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Sperperi nella sanità campana, comprata una casa di cura e poi abbandonata ai vandali: la denuncia del M5S

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“L’ex Casa di Cura Parco degli Ulivi di Moschiano è l’ennesimo monumento alla sciatteria e alla schizofrenia organizzativa in tema di sanità regionale. Acquistata dalla Asl di Avellino per farne sede del locale distretto sanitario e oggetto di un finanziamento di oltre due milioni da destinare alla rifunzionalizzazione del centro, da 15 anni quest’edificio versa in condizioni di degrado e abbandono. Parliamo di una struttura 3mila metri quadrati per 4 piani, oltre a un giardino di 10mila metri quadri, nella quale non è mai stato avviato alcun intervento di manutenzione, sebbene siano stati spesi, inutilmente, 50mila euro per pagare il progettista e 7mila per il Rup. Questa mattina, come presidente della Commissione Speciale Trasparenza, ho effettuato un sopralluogo con il responsabile dell’ufficio tecnico dell’Asl e il sindaco di Moschiano. La situazione che abbiamo trovato è molto più grave di quella che ci avevano descritto. Lo stabile è stato più volte oggetto di raid di vandali che hanno portato via suppellettili, cavi d’acciaio delle ascensori e addirittura i gradoni in marmo delle scale, mentre nei giardini pascolano cavalli e mucche. Nel seminterrato sono abbandonate addirittura attrezzature sanitarie pericolose, come tac e acceleratori lineari, per possibili emissioni di radiazioni”. Così la consigliera regionale M5S e presidente della Commissione Speciale Trasparenza Valeria Ciarambino.

 

“Dal referente dell’Asl abbiamo appreso, con stupore, che neppure l’ultimo piano ospedaliero regionale di recente approvazione prevede alcun intervento per il Parco degli Ulivi. Mentre lo stesso decreto commissariale destina 5 milioni a ospedali privati, si lascia al totale abbandono una struttura che rappresenterebbe un riferimento importante per le tantissime comunità del posto, costrette a vivere già in un territorio a rischio frane e alle prese con una viabilità difficile, tenuto conto che l’ospedale più vicino, il Moscati di Avellino, dista a non meno di 40 chilometri. Nei prossimi giorni chiederemo formalmente di acquisire i documenti di spesa della struttura, anche per capire se ci sussistono presupposti per un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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