secondo tempo con Muriel. Il Franchi si e’ tinto di viola, una coreografia da brividi in curva Fiesole dedicata ad Astori e migliaia di bandierine col suo nome e il numero 13 in ogni settore dello stadio. Una semifinale contrassegnata dalla sostituzione dell’arbitro romano Doveri (bloccato da un problema fisico secondo quanto trapelato) con Giacomelli di Trieste inizialmente preposto alla Var. Pioli si e’ presentato con una novita’ rispetto ai segnali della vigilia: Dabo al posto inizialmente di Edimilson Fernandes, un giocatore piu’ fisico per cercare di controllare Gomez e Ilicic. In attacco accanto a Chiesa e’ tornato Muriel dopo l’eslusione iniziale con l’Inter, mentre Simeone ha cominciato in panchina. Gasperini senza gli squalificati Djimsiti e Freuler si e’ affidato a Pasalic e ha ritrovato il suo capitano. Proprio Papu Gomez ha colpito dopo appena 16 minuti al termine di un’azione in contropiede avviata dall’ex Ilicic: destro incrociato e palla in rete.

Atalanta decisamente piu’ incisiva e pimpante grazie anche alle 36 ore in piu’ di recupero (su cui ha a lungo polemizzato nei giorni scorsi Pioli) avendo giocato in campionato con il Torino sabato alle 15 rispetto alla Fiorentina, scesa in campo domenica nella sfida durata oltre 100 minuti con l’Inter. Non ha sorpreso dunque il raddoppio dei bergamaschi arrivato con Pasalic, complice l’ennesimo svarione di Vitor Hugo & c. Una mazzata che avrebbe stordito chiunque, non la squadra di Pioli che ha molti limiti ma un carattere d’acciaio. E cosi’ in una manciata di minuti e’ riuscita a rimontare prima con Chiesa abile a rubar palla a Palomino e a partire velocissimo trafiggendo Berisha, poi con una bella girata di Benassi su assist di Muriel. Gara bella, palpitante, giocata ad altissimi ritmi, con il risultato sempre in bilico. Gara che nella ripresa, dopo un colpo di testa di Vitor Hugo fuori di poco, ha visto passare di nuovo l’Atalanta (con un tiro potente di De Roon) brava a riprendersi dopo un momento di sbandamento e a sfruttare l’ennesima svagatezza difensiva degli avversari. Sembrava il colpo del ko, non e’ stato cosi’, la squadra viola trascinata da Chiesa ha avuto la forza di rimontare di nuovo, stavolta con Muriel innescato dal giovane capitano. Lo stesso colombiano ha lambito il palo poco dopo e a conferma di una battaglia infinita Palomino ha salvato sul neo entrato Simeone mentre in pieno recupero Hateboer ha colpito la traversa di testa. La Fiorentina in questo 2019 si mantiene imbattuta ma per conquistare la finale fra due mesi dovra’ vincere a Bergamo o pareggiare con almeno 4 gol. L’Atalanta sfiora l’impresa dopo due ko di fila e comunque ha mezzo passo in finale. E domenica le due squadre si sfideranno di nuovo in campionato.

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Meret vuole restare al Napoli: il portiere pensa solo allo scudetto, rinnovo vicino

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Alex Meret ha una priorità: lo scudetto. Il portiere azzurro, protagonista silenzioso e decisivo della stagione del Napoli, ha chiesto al suo agente Federico Pastorello di mettere in stand-by ogni discorso sul contratto fino al termine della gara contro il Cagliari. Un atto di dedizione totale che fotografa bene lo stile di un ragazzo che ha sempre preferito i fatti alle parole.

Un futuro azzurro mai messo in discussione

Nonostante le sirene di mercato e una trattativa per il rinnovo che dura da dieci mesi, Meret non ha mai pensato di andar via. Né di farlo a parametro zero, anche se i presupposti tecnici ed economici per farlo ci sarebbero. Il Napoli vuole tenerlo, il direttore sportivo Giovanni Manna ha ritoccato più volte l’offerta, c’è l’intesa su tutto: durata (fino al 2027 con opzione per un altro anno), ingaggio (3 milioni annui). Resta solo un dettaglio da limare: un piccolo bonus alla firma, che De Laurentiis per ora ha bloccato.

Un pilastro della squadra di Conte

Antonio Conte vuole la sua conferma. Meret è il numero uno del Napoli e lo resterà, anche se con il ritorno in Champions League ci sarà più turnover tra i pali. Per questo Caprile e Scuffet sono pronti, ma resteranno nell’ombra. In alternativa si valuta anche il nome di Milinkovic-Savic del Torino, ma solo in caso di rottura clamorosa che oggi appare improbabile.

Record, rigori parati e fedeltà

Meret ha già collezionato 15 clean sheet in campionato: uno solo in meno rispetto al suo record personale (16 nella stagione dello scudetto). In più, si è rivelato anche pararigori: ha ipnotizzato Calhanoglu, Thauvin e Gimenez, con solo Bonny capace di superarlo dal dischetto. I numeri parlano per lui. E il suo attaccamento al club è evidente: vive a Lucrino, non ha mai nascosto il desiderio di rimanere.

Una maratona contrattuale vicina all’arrivo

Pastorello e Manna si sono visti più volte, penna in mano, pronti a firmare. Poi rinvii, rallentamenti, dettagli. Una trattativa che ricorda l’estate pre-scudetto, quando Meret sembrava destinato a lasciare il Napoli per fare spazio a Navas, ma alla fine rimase e divenne protagonista assoluto.

Oggi, come allora, la volontà di restare c’è, forte e chiara. E salvo sorprese, sarà ancora il portiere del Napoli.

 

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Conte tiene i nervi saldi: niente feste, concentrazione massima, fiato sospeso per Lobotka

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Il Napoli di Antonio Conte è a un passo dal sogno, ma il tecnico salentino non vuole sentire parlare di scudetto. L’atmosfera nel quartier generale azzurro è stranamente silenziosa. Nessuna festa anticipata, nessuna bandiera al vento: solo lavoro, concentrazione e la solita routine. Conte, che vive nel cuore di Napoli per percepire l’umore della città, si tiene lontano da proclami e illusioni.

L’attesa per Lobotka e il piano Gilmour

Quando dalla clinica arriva la notizia che Lobotka ha solo una distorsione, il tecnico tira un sospiro di sollievo. C’è speranza che possa essere disponibile già per il match contro il Genoa. Nel frattempo, parte il “piano Gilmour”, con lo scozzese pronto a prendersi le chiavi del centrocampo da unico play.

La prudenza come stile di vita

Conte sa cosa vuol dire perdere tutto all’ultimo istante. Ricorda bene quella pioggia di Perugia nel 2000 e da allora le cicatrici delle sconfitte pesano più delle vittorie. Per questo evita ogni parola fuori posto. Niente slogan, niente euforia: solo attenzione ai dettagli. Non è scaramanzia, ma un realismo feroce.

Verso il Genoa senza mai nominare lo scudetto

In campo si lavora sul 4-4-2, con Olivera ancora centrale e la conferma di Raspadori. I 52mila del Maradona sono pronti: biglietti introvabili, clima elettrico, ma Conte è l’ultimo a uscire dal centro tecnico e anche stavolta, con i tifosi accalcati alle transenne, non pronuncia mai la parola scudetto.

Una stagione da sogno, ma vietato distrarsi

«Ricordiamo da dove siamo partiti», ha detto il tecnico, facendo riferimento alla vittoria ai rigori in Coppa Italia contro il Modena. Il cammino è stato lungo e faticoso. I premi? Se ne parlerà a fine stagione. Ora la squadra ha un solo obiettivo: battere il Genoa e vedere cosa fa l’Inter contro il Torino. Il resto, per ora, è solo rumore.

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Inzaghi nella storia: orgoglioso di una super Inter

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Simone Inzaghi scrive un’altra pagina della storia interista: la vittoria contro il Barcellona vale infatti la seconda finale di Champions League da allenatore nerazzurro, come solo Helenio Herrera nella storia del club. Un risultato storico, che il tecnico sottolinea con orgoglio: “Innanzitutto voglio fare i complimenti al Barcellona, abbiamo incontrato una squadra veramente forte. Ci è voluta una super Inter – le sue parole intervistato da Sky Sport -. Poi un plauso a questi ragazzi, hanno messo in campo due prestazioni mostruose altrimenti non si poteva raggiungere la finale. Sono orgoglioso, sono contento di essere il loro allenatore. È giusto che i ragazzi se lo godano davanti a questi tifosi”. Una prestazione da grande squadra, soprattutto nei supplementari, quando l’Inter ha trovato ancora le forze per tornare avanti.

“Ho detto che i cambi ci avrebbero aiutato, di crederci e di limitare una squadra non semplice da limitare. Lautaro, Dumfries, Frattesi non ha fatto la rifinitura, col cuore abbiamo superato l’ostacolo. Abbiamo cercato di giocarcela con le nostre armi e qualità. Dopo il 3-3 dell’andata avevamo chiaro cosa fare in campo, la squadra non è mai stata presuntuosa, la finale è meritata”, ha concluso. Una gara in cui decisivo è stato anche Yann Sommer, premiato come MVP della sfida. “Sono molto felice, la squadra ha fatto una roba incredibile. La parata su Yamal è stata speciale, lui è fortissimo e sono felice che non sia entrata. Questa roba che abbiamo fatto, con Acerbi che va a fare la punta…oggi tante squadre si sarebbero arrese dopo il 3-2. Noi abbiamo creduto fino alla fine, è tutto incredibile”.

E ancora di più lo è per Davide Frattesi, già decisivo nell’andata dei quarti contro il Bayern Monaco. “Vedevo tutto nero, sono stato fortunato a finire la partita. Mi sono stirato all’addome e abbiamo fatto un lavoro incredibile per esserci stasera. È incredibile essere in finale di Champions, non so che dire”.

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